L'Amletico

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Favolacce: L’Estate Crudele Dei Fratelli D’Innocenzo

L’estate è la stagione più crudele. La dittatura della luce estiva travolge ogni ombra: ciò che era velato si palesa con violenza inaudita. Nel torpore della calura, gli umori s’infiammano e tutte le pieghe della vita avvampano. Il canto serale dei grilli è profezia dell’inverno che verrà, triste lamento della natura all’avvicendarsi della sua nuova morte: «bisogna morire». In una campagna romana soffocata dalla canicola, sospesa dal tempo e dallo spazio, i fratelli D’Innocenzo dipingono le loro Favolacce.

In questo sobborgo fuori dalla storia, il racconto corale ritrae la vita stanca e asfittica di diverse famiglie; di genitori frustrati, collerici e infelici, prigionieri del proprio ruolo familiare sbilenco e inadeguato; di bambini e bambine non ancora adolescenti che, traviati da pessimi modelli e indotti a replicarli supinamente, mantengono nonostante tutto la loro critica innocenza, fino alla vera e propria rivolta nei confronti della miseria di un mondo che appare sordo alla loro voce.

Favolacce è l’infedele resoconto del diario di una delle bambine, scritto in inchiostro verde, che un’anonima voce narrante dice d’aver ritrovato in mezzo ad altre carte. Si ritrovano nella pellicola lampi di crudo realismo, primissimi piani su volti abbrutiti dalla vita fino al grottesco - già presenti nell’opera prima dei fratelli D’Innocenzo (“La terra dell’abbastanza”) - all’interno però di un tessuto estetico nuovo. Rispetto al primo film dei D’Innocenzo, nuova è anche la realtà sociale che esso racconta, pur restando la descrizione di un degrado morale pericolosamente dannoso soprattutto per chi è ancora poco avvezzo alla vita.

Il ritmo sincopato e lacunoso, l’andamento più musicale che narrativo degli eventi, la regia eterea e trasfigurante fanno di Favolacce un’opera luminosa e oscura insieme, crudele come ogni favola degna di questo nome. Il verdeacqua stagnante di una piscina abbandonata, il grigiore tetro dei nuvoloni estivi, il pallore lentigginoso di una fanciulla dai capelli rossi e il marroncino brodoso del mare laziale sono alcune delle tinte della favola dei fratelli D’Innocenzo, di questa tragedia estiva inevitabilmente crudele e straordinariamente ammaliante.