L'Amletico

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Racconti da leggere, sei letture per l'estate

Tra le tante forme letterarie esistenti, quella che di certo preferisco è il racconto. Sarà perché è quella che ho praticato di più, sarà perché è quella che mi ha fatto più storcere il naso prima di leggerla. Perché leggere racconti, se si possono leggere romanzi? Ci ho messo fin troppo prima di iniziare a leggere racconti, ma da quando ho iniziato non ho più smesso. D’altronde, e lo ha detto Carver, “un buon racconto vale quanto una dozzina di cattivi romanzi”.

Da lettrice, posso dire che il diletto del racconto sta proprio nella durata, e nel sapere che all’interno di quelle poche pagine un intero universo sarà capace di esistere. Tanto più che la cosa più bella è proprio immaginare che qualcuno sia stato capace di farcelo stare, quell’universo, in poche cartelle.

Un racconto è un piacere effimero – dove effimero però ha un significato tutt’altro che negativo. Effimero è anche un buon pasto, e a me piace immaginare i racconti allo stesso modo.

Il racconto deve darci tutto e subito. E tante, tantissime volte ho ascoltato la frase riportata da Cortázar a tal proposito: che il romanzo vince sempre a punti, ma il racconto, quello deve vincere per k.o. Una goduria, insomma, per i letterati impazienti.

Il racconto è anche il risultato di più tensioni duali: il vero e il verosimile, il credibile e l’incredulità, la vita e la sua narrazione. A tal proposito, ancora Cortázar scrive: “Un racconto si muove su quel piano dell’uomo dove la vita e l’espressione scritta di quella vita ingaggiano una lotta fraterna, se mi si concede il termine; e il risultato di tale lotta è il racconto stesso, una sintesi vivente e insieme una vita sintetizzata, qualcosa come un incresparsi d’acqua dentro un bicchiere, una fugacità in una permanenza”.

Tuttavia, come credo immaginiate, non è da tutti saper descrivere l’incresparsi dell’acqua dentro un bicchiere. Ecco perché, nello spazio di questo mese dedicato alla scrittura, ho voluto stilare il mio canone personale, sperando possa contenere suggerimenti di lettura apprezzati.

Paranoia – Shirley Jackson

Mr. Halloran Beresford, piacevolmente stanco dopo una proficua giornata in ufficio, la rasatura ancora quasi perfetta e i pantaloni ancora ben stirati dopo otto ore, assai soddisfatto di essersi ricordato, uscì dal negozio di dolciumi con una grande scatola sotto il braccio e si incamminò di buon passo verso l’incrocio. Lungo ogni isolato di New York c’erano venti abiti grigi di taglia piccola come quello di Mr. Beresford, cinquanta uomini ancora ben rasati e stirati dopo un giorno in ufficio con l’aria condizionata, cento piccoli uomini, forse, soddisfatti di essersi ricordati del compleanno della moglie.

Questo è l’innocuo incipit di Paranoia, un racconto maestoso della regina del gotico Shirley Jackson. Nella giornata di Mr. Beresford tutto si svolge in tranquillità, fino a quando non si accorge di essere seguito da qualcuno. O è solo, per l’appunto, una sua paranoia?

Il modo di Shirley Jackson di creare e modulare la tensione in questo racconto è imparagonabile.

 

Perché non ballate? – Raymond Carver

Escludere Carver da un pezzo in cui si parla di racconti brevi è un peccato che non si può commettere né perdonare. Ma, siccome avevo già citato il suo imperdibile – e mio preferito – Cattedrale, mi accontenterò, per così dire, di menzionarne un altro.

Perché non ballate? sembra fotografare due sensazioni al loro incontro: la freschezza della gioventù, dell’amore, con la disillusione della mezza età. Il tutto con la maestria minimale di Raymond Carver.  

Era ancora senza scarpe.

– Sono brillo, – disse lui.

– Ma no che non sei brillo, – disse la ragazza.

– Be’, io lo sono, – disse il ragazzo.

Max cambiò lato al disco e la ragazza gli si avvicinò.

Cominciarono a ballare.

La ragazza lanciò un’occhiata alla gente che si era affacciata al bovindo della casa di fronte.

– Quelli là. Ci stanno guardando, – disse. – Va bene?

– Va bene, – rispose Max. – Il vialetto è mio. Possiamo ballare. Credevano di averne viste di tutti i colori quaggiù, ma questa non l’avevano ancora vista, – disse.

La signora col cagnolino – Anton Čechov

Lo stesso Carver diceva che “nessuno dovrebbe scrivere racconti senza aver prima letto Čechov”. E infatti, prima di Carver, c’era lui.

La signora col cagnolino è un racconto romantico e crudele al tempo stesso, le cui immagini sono così potenti da poterle quasi vedere.

Ma ecco, ella si alzò e si avviò rapida verso l’uscita; lui la seguì, ed entrambi si aggirarono senza meta per scale e corridoi, ora salendo, ora scendendo, mentre davanti ai loro occhi balenavano uomini in uniformi da giudice, da insegnante e da nobile, e tutti con distintivi; balenavano dame, pellicce sugli attaccapanni, e intanto la corrente d’aria diffondeva l’odore dei mozziconi delle sigarette. E Gurov, al quale batteva ancora forte il cuore, pensava: “Oh Signore! Che senso ha tutta questa gente, questa orchestra…”

Pane nero – Giovanni Verga

- Chissà se ci vedremo? chissà se ci vedremo? Hanno detto che tornerò in aprile. Tu statti col timor di Dio, in casa del padrone. Là almeno non ti mancherà nulla -.

Lucia singhiozzava nel grembiale; ed anche la Rossa, poveretta. In quel momento avevano fatto la pace, e si tenevano abbracciate, piangendo insieme. - La Rossa ha il cuore buono - diceva suo marito. - Il guaio è che non siamo ricchi, per volerci sempre bene. Le galline quando non hanno nulla da beccare nella stia, si beccano fra di loro -.

È probabile che non ci sia stato scrittore più abile di Verga nel descrivere le parabole discendenti delle famiglie. Pane Nero inizia già dal basso, con la morte del patriarca, per raggiungere il fondo – materiale e morale – che toccheranno i tre figli.

Lettera a una signorina a Parigi – Julio Cortázar

In questo racconto in forma epistolare, Cortázar sfida i limiti della sospensione dell’incredulità. Il protagonista, trasferitosi per qualche mese in casa di una sua amica in assenza di quest’ultima, deve fare i conti con un suo segreto problema: vomita coniglietti. Ma la penna dell’autore non ci fa dubitare per un momento di quello che stiamo leggendo, e aggiunge fascino e turbamento a ogni riga.

Credo che lei ami il bell’armadio della sua camera da letto, con la grande porta che si apre generosa, con i ripiani sgombri per la mia roba. Ora li tengo lì. Lì dentro. Pare impossibile; neppure Sara ci crederebbe. Perché Sara non sospetta di nulla, e il fatto che non sospetti di nulla dipende dalla mia orribile impresa, un’impresa che si porta via i miei giorni e le mie notti con un solo colpo di rastrello e mi va calcificando dentro e indurendo come quella stella marina che lei ha appeso sulla vasca e che ad ogni bagno sembra colmare il corpo di sale e di sferzate di sole e di grandi rumori della profondità.

Si salverà la volpe? – Giorgio Scerbanenco

I racconti sono magici anche perché sono capaci di catapultarci in medias res, e di sorprenderci in poche pagine. È ciò che succede in Si salverà la volpe? di Giorgio Scerbanenco, in cui seguiamo la protagonista Delia nella sua concitata ricerca dell’ex amante Momi. Da cosa fugge Delia? E perché cerca Momi?

Per paura di annoiarsi, era finita così. Le veniva da ridere e da piangere di se stessa. Ora le parole tenere che le aveva detto Momi quella notte a Stresa non le trovava ridicole, tutti quei discorsi sui bambini, sul vivere sempre insieme non l’annoiavano più solo a pensarci… “La noia, la noia, ecco. Volevi divertirti? Eccotelo, signorina, il divertimento, appena metti fuori il muso dalla nebbia, appena viene giorno, appena vai in un locale illuminato, trovi il carabiniere che ti mette dentro, e lì ti divertirai ancora di più”.

Di racconti belli e bellissimi ce ne sono sicuramente tanti, e questi non sono che alcuni esempi. Buona lettura!