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Accabadora, uno spettacolo tratto da uno dei più bei romanzi di Michela Murgia


  • Dove: Piccolo Eliseo

  • Quando: dal 14 al 24 novembre

  • Orari: Da martedì a sabato ore 20.00, Domenica ore 17.00

  • Costo biglietti: 20 euro


Tratto da uno dei più bei romanzi di Michela Murgia nonché uno dei libri più letti in Italia negli ultimi anni (vincitore Premio Campiello 2010), Accabadora è lo spettacolo di Veronica Cruciani interpretato da Anna Della Rosa. Il testo teatrale è stato scritto da Carlotta Corradi in forma di monologo, partendo dal punto di vista di Maria, la figlia di Bonaria Urrai l’accabadora di Soreni.

 

Michela Murgia racconta una storia ambientata in un paesino immaginario della Sardegna, dove Maria, all'età di sei anni, viene data a fill’e anima a Bonaria Urrai, una sarta che vive sola e che all'occasione fa l'accabadora. La parola, di tradizione sarda, prende la radice dallo spagnolo acabar che significa finire, uccidere; Bonaria Urrai aiuta le persone in fin di vita a morire. Maria cresce nell'ammirazione di questa nuova madre, più colta e più attenta della precedente, fino al giorno in cui scopre la sua vera natura. È allora che fugge nel continente per cambiare vita e dimenticare il passato, ma pochi anni dopo torna sul letto di morte della Tzia. L’accudimento finale è uno dei doveri dell’essere figlia d’anima, una forma di adozione concordata tra il genitore naturale e il genitore adottivo.

La drammaturgia di Carlotta Corradi parte proprio dal ritorno di Maria sul letto di morte di Tzia Bonaria. C’è un tempo di separazione profonda tra le due donne che pesa in questo incontro. La verità, la rabbia che la ragazza ancora prova per il tradimento subito dalla Tzia viene a galla prepotentemente, nonostante gli sforzi che Maria compie per galleggiare tra i migliori ricordi dell’infanzia accanto alla lunga gonna nera della Tzia.

Michela Murgia, che per la prima volta ha deciso di appoggiare e accompagnare la nascita di uno spettacolo nato dal suo romanzo, spiega: Carlotta Corradi ha fatto un lavoro di tessitura, utilizzando tutte parole mie, ma in un modo in cui io non le ho usate. C’è un’originalità anche autoriale in questo testo. Chiamarlo ‘riduzione’ non va bene: è un ampliamento. Una visione che io non ho assunto perché la mia attenzione era sulla vecchia, non sulla bambina. È un pezzo di Maria che mancava, sono felice che siano state altre donne a vederlo. Probabilmente dieci anni fa, quando ho scritto il romanzo, non ero in grado di vedere la Maria adulta. Ora è un piacere leggerla nelle parole, negli occhi, nel gesto artistico di altre professioniste. Pur non avendo scritto una parola, potrei controfirmarla, la sento molto mia, molto somigliante all'intenzione letteraria che c’era nel romanzo.