L'Amletico

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Ogni film di Ozpetek è un libro. Ogni libro di Ozpetek è un film

Rassegnato dal fatto che non sarò a Roma il 19 dicembre prossimo per la première di Diamanti (2024), il 15mo film di Ozpetek, mi è toccato guardare per la seconda volta Nuovo Olimpo (2023). Prima di accendere il computer, penso per un attimo a quanto sarebbe stato bello poterlo guardare sul grande schermo. Eppure, chiudo un occhio alle scelte artistiche nei tempi dell’industria dello streaming e delle visualizzazioni ed è subito Netflix.

La nostalgia che sentivo di Roma è stata immediatamente colmata dalle inquadrature Ozpetekiane della città eterna. La prima scena nei pressi del Clivo Argentario esalta tutta la magia di quel posto che viene raddoppiata la sera e che mi riempi occhi e cuore. La sequenza ci regala una di quelle mattinate di cielo azzurro che soltanto Roma può donarci, incorniciata da una veduta mozzafiato del Foro Romano a partire di via Monte Tarpeo. È già valsa la pena il bis! E non avevo nemmeno iniziato a fare attenzione ai dialoghi.

Ciò perché ogni film di Ozpetek è un libro e ogni libro di Ozpetek è un film. Poiché la frontiera tra le arti spesso si confonde nella sua liquidità non esistenziale, ciò che vediamo scorrere nella pellicola o tra le pagine di carta sono pezzi della stessa storia. Raccontano vite e legami che contrastano l’aridità dell’indifferenza che ahimè predomina in questo primo quarto di secolo ventuno. Parlano di amori trasgressivi nei fine anni ’70 che hanno avuto la capacità di sciogliere la rigidità di una società paralizzata dalla paura del diverso.  

Come nella scena in cui gli spettatori italiani si vedono “costretti” a guardare delle sequenze gay abbastanza enfatiche e che gli provocano le più variegate reazioni. C’è chi suda a freddo, chi chiude un occhio, ma spalanca l’altro. C’è chi sorride e anche chi finalmente può riconoscersi nello schermo.

Forse mi è sfuggito, ma non credo ci sia mai stato un cameo di Ozpetek nei suoi film. Però c’è molto della sua vita in ogni sceneggiatura. E sappiamo che lui è stato pioniere nel far vedere “la vita come questa è” – per citare il grande autore brasiliano Nelson Rodrigues. “Non sono io che metto troppe scene gay, sono gli altri che non li mettono proprio”, ha detto il personaggio di Enea ad un certo punto in cui viene intervistato dai giornalisti. Ovviamente che Enea è Ozpetek in quel momento. Sarà stata anche la storia di amore tra Enea e Pietro un racconto in prima persona? Non importa.  

In Nuovo Olimpo, Ozpetek ci racconta come sentimenti ed emozioni vanno vissuti dal cuore, senza troppi ragionamenti. Altrimenti, si rischia parlare d’amore e non viverlo.

Enea: «Titti, ti penso spesso, sai? Però mi sento in colpa, avrei dovuto esserti più vicino, lasciarti meno sola.»

Titti: «Ma io non sono sola, sono solitaria, perché mi sono sempre bastata. Ma di te non mi sono mai persa niente: quando prendevi i premi, quando eri sul set, la tua vita con Antonio... io ti ho visto pure quando eri solo e triste.

Enè, chi si è voluto bene non si lascia mai. C’è sempre, anche se non lo vedi.
E tu dirai: “Io e te ci siamo visti poco, non ci siamo frequentati”.

E che vuol dire? Non è il quanto, è il come. È il riconoscersi.
È l’intensità di un incontro che fa una storia.»