"Sei la mia vita" di Ferzan Ozpetek: amare senza paure
Casa editrice: Mondadori
Edizione: 2015
Pagine: 218
In libreria cercavo un titolo che raccontasse una Roma diversa, vera. E a trovarmi è stato un libro in cui la città viene descritta da uno straniero – come me – che fino ad allora, scusate il ritardo, mi era praticamente sconosciuto.
Sono arrivato alla prima pagina di Sei la mia vita solo con il background di Hammam, l'esordio di Ferzan Ozpetek come regista. Non sapevo null'altro su di lui né di una sua opera. Mentre leggevo quella che più tardi seppi essere la sua seconda avventura come romanziere (la prima è stata Rosso Istanbul), iniziavo a percepire le sfumature della narrativa.
Con uno stile molto libero Ozpetek impiega il discorso diretto per raccontare la sua vita al "protagonista": parla in prima persona all'uomo seduto al suo fianco in macchina. Ciò che succede lungo la strada è infatti il filo conduttore della narrativa, che si apre ai racconti più vasti senza trascurare il riferimento temporale. Ed è così, radicato nell'alternanza dei discorsi diretti che l'autore, in questa sorta di autobiografia, trattiene il lettore senza risparmiare nei dettagli.
Tutto parte dalle percezioni di un ragazzo turco arrivato in Italia negli anni '70 con il sogno di studiare cinema e le fantasie che ciò porta con sé.
Che si chiarisca subito un punto fondamentale: Sei la mia vita è un libro di amore, parla di amore, esala amore in ogni pagina. Amore fuori dagli schemi: amore in una Roma libera dai pregiudizi, dai peccati. Una Roma che fa l'Amore e non se ne pente.
Era tuttavia la stessa città che chiudeva un occhio su ciò che in quegli anni era assolutamente trasgressivo. Ozpetek però mette in luce la vita di personaggi variopinti: dalla drag queen del suo palazzo, regina della notte gay romana; alle "Mummie", il gruppo di amici che frequentava la casa dell'autore in Via Ostiense. Dai momenti vissuti nel quartiere si individuano scene – e anche intere sceneggiature – già viste nei suoi film. Dialoghi cuciti con tematiche sensibili, come lo shock di una generazione abituata a conoscersi e riconoscersi nel fare l'amore libero davanti alla comparsa dell'aids. L'autore fa anche una critica ai rapporti nei tempi degli smartphone: in quel tempo, nessuno poteva nascondersi dietro ad uno schermo. Per incontrarsi c'era bisogno di guardarsi in faccia. Il tratto in cui si parla di un amico che non ha potuto visitare il suo compagno in ospedale, provoca la deplorazione dell'autore dinanzi ad una mancata legge che riconosca i diritti delle coppie dello stesso sesso.
A quel punto anch'io avevo arricchito la mia cultura ozptekiana, e identificavo tratti assai precisi dei discorsi dei film come Le fate ignoranti, o l'uomo che ha ispirato un personaggio de La finestra di fronte. Mi colpisce nondimeno il fatto che sia stato un brasiliano ad ispirare la storia di uno dei suoi film più acclamati, Mine vaganti, ovvero la vita di Marcelo. Lui che alla fine non ha avuto il coraggio di essere se stesso – racconta nel libro. Certe frasi in prima persona dipingono la personalità di Ozpetek. Ad esempio, quando rifiuta un lavoro di pubblicità perché non crede in ciò che avrebbe dovuto fare.
Pur non essendomi mai cimentato in una traduzione, questo libro mi ha dato la voglia e la motivazione di renderlo nella mia lingua madre, il portoghese. E ce l'ho fatta! Adesso manca poco alla revisione finale e, la cosa più importante, trovare chi lo pubblichi in Brasile. Così mi unisco ad Ozpetek perché anche i ragazzi gay del mondo lusofono abbiano l'opportunità di leggere questa storia, capire che non sono soli, avere il coraggio di essere se stessi ed amare senza paure!
Gradimento Amletico*: 8.5/10