Terramia al Teatro Vascello: Distopica realtà in cui di umano è rimasto ben poco
Sant’Anna, Santa Lucia, San Lorenzo, non sono i nomi di persone venerate dal culto cattolico, ma quelli dei martiri della società moderna: di una vittima di omicidio transfobico, di una donna che ha subito violenza domestica e di un militare reduce dalla guerra. Le loro storie sono solo alcune di quelle proiettate sulle tele mobili delle macchine in scena, moderne pale d’altare multimediali che rappresentano impietosamente la situazione odierna. Sarà l’androide Erica a dover guardare ogni tableau vivant senza poter nulla, come un Alex DeLarge di un’epoca postmoderna, costretto a dover processare le informazioni prima di poter prendere vita.
Assisterà allora all’inesorabile solitudine di un influencer, obbligato a scatti innaturali e a fare ciò che piace agli altri ma non ciò che piace a lui, pur di strappare un misero “like”; all’umiliazione di una moglie, che ha solo il compito di lavare, cucinare e stirare, sempre forzata a subire senza poter mai reagire; all’amara realtà di un transgender, che dietro lo schermo del cellulare e nell’oscurità della notte può essere donna, ma alla luce del giorno non si può nascondere dalle sue sembianze di uomo.
La situazione precipiterà quando l’androide inizierà a vivere nel mondo distopico che lo attende, in cui coppie sposate hanno la possibilità di scegliere il loro figlio come se fosse un oggetto del supermercato e l’intelligenza artificiale ha preso il sopravvento sull’uomo, che è diventato macchina. Un mondo dove l’umanità è alla mercé dei robot, un mondo dove di umano è rimasto ben poco.
La compagnia Ondadurto Teatro travolge il pubblico con la sua scenografia composta da torri in movimento, che si spezzano, si uniscono e ruotano, svelando la mutevole realtà in cui viviamo. Un’ideale castello in via distruzione dove hanno luogo le diverse scene, che colpiscono per il modo in cui sono rappresentate e per i numerosi costumi usati, ciascuno dei quali curato e originale.
Non funzionano altrettanto bene alcuni momenti della rappresentazione, nello specifico il frangente in cui viene rappresentato il reduce di guerra, per la mancanza di carica emotiva, e il passaggio dal presente al futuro, con la donna lacerata dall’amore perduto che dovrebbe fare da tramite, ma mal s’innesta nel flusso narrativo. Intense invece sono le interpretazioni dei protagonisti, che si lanciano in voli leggiadri e sinuosi movimenti, insieme agli elementi della scenografia.
Nella danza macabra messa in scena non viene risparmiato nessun attore della nostra società, persino il Papa viene rappresentato mentre si diverte insieme agli altri potenti a giocare sulla sorte dei popoli, come fosse un videogame. D’altronde, parafrasando Bauman, non siamo altro che fiches di un tavolo da gioco, pronte ad essere sacrificate per il puro diletto della società.
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