Leonard Cohen – "You want it darker": Il testamento musicale di Leonard Cohen e il potere del Logos
Anno: 2016
Genere: Soft rock
Durata: 36' 09''
Etichetta: Columbia Records
“Sono pronto mio Signore, eccomi, eccomi”. Il messaggio è essenziale ma deciso, senza sotterfugi o giochi di parole; le parole, quelle che solo maestri e poeti sono in grado di definirci sempre, anche quando si presentano complesse e inarrivabili. E allora ecco che quel Hineni Hineni, vocabolo ebraico dalle connotazioni bibliche (il cui significato è “eccomi ora”, in quanto corpo e spirito) risulta termine remoto, con un alone d’antico, avente però un valore a priori, essendo collegato al seguente I’m ready, my Lord.
È questa l’introduzione al quattordicesimo album in studio di Leonard Cohen, You Want It Darker, che sin dal preludio sopracitato ci allerta: abbiamo dinnanzi a noi un monologo interiore, in cui il cantautore canadese si mette a nudo, affrontando riflessioni e paure attraverso i temi a lui più cari, come religione ed esistenzialismo.
Tematiche di tale levatura necessitano di una lirica sacrale e di uno stile metrico aulico, di cui Leonard è possessore e caposcuola indiscusso; dalla sua voce arrochita e consumata dal tempo fuoriescono frasi nobili, impeccabili nella forma e nel contenuto, che in alcuni momenti sembrano trasformare il monologo (“E dì il Mea Culpa, cosa che probabilmente hai dimenticato di fare”, in Treaty) in dialogo diretto con un’entità superiore (“ Tu vuoi più buio, Noi spegniamo la fiamma”, nell’omonimo singolo You Want It Darker). Le fiamme, il diavolo e l’angelo, il Giubileo, le Scritture, l’ Acqua ed il Vino, la Strada da percorrere, l’oscurità e la luce sono solamente alcuni esempi del vocabolario utilizzato in questo disco, che ha le sembianze di un concept album biblico/apocalittico.
Il sound e le melodie sono quelle dell’ultimo Cohen, il Cohen degli anni duemila di Old Ideas (2012) e Popular Problems (2014), anche se con tinte ancora più tetre e misteriose, con un simbolismo più marcato. Tastiere e piano si alternano armoniosamente, con il secondo che fa intravedere un’anima più soul, mentre i violini, il basso ed alcune chitarre si sviluppano nel secondo atto dell’opera, creando un maggiore dinamismo – molto godibile anche l’accenno di mandolino nella splendida Traveling Light. Ma l’elemento che rende il tutto ancora più mistico, aumentando il grado di religiosità, è la presenza del coro: c’è infatti un’alternanza di cori gregoriani ad altri più gospel.
Nonostante una carriera lunghissima, che trova le sue origini nel lontano 1967 (Songs Of Leonard Cohen), Leonard Cohen è sempre riuscito ad essere originale, senza mai scadere nella copia di sé stesso ed evolvendosi musicalmente. Questa ne è l’ennesima prova e testimonianza. Doveroso un parallelismo con Blackstar, l’ultimo capolavoro del genio David Bowie, sia per temi trattati che per sonorità. A meno di un anno dalla “Stella Nera” del Duca Bianco, ecco un secondo testamento di musica e parole.
Media Critica e Pubblico*: 8/10
Gradimento: 8.3/10
Tracce Consigliate: "You Want It Darker"; "Treaty"; "Steer Your Way"
*v. fonti in calce