Teatro Delusio di Familie Flöz: tre attori per ventinove personaggi
Come riescono tre attori a interpretare 29 personaggi? La risposta è nello spettacolo Teatro Delusio di Familie Floz, dove Paco Gonzàles, Björn Leese e Hajo Schüler rivestono contemporaneamente i ruoli del regista, dei cantanti lirici, dei tecnici e dei componenti dell’orchestra durante la messa in scena di un’opera teatrale. Sul palco però non vi è sipario, ma solo le quinte. E durante la rappresentazione si assisterà a tutto ciò che avviene dietro. Schiamazzi, litigi, rumori, ma non una parola. Sì perché negli spettacoli dei Familie Floz non ci sono dialoghi, e neanche espressioni facciali. Ogni attore indossa una maschera diversa a seconda del personaggio che interpreta. Ed ecco allora che in un palco dove ci sono solo tre attori si materializzerà una compagnia teatrale al completo.
C’è il violinista attempato, la soprano impettita (che ricorda la Callas) e il tecnico imbranato. Tutti personaggi estremamente caratterizzati nonostante non dicano una sola parola. Merito dei costumi? Non solo, perché il ruolo fondamentale lo giocano la recitazione degli attori e le maschere che indossano. “Noi crediamo che le maschere siano una ingegnosa quanto universale invenzione dell’uomo e inseparabilmente legate al teatro e alla ricerca di noi stessi”, si legge nel sito di Familie Floz. Sovradimensionate e realizzate in papier-mâché, individualizzano i vari caratteri ispirandosi a foto o caricature o volti rubati alla strada. Maschere che gli stessi attori realizzano e che è possibile modellare seguendo uno dei loro workshop. Quelle usate nello spettacolo Teatro Delusio, poi, sono una più bella dell’altra. E anche se sono statiche per definizione, sui volti degli attori sembrano assumere diverse espressioni: dalla tristezza alla gioia, dalla vergogna alla fierezza, dal pianto al riso.
E si ride parecchio durante Teatro Delusio, che vuole essere soprattutto un racconto divertente di ciò che accade dietro le quinte, senza prendere il teatro troppo sul serio. “Noi crediamo che la risata permetta al pubblico di aprirsi, di diventare vulnerabile e di sperimentare una più ampia gamma di emozioni”, è il manifesto di Familie Floz. Sensazioni che non si limitano al divertimento, ma raggiungono anche la poetica, rappresentata in Teatro Delusio dallo spirito di una bambina, che apre e chiude lo spettacolo. All’inizio la veste bianca e la maschera della piccola sono abbandonate prive di vita sul palco. Un attore le nota, le prende e queste cominciano ad animarsi. Alla fanciulla mancano però le braccia e le mani. Arrivano allora gli altri due performer che infilano le loro dentro il vestito. La maschera li guarda e gli attori ricambiano. Prende così corpo un fantasma mosso da tre interpreti che vanno d’accordo tra loro, ma che a volte lei non sembrano mettersi d’accordo con lei.
Questa una delle tante illusioni dello show. E non di certo una delusione, come sembrerebbe invece suggerire il titolo dello spettacolo. Perché “delusio” significa in realtà prendersi gioco (da de e ludus, gioco) di qualcun altro. E in questo caso il pubblico si lascia ingannare volentieri dall’abilità dei Familie Floz di giocare con la realtà della vita e del teatro.