Il capitale di Karl Marx al Teatro Argentina: il lavoro dello spettacolo, ma non uno spettacolo di lavoro
Durata: 1'35''
Regia: Marco Lucchesi
La metà dei lavoratori del mondo teatrale (il 51,4%) ha un'entrata annua che non supera i 5.000 euro, il 37,5% si colloca tra i 5 e i 15mila, mentre solo un 4,2% può contare su di un'entrata oltre i 25mila. Dunque un artista su due guadagna meno di 5000 euro l'anno, motivo per cui molti di loro sono costretti ad un doppio lavoro, in guisa da far quadrare i conti e proseguire nel coltivare ognuno il proprio talento.
Se i guadagni – esclusi gli introiti derivanti da rapporti non regolarizzati – sono mediamente miseri, non migliora la situazione osservando i contratti che legano datori di lavoro e attori: uno su dieci è pagato a voucher e solo il 4% di loro ha un contratto a tempo indeterminato.
La situazione che emerge dall’ultimo rapporto realizzato da Slc Cgil in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio racconta di un lavoro che molto spesso si tinge di nero, dove i ricavi sono esigui e le occasioni incerte. La rappresentazione ideata dal regista Marco Lucchesi prende le mosse dalle suddette considerazioni per descrivere non solo la precarietà di chi vive di teatro, ma anche per riflettere sul mondo del lavoro in generale e sulla persistente disparità tra la massa indigente ed una sparuta minoranza benestante. Ecco allora che sul proscenio non c’è spazio per abiti sfarzosi ed eleganti, solo tute blu (indossate dai coristi del Conservatorio di musica “S. Cecilia”) e vestiti neri privi di tasche (utilizzati dagli allievi della Scuola di Specializzazione del Teatro di Roma) si contendono la scena: simbolo i primi dell’estenuante lavoro operaio ed i secondi del lavoro sommerso, oscuro, che non consente di mettere da parte nulla per il futuro.
Dialoghi, monologhi, concerti estemporanei e lamenti solenni invadono una scena frammentata su più livelli, in cui ogni gradino della scalinata rappresenta una precisa posizione della stratificazione sociale nonché palcoscenico da cui far sentire le proprie ragioni. Nel continuo sali e scendi degli attori-lavoratori sfuma tuttavia il collegamento tra le ventiquattro scene che si vogliono rappresentare, divenendo così lo spettacolo più una collezione di interessanti e simboliche azioni performative che non una lineare narrazione teatrale di quanto racchiuso nelle pagine de Il capitale.
Proiettate sullo sfondo, le parole della “bibbia marxiana” piovono idealmente sul palco lungo la figurativa scala economica e sociale, risuonando con soave virulenza nell’interpretazione degli attori. Tra la Canzone di giacca napoletana, Bob Dylan e Luis Bacalov, resta una messinscena convulsa che si chiude con un soffio nel vento (Blowin' in the Wind), ricordando come il lavoro non è solo fonte di guadagno, ma anche funzione sociale che molce l’animo dagli affanni oppresso.
Progetto drammaturgico, scena e regia: Marco Lucchesi
Con le attrici e gli attori della Scuola di Teatro e Perfezionamento professionale del Teatro di Roma: Dario Battaglia, Luisa Casasanta, Angela Ciaburri, Edoardo Coen, Martina Massaro, Sylvia Milton, Alessandro Minati, Martina Querin, Fabio Vasco, Giuliana Vigogna, Gabriele Zecchiaroli
Con i cantanti del Conservatorio Santa Cecilia di Roma soprani Stella Alonzi, Moe Iwasaki , Won Wooyeon, Huang Xirong, Tiffany Delguste
mezzosoprani Federica Tuccillo, Kim Yoonseo
tenori Lee Taehyum, Hao De Zheng, Oh Gyeong Taeg
baritoni Giacomo Balla, Lorenzo Catalano, Niu Tian
preparazione musicale e vocale M° Emanuela Salucci
al pianoforte Domenico Poccia
pianista assistente Oh Chae Young
Direzione Coro Greco Marta Zanazzi
Maschere larvali ideate da Rosi Giordano, realizzate dagli studenti di scenografia del liceo artistico “Via di Ripetta” di Roma: Serena Amato, Anita Belloni, Priscilla Bonaccorso, Consuelo Ciminello, Sara Colone Angelica Finizzi, Livia Magrelli, Vittoria Manfredi, Sara Paolessi, Zoe Perfetti, Martina Potitò Valentina Saggio, Elisa Spalletti, Agnese Verrone.
Videografie a cura di Marco Schiavoni
Musiche (eseguite dal vivo) Luis Bacalov (tratte dall’opera Estaba La Madre), Bob Dylan, Simone Maggio
Scena realizzata dal laboratorio di scenografia del Teatro di Roma diretto da Claudio Beccaria
Oggetti di scena realizzati da Adolfo Mazza per Arcadia
Assistente Caterina Guida
Consulenza scientifica Treccani