“La locandiera” di Carlo Goldoni al Teatro Vascello: Il fascino sirenico di Silvia Gallerano
Prezzi: € 20 intero; € 15 ridotto
Adattamento e Regia: Stefano Sabelli
Mirandolina ha bisogno di essere adorata, voluta, cercata. È il suo stesso nome a dirlo, a indicare quella necessità che le sta a cuore più di ogni altra cosa: esser ammirata. E così tutti gli avventori della locanda – che mantiene da sola dopo la morte del padre – si invaghiscono di lei, della sua malia irresistibile. Il marchese di Forlipopoli e il conte d’Albafiorita non sono da meno, anche loro cadono nella rete di languidi ammiccamenti della locandiera, e cercano pertanto di conquistarla con le armi che hanno a disposizione. Il primo prova a sedurla attraverso la galanteria e offrendole la protezione del titolo che porta (anche se di denari ne ha ben pochi), mentre il secondo la ricopre di doni ed è pronto a spendere qualsiasi somma pur di catturare l'ambita creatura ribelle.
Mirandolina non disdegna di certo né la cortesia del marchese né le offerte del conte, ma nessuna delle due riesce a sedurla. Concede il suo tempo a tutti, ma la sua libertà a nessuno.
C’è tuttavia un avventore nella sua locanda che non le riserva attenzioni; anzi, la disprezza e non la degna nemmeno di uno sguardo. Si tratta del cavaliere di Ripafratta, un uomo scontroso, che rifulge le donne e le considera delle arpie capaci dei più ineffabili malefici. Mirandolina vede in lui una nuova sfida: lei, capace di sedurre tutti gli uomini, s’infiamma all’idea che qualcuno non subisca il suo fascino, perciò decide che anche quella fortezza inespugnabile di scontrosità dovrà cadere sotto i colpi della sua voluttuosa arte.
Tra deliziosi intingoli e languide premure, anche il cavaliere conoscerà la “sofferenza di trattare con piacere” con le donne, fino ad arrivare al punto di bruciarsi con il fuoco dell’amore.
Così come Goldoni aveva segnato il passaggio dalla commedia dell’arte a quella moderna, Stefano Sabelli cambia rotta rispetto alla tradizione, ambientando l’opera in una locanda sul Delta del Po durante gli anni ’50 anziché nella Firenze del ‘700. La virata non è brusca, la sceneggiatura d'altra parte rimane per lo più la stessa, e, seppur si parli ancora di cavalieri, conti e marchesi, tale aspetto non stride in un’epoca ove tutto ciò appare ancora plausibile. A cambiare sono invero solo le acque dello scenario in cui si svolge la vicenda, che da quelle allegre del fiume Arno diventano quelle paludose del Po.
Nell’atmosfera acquitrinosa avvolta da una nebbia seducente e lattiginosa, la locanda Vecchio Po si apre e si chiude a fisarmonica, come quella suonata da Angelo Miele durante la rappresentazione, che dialoga con i personaggi in un appassionato ballo tra note e parole. I personaggi traghettati nell’isola della sirena Mirandolina sono presto vittime del suo charme, che li attrae in modo irresistibile alla sua locanda, in cui ogni stanza è resa come uno spicchio del carosello ideato da Lara Carissimi e Michelangelo Tomaro, ove gli attori ruotano in una magica giostra di colori ed emozioni.
In tale contesto, Silvia Gallerano (Mirandolina) incarna alla perfezione lo spirito seducente della locandiera. Non è una bellezza vertiginosa, ma la sua abilità nella recitazione incanta il pubblico alla stessa stregua di Mirandolina rispetto al cavaliere di Ripafratta. Questi è interpretato da un compassato Claudio Botosso, che risulta poco espressivo nei movimenti e nei gesti, ancorché la sua voce sia penetrante e in grado di mostrare tutto lo scoramento del suo personaggio.
Gli altri interpreti contribuiscono efficacemente a valorizzare la messinscena e ad esaltare le caratteristiche dei rispettivi personaggi, che appaiono tutti ben delineati. Se, come diceva Goldoni, “la fortuna è di chi se la sa espressamente meritare”, questo spettacolo si merita di averne e per questo si augura un buon viaggio lungo i fiumi che innervano la nostra penisola.
Scene: Lara Carissimi Michelangelo Tomaro
Costumi: Martina Eschini
Disegno luci: Daniele Passeri
Aiuto regia: Giulio Maroncelli Eva Sabelli
Direttore di scena: Fabrizio Russo
Fonico e elettricista: Gianmaria Spina
Foto di scena: Paolo Cardone
Disegni di locandina: Ruggio
Produzione: LOTO Libero Opificio Teatrale Occidentale di TEATRIMOLISANI soc.coop.
Distribuita da BAGS ENTERTAINMENT