L'Amletico

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Mario Nanni svela i segreti della politica in Parlamento Sotterraneo: "Moro svenne in Chiesa"

C'è un piano di Palazzo Montecitorio dove sono custoditi i segreti della politica italiana. Solo poche persone hanno le chiavi per accedervi. E tra di loro c'è Mario Nanni, capo della Redazione politico-parlamentare e poi caporedattore centrale dell’Ansa (1990-1997) nonché autore di numerosi saggi, tra cui il Curioso Giornalista. Nel suo ultimo libro "Parlamento sotterraneo. Miserie e nobiltà, scene e figure di ieri e di oggi" (Rubbettino) ha svelato tutto quello che ha vissuto lungo la sua carriera. Tra cui anche numerose verità scomode.

La minaccia di Henry Kissinger ad Aldo Moro

Il 1974 per l'Italia è un anno di scontri, bombe, del sequestro Sossi e di piazza della Loggia. È anche l'anno in cui uno dei fondatori della Dc, Aldo Moro, inizia ad avvicinarsi al Partito Comunista. Ma questo non è visto di buon occhio dagli Stati Uniti. E quando il presidente della Repubblica Giovanni Leone arriva in visita ufficiale negli USA, Moro, che all'epoca lo accompagna in veste di ministro degli Esteri, paga il prezzo delle sue scelte. "Un senatore democristiano mi disse che era stato minacciato da Henry Kissinger", racconta Mario Nanni a Radio Radicale. “L’ho scoperto durante la Commissione di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro che ho seguito". Il perché? "Kissinger voleva che la smettesse di far politica di apertura sui comunisti, altrimenti ne avrebbe subito le conseguenze. Moro ne rimase così scosso che andò a pregare nella chiesa di St. Patrick a New York e svenne sulla panca. Tornò scosso dall’America e Corrado Guerzoni, suo capo ufficio stampa, disse che voleva smettere di fare politica per almeno tre anni. Poi, però, resistette". Come ha fatto Mario Nanni a scoprire questo aneddoto storico? "Il mio trucco era avere fonti diversificate”, prosegue a Radio Radicale, “così poi poteva andare da una fonte e far vedere che sapevo, in questo modo si aprivano e parlavano.

Giulio Andreotti voleva fare il prete

Del sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti, Mario Nanni ne fa un ritratto in chiaroscuro. "Rimane un personaggio imprescindibile per capire l’Italia”, spiega a Radio Radicale. "E aveva molta dimestichezza con i giornalisti. Era famoso perché non dava mai smentite”. Andreotti, però, una volta fu costretto a una smentita. "Accadde quando venne accusato di aver dato un bacio al boss mafioso Toto Riina, e quindi di essere colluso con la Mafia. In quel caso la smentita fu necessaria, come la risposta in sede giudiziaria".

Ma Andreotti aveva un lato che non tutti conoscono, l'autore di Parlamento sotterraneo lo sottolinea. "Andreotti era famoso anche perché, se un comune cittadino gli scriveva una lettera, lui rispondeva (magari non sempre di suo pugno)". Nel libro Nanni svela anche i primi interessi di Andreotti. "In un’intervista mi raccontò che voleva fare il medico”, ricorda a Radio Radicale, “ma che la famiglia non poteva mantenerlo. Pensò anche di fare il prete, ma non voleva il celibato". Ed è durante la gioventù che uno dei fondatori della Dc scoprì il suo talento per le battute. Lo racconta Mario Nanni nel libro. Qui se ne riporta un assaggio. "Un giorno in autobus subì una tremenda pestata da un uomo anziano che gli era passato accanto. 'Mi scusi giovanotto, ma sono un invalido di guerra'. La replica di Andreotti fu immediata: ’Io la scuso, signore, perché non l’ha fatto apposta. Ma se tutti gli invalidi di guerra dovessero passare sui miei piedi, starei fresco'. 'Molti viaggiatori risero, ma io non capii perché', raccontò anni dopo a chi scrive l’ex presidente del Consiglio. Ma da quel giorno Andreotti capì di avere una verve battutistica".

L'epoca dei falsi: "Ai giudici bisogna tagliare le unghie"

Di fake news oggi ce ne sono più che mai. E i primi falsi in Parlamento li ha vissuti proprio Nanni. "Era il giorno del giuramento del governo Amato nelle mani dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro”, ricorda a Radio Radicale. “Arriva all’Ansa un comunicato dal Partito Socialista, in particolare dal capo dell'ufficio stampa: Luigi Genise. C'era scritto che il deputato Claudio Martelli diceva: 'Ai giudici (si riferiva ad Antonio Di Pietro) bisogna tagliare le unghie'. Ed era scandaloso, perché a quel tempo Di Pietro era il simbolo dell’Italia grazie all’inchiesta mani pulite. Cosa succede? Arriva la smentita di Martelli, la smentita del Partito Socialista, la smentita dell’Ansa. Fu un caso clamoroso".

I deputati "buttadentro"

Se le discoteche sono piene di "buttafuori", al Parlamento c'è stata la figura dei "buttadentro". "Mario Pochetti, deputato del Partito Comunista”, ricorda Nanni, “quando c’erano le votazioni si agitava: perché alcuni del suo partito si attardavano a chiacchierare. E così li buttava direttamente dentro a votare. Non risparmiava neanche Enrico Berlinguer".

L'alieno del transatlantico

Del segretario del Partito comunista italiano dal 1972 fino a quando non è mancato nel 1984, Mario Nanni dice che "era un alieno nel transatlantico". Che "non faceva mai capannelli come Berlusconi. Anche per il suo carattere schivo". E poi racconta dello scontro tra Berlinguer e Leonardo Sciascia. Avviene quando il deputato del Partito Radicale è nella Commissione di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, dove stanno ascoltando i segretari di partito. "Sciascia", racconta a Radio Radicale Nanni, "che poi scrisse libro poco letto e sottovalutato, Affaire Moro, chiede in commissione a Berlinguer: 'Le risulta che alcuni terroristi italiani si sono esercitati nei Paesi dell’Est o addirittura ospitati in Ambasciate dei Paesi dell’Est a Roma (era quella cecoslovacca)?'. Per Berlinguer, e per il Partito Comunista, quello era un nervo sensibile. Il segretario reagì bruscamente. 'Non ne so nulla. Non so di cosa stia parlando'. E Sciascia rispose: 'Strano che non sappia nulla, perché queste cose me le ha raccontate Renato Guttuso che l’ha sapute da lei'. Io diedi la notizia e arrivarono subito le smentite. Mi sentii un po’ perso. Allora mandai all'on. Sciascia un bigliettino per spiegazioni. Lui mi scrisse: “Berlinguer ha smentito? Allora smentisco anche io. Così siamo pari e patta”.

Gli schiaffi del Parlamento

Di pugni, insulti e schiaffi ne sono volati tanti in Parlamento. Ma due in particolare ancora risuonano. Sono quelli che hanno visto protagonisti Franco Bassanini, deputato del Partito Socialista, e Antonio Tajani, ora vicepresidente di Forza Italia. Il primo caso avvenne nella buvette della Camera. "Dopo che Craxi prese in mano Partito Socialista", racconta Nanni a Radio Radicale, "l’intellettuale Franco Bassanini si distaccò. Non appena l’on. Giorgio Gangi lo incontrò, gli diede uno schiaffo". Il secondo accadde sempre nel Parlamento. "Tajani allora lavorava per Il Giornale diretto da Indro Montanelli. Aveva fatto un resoconto di una direzione del Movimento Sociale, che però non era piaciuta a Alfredo Pazzaglia, capogruppo MSI. Appena lo incontrò, lo schiaffeggiò davanti a tutti".

Giuliano Amato, ovvero "il professionista che lavora a contratto"

Nel libro di Nanni si trovano anche frasi che non tutti i politici leggeranno di buon grado. "Sono curioso di sapere come reagirà Giuliano Amato, perché ho scritto cose che non gli piaceranno. Un giorno Craxi mi disse: 'Sappiamo le sue qualità. È un eccellente professionista che lavora a contratto'. Ora mi domando: 'Ma Craxi sarebbe stato Craxi senza Amato e viceversa?”. Per scoprirlo non resta che acquistare il libro, dove viene anche raccontato della volta in cui l’on. Pecchioli, del Pci, stava per far arrestare Mario Nanni.