"Detroit": L'altra faccia dell'America
Anno: 2017
Durata: 143m
Genere: Drammatico, Storico
Uno dei film più attesi di questa dodicesima edizione della ‘Festa del Cinema di Roma’ è sicuramente “Detroit” di Kathryn Bigelow. Alla sua terza collaborazione con il giornalista e sceneggiatore Mark Boal, la regista americana porta l’attenzione sui giorni della rivolta di Detroit del 1967, distinta da diversi scontri violenti tra la polizia e i cittadini afroamericani. Questo evento traumatizzò la città e l’intero paese, alimentando disordini senza precedenti; per le strade si consumò un cruento massacro da parte della polizia verso la popolazione afroamericana, che portò 43 decessi e più di 7200 arresti.
Dalla Guerra in Iraq, Kathryn Bigelow sceglie di raccontare sempre un conflitto, questa volta interno al suolo americano; la città di Detroit, con i suoi negozi e le sue case, si trasforma in un campo di battaglia, dove la quotidianità si dissolve e irrompe uno scenario da vera guerra civile. Il film racconta con gli occhi del passato, con sguardo crudo e senza allusioni una storia che tuttora lascia echi. La realtà di quei giorni è posta davanti a noi, esaminando sia la coscienza comune, che quella personale. Infatti, abilmente, la Bigelow cerca di darci un quadro complessivo e accurato della storia, rappresentando le varie sfaccettature, la diversificazione dei vari personaggi che hanno vissuto quegli eventi e il risvolto che hanno avuto nelle loro vite.
La struttura narrativa è costruita sul docu-drama, foto e video di archivio si amalgamano con scene di fiction ricostruite perfettamente, restituendo la stessa atmosfera minacciosa e lancinante che caratterizzò quei giorni. La tensione rimane elevata e accresce per tutta la durata del film, mantenuta da un abile montaggio frenetico, curato da William Goldenberg. La macchina da presa, ferma imperterrita sui protagonisti, non distoglie mai lo sguardo su tutta la violenza che incombe, ci catapulta letteralmente nella vicenda, riuscendo a farci vivere in prima persona quei brutali momenti, coinvolgendo i nostri sensi e il nostro corpo.
La storia segue il punto di vista dei vari protagonisti, che andranno sempre più a erompere fino all’evento della notte del 25 luglio 1967, dove la polizia locale e l’esercito irruppero all’Algiers Motel. Il singolo essere umano, con i suoi pensieri interni, i suoi turbamenti, è posto di simile importanza al pensiero che smuove l’intera popolazione.
Tutti gli attori riescono a entrare in simbiosi con il loro personaggio. Una nota di merito va di certo a Will Poulter, che interpreta Philip Krauss, un giovane poliziotto locale i cui metodi rigorosi e il suo razzismo lo tramuteranno in un delirante carnefice. E a Algee Smith, nei panni di Larry Reed, giovane afroamericano che insegue il suo ‘American Dream’; avere un contratto discografico con il suo gruppo "The Dramatics”; si troverà invece a fare i conti con la storia, affrontando una realtà così corrotta e immorale da disilluderlo, sviluppando così un forte senso di giustizia.
Un’operazione ben riuscita, quella della regista americana, che similmente al film del 2012 di Daniele Vicari - “Diaz – Don’t Clean Up This Blood”, da cui le similitudini vengono spontanee, smuove la coscienza e la sensibilità dello spettatore, facendo luce su un evento storico rimasto in ombra nella storia americana e mondiale, rilevandone la sua attualità e brutalità.
Gradimento Amletico*: 8/10
Paese: USA
Produzione: Annapurna Pictures, First Light Productions
*Media tra gradimento del pubblico, critica e autore