Chiara Muscas e le opere senza occhi, che nessuno può leggere
Non si lascia intervistare facilmente l’illustratrice Chiara Muscas. “Sapere di essere registrata mi inibisce parecchio”, mi scrive, “e potrei non essere in grado di esprimermi come desidererei”. La sua persona è sfuggente come le sue opere, per questo è bello scoprirle e trovare i significati nascosti.
La tue pagine Facebook e Instagram si chiamano “Ciemme”. Da dove viene questo nome?
Ciemme è l'acronimo per esteso del mio nome: Chiara Muscas, e quindi CM. È nato tutto quando ancora firmavo i miei lavori con le iniziali, ho pensato suonasse bene e ho deciso di tenerlo. Quando poi ho trovato uno pseudonimo più accattivante (LaMù, come Lamù, personaggio manga che viene dallo spazio) ormai era già tardi e così, ora, mi è rimasto Ciemme.
Nelle tue illustrazioni le persone non hanno gli occhi. Ricordano i dipinti di Modigliani, ma anche quelli di Schiele per le forme dei corpi. Chi ha influito di più su di te?
Sicuramente più il secondo, che rientra nella mia top ten di artisti preferiti. La storia dell'arte mi ha sempre affascinato, se dovessi scegliere una corrente artistica sceglierei sicuramente l'impressionismo, e quindi: Claude Monet, Edouard Manet e Edgard Degas.
Ma in realtà la mia è proprio una scelta stilistica, gli occhi si dice siano lo specchio dell'anima. Cosa succede quando non si vuole essere scoperti o letti nel profondo? Si tende a deviare lo sguardo dell'interlocutore. Tendiamo a chiuderli. Ecco che, in un certo modo, i miei personaggi non vogliono essere letti da nessuno.
Nel tuo lavoro Forest una donna ha come capelli dei rami con delle foglie. Osservi molto la natura per le tue opere?
La natura, per natura, affascina da sempre l'uomo. Sono nata e cresciuta in un paese del centro Sardegna di 2.000 abitanti, dove il massimo del divertimento consisteva nel raccogliere quanti più fiori diversi fosse possibile per creare quelli che chiamavamo i profumi.
Le scampagnate in bicicletta e le escursioni alla Lara Croft hanno caratterizzato la mia adolescenza.
Adoro la natura, disegnarla mi fa sentire in pace con me stessa.
L’illustrazione Loneliness, dove un anziano ha dietro di sé proiettate le ombre dei suoi cari, è molto attuale. L’emergenza ha aumentato la solitudine di alcune persone. Quale messaggio vuoi veicolare con quella immagine?
Ho lavorato in una casa di riposo qualche anno fa, in un ambiente davvero accogliente e, nonostante ci impegnassimo tantissimo affinché gli ospiti si sentissero a loro agio, continuavo a leggere nei loro occhi la tristezza della solitudine legata indubbiamente al non poter stare a casa con i propri cari.
Da buona italiana sono molto legata al concetto di famiglia, la mia testa non riesce nemmeno a immaginarselo un mondo in cui questa non sia presente.
Ho provato a raccontare questo senso di solitudine con Loneliness.
Ha funzionato?
Un altro lavoro che colpisce sfogliando il tuo portfolio è Joker. Ciabatte adidas ai piedi, pantaloncini e naso rosso in mano. Il tuo joker è molto umano. Significa che può essere chiunque di noi?
Perchè no? Siamo tutti dei piccoli Joker.
Ok, potrei iniziare a parlarti di Weber e del suo concetto di conflitto di ruolo; del fatto che spesso ci si senta inadeguati e del come ci capiti di entrare in conflitto con le aspettative che la società riversa su di noi.
Ma no, il mio Joker racconta di un portrait di una persona a me carissima, durante un festival musicale diffuso chiamato Here I Stay, in una affascinante terra dei laghi chiamata Nurri.
Tanti ritratti di donne tra le tue illustrazioni. Quello di Elizabeth Taylor è davvero affascinante. C’è qualche figura femminile in particolare che hai come guida?
Mi piacciono tutte quelle donne che si distaccano dai modelli prefissati, lontane dalle tipiche ragazze sofisticate.
Come racconto in un post su Marla Singer (Musa indiscussa), delle donne ammiro la sfrontatezza, l'odio irrazionale, la sensualità e la disarmonia autodistruttiva. Anna Magnani, Isabella Rossellini, Anna Mazzamauro, Eva Green, Tilda Swinton, sono tutte donne con una bellezza singolare, ti innamori del loro cervello prima ancora che del loro corpo.
Spesso abbini alle tue illustrazioni delle poesie. Com’è nata questa idea?
Nel 2019 ho partecipato a un challenge chiamato ''InkOktober''. Un ”gioco” dove per un mese intero (ottobre) i partecipanti disegnano. Il nome stesso rimanda all’inchiostro.
Vuoi per la mancanza di tempo, che per la mia presunta incapacità di illustrare tramite l'inchiostro, ho deciso di partecipare lo stesso... ma a modo mio, e quindi tramite il digitale. Per colmare questa lacuna ho deciso di avvalorare le mie illustrazioni con piccole frasi sintetiche ma incisive. Ho chiesto una mano a una mia amica, molto brava a scrivere. Ci siamo tenute compagnia per tutto il mese. Un lavoro portato avanti alla cieca: avevo una lista di parole, ognuna per ogni giorno del mese, così una volta pronte, senza confrontarci, ci mandavamo quello che avevamo buttato giù.
Il che ha funzionato quasi sempre.
Ora, per l’emergenza, hai lavorato alla storia “L’Armonia del Bosco”. Secondo te, soffrono molto i bambini a stare chiusi? L’arte li può aiutare?
Prima ancora di essere un illustratrice sono una Pedagogista Clinica. Con una mia amica (Psicologa dell'Età Evolutiva) ci siamo soffermate a riflettere e ci siamo rese conto di quanto problematico per molti genitori potesse essere questo periodo: avere i bambini h24 a casa senza sapere come impegnare il loro tempo.
Il progetto è nato con l’intenzione di raccontare, a misura di bambino, l’emergenza coronavirus e, in particolare, la necessità di rimanere in casa come atto di responsabilità sociale. La fantasia ha sempre aiutato i bambini ad allontanare e ad attenuare la paura. I bambini cosi piccoli, si sa, tendono ad esprimersi tramite i colori. Così abbiamo elaborato un modo per fare si che i bambini si affezionassero ai personaggi tramite i disegni, entrando maggiormente a contatto con la storia. E che dire? Sta funzionando.
Stai realizzando anche dei progetti animati. In esclusiva ho visto un pezzo di video: una donna entra in un luogo incontaminato – quasi religioso, celtico - si spoglia e sparisce in quella che sembra un’altra dimensione. Ci puoi dire qualcosa di più?
Prima dell'avvento di questo virus e dell'inizio della quarantena stavo seguendo un corso intensivo di alta formazione su piattaforma Toon Boom, finanziato dalla regione Sardegna. C’è stato richiesto di elaborare a gruppi, un corto di animazione della durata di 30 secondi. Il tema di partenza era Santa Cristina, un santuario nuragico, un luogo mistico di rara bellezza che si trova nel mio comune di appartenenza: Paulilatino. È stata una delle cose più complesse e avvincenti che abbia mai fatto. La Sardegna per me è più questo che Costa Smeralda, perciò se vi capita di passare le vostre vacanze nell'isola vi consiglio caldamente di farci un salto.