"Mr. Gaga": La danza del respiro
Anno: 2015
Durata: 100m
Genere: Documentario
La rassegna In Movimento al Teatro Eliseo si è aperta con la proiezione del documentario di Tomer Heymann Mr Gaga. Seguiranno altri due appuntamenti: il 24/05/2017 andrà in scena lo spettacolo PAn Remastered del coreografo Emanuele Soavi e il 28/05/2017 si proseguirà con Dancing Partners, opera che porta con sé uno spirito di apertura e trasversalità, non a caso è firmata da diversi autori (Mauro Astolfi, Thomas Noone e Martin Forrsberg). Sarà in tale occasione che si avrà modo di gustare il ritorno sulla scena dell’israeliana Adi Salant (co/Direttrice di Batsheva Dance Company), con un suo a solo espressione dell’essenza del linguaggio del corpo, che il film d’apertura descrive.
Ma chi è Mr. Gaga?
Ohad Naharin nasce e cresce in Israele, in un kibbutz. Nell’atmosfera familiare del villaggio collettivistico, tesa alla solidarietà e lontana dalle logiche frenetiche del consumismo, Ohad ha la possibilità di intessere legami profondi e duraturi con i suoi compagni, di vivere diversi momenti di condivisione, e di sentire e percepire il proprio corpo nell’ambiente che lo circonda. Ciò gli consente di sviluppare la sua abilità e passione per la danza, ma l’evento che segnerà la vita del ballerino israeliano sarà un altro.
Ohad non è figlio unico, ha un fratello disabile con gravi difficoltà motorie. L’unico modo in cui riesce a interagire con gli altri è la danza, scoperta grazie alla nonna che si dedica anima e corpo al ragazzo. La prematura scomparsa di quest’ultima costringe Ohad a trovare un modo per comunicare con il fratello. Prova allora con il metodo utilizzato dalla nonna: il ballo. Il movimento sinuoso e vibrante dei loro corpi diventa immediatamente linguaggio di comunicazione. Ogni gesto è una parola. Ogni rumore dell’aria è punteggiatura. E così, oltre i limiti e le diversità fisiche, i due si cercano e si trovano, e allo stesso tempo Ohad scova ciò che realmente lo emoziona e gli dà piacere: ballare.
È questo ciò che il ballerino israeliano ha raccontato ad un giornalista australiano desideroso di sapere il motivo per cui avesse iniziato a danzare. La morte della nonna; il fratello disabile; la danza per riabilitarlo. Tutte invenzioni. La risposta ad una domanda del genere non può essere solo una, ma sono molte; e alcune neanche le sappiamo, per questo è più interessante inventare.
Quel che sappiamo (e che il documentario racconta) è che Ohad non voleva diventare un ballerino, ma un architetto o un ingegnere. La sua vita è stata sin da giovane movimentata. Viste le sue doti nel campo della danza, si trasferisce presto negli Stati Uniti per cercare fortuna. Tenta di superare il provino per entrare nella compagnia di Martha Graham prima, e di Maurice Béjart poi, ma viene scartato da entrambe. Riesce però ad essere ammesso nel corpo di danza classica di Nureev – anche se la sua permanenza non durò a lungo.
La sua esperienza statunitense volge al dramma quando rovina malamente sul palco durante la rappresentazione di uno spettacolo. Prova a rialzarsi ma non ci riesce. Le sue gambe non rispondono. Rischia la paralisi. Paga il frutto di esercizi sbagliati che gli erano stati fatti eseguire e che la sua schiena non può più sopportare. I medici gli dicono che probabilmente non avrebbe potuto più ballare.
Ma Ohad non si dà per vinto. La danza è il suo lavoro ed è diventata la sua passione. Se non gli era più permesso di ballare, poteva però insegnare e coordinare il ballo. Decide così di diventare coreografo.
Il suo periodo a New York, se da un lato non gli consentì di trovare il posto che voleva, gli permise di capire anche ciò che non voleva diventare, e, aspetto ancor più importante, lo portò a conoscere la sua futura moglie, la ballerina Marì. Lei al tempo era molto popolare e grazie al suo stipendio potevano vivere in due, ma Ohad sentiva un urgente bisogno di realizzarsi. E l’occasione arrivò quando fu nominato direttore della Batsheva Dance Company. Accettare l’incarico significava trasferirsi a Tel Aviv e lasciare la Grande Mela, città in cui Marì aveva tutti i suoi affetti. Ma Ohad non poteva rimandare la partenza, era per lui giunto il momento di tornare nella sua patria, era il momento di cambiare.
Tomer Heymann ha impiegato dieci anni per realizzare questa pellicola. Un lavoro certosino nel montaggio, che rende ogni parte del film perfettamente collegata con il resto.
Ohad in realtà non voleva che la sua arte fosse imprigionata. Lui considera la danza come una collezione di movimenti. L’atto di ballare è di per sé evanescente, temporaneo, fuggevole. Imprimerlo su di una pellicola avrebbe voluto dire congelare l’arte, toglierle la vita.
Il regista isrealiano fu tuttavia più caparbio del suo connazionale e riuscì infine a convincerlo, regalando al pubblico questo stupendo lavoro.
Una volta terminato il lavoro di montaggio, Tomer e Ohad si incontrarono per vedere il film prima che fosse diffuso al pubblico. Durante la visione il ballerino non disse una parola. Si muoveva, si contorceva, piangeva e rideva, ma non una sillaba.
Una volta terminata la proiezione, Ohad ha rivelato a Tomer che non aveva la forza di parlare perché il film lo aveva davvero scosso, dal momento che raccontava aspetti della sua vita personale. Ha concluso però dicendo che il suo lavoro, probabilmente ottimo dal punto di visto cinematografico, lo aveva colpito perché gli aveva restituito ciò che aveva perduto e che da anni non aveva più visto dopo la sua scomparsa: la sua amata Marì, la compagna di una vita deceduta a cinquant’anni per un tumore alla cervice uterina.
Bene, hai raccontato la sua storia, ma non hai detto nulla sulla Gaga dance, come invece ci saremmo aspettati.
È l’osservazione di una giornalista nei riguardi del regista dopo la proiezione del film.
Tomer Heymann ha risposto dicendo che se non si era soffermato su questa danza contemporanea, che si concentra più sull’esperienza somatica che sulla tecnica dei movimenti, è perché non può essere racchiusa in un filmato, per capire realmente di cosa si tratti bisogna sperimentarla, andare al teatro e lasciarsi sollevare dalle sensazioni che trasmette lo spettacolo.
Gradimento: 8/10
*v. fonti in calce