Il nuovo ciclo di conferenze di Giuseppe Di Giacomo propone una riflessione che, muovendosi fra tradizione e modernità, mira a evidenziare alcuni tra i più significativi snodi estetico-filosofici della grande arte occidentale: dal tema dell’icona, intesa come paradigma di ogni possibile immagine artistica, alla questione del rapporto che lega non soltanto visibile e invisibile, ovvero immanenza e trascendenza, ma anche arte e vita, vale a dire arte e realtà. In questa prospettiva, verrà tracciato un itinerario nel quale a essere messa a fuoco – nelle sue molteplici connessioni con la filosofia, la letteratura e il mondo della cultura in generale – è l’intera storia dell’arte occidentale: da alcuni tra i grandi maestri del Rinascimento (Tintoretto, Tiziano e Veronese) fino alla produzione di autori moderno-contemporanei riconducibili alla linea dell’Arte informale e materica, passando attraverso l’Astrattismo della prima metà del Novecento e l’Espressionismo astratto americano.
1) Martedì 6 marzo ore 17.00
Arte e verità dall’icona all’immagine
L’icona greco-russa si presenta come un’immagine strutturalmente “inquieta”: si tratta di un’immagine sempre oscillante tra eternità e tempo, tra immanenza e trascendenza, tra finito e infinito. In questo senso, il tratto distintivo dell’icona è proprio la sua capacità di rivelare e, insieme, di nascondere la trascendenza dell’Assoluto. Abbiamo a che fare, infatti, con un’immagine che presenta, sì, la trascendenza dell’invisibile, ma solo come assenza, come vuoto. Proprio in quanto “presenza di un’assenza”, allora, l’icona può essere letta come il paradigma stesso della “grande arte”, come il paradigma cioè di ogni possibile immagine: non a caso, ogni immagine autenticamente artistica si qualifica sempre per la sua capacità di far emergere, sia pure solo negativamente, quell’altro del visibile che coincide appunto con la dimensione dell’invisibile.
2) Martedì 20 marzo ore 17.00
Tintoretto
L’arte di Tintoretto esalta l’immanenza, la pesantezza, il corpo, in una violenza e in una drammaticità che lasciano sullo sfondo la possibilità stessa di una redenzione e di un senso finale. Si tratta, infatti, di un’arte che consapevolmente entra nello spazio del mondo, per fare emergere la realtà materiale dei rapporti fisici tra gli uomini e le cose. Restituendo dunque carne e sangue alla realtà, l’arte di Tintoretto si apre alla contingenza della vita: ciò che in essa viene a rappresentazione è la pesantezza di una materia che non si lascia mai riscattare dall’ordine, dall’equilibrio e dall’unità di una forma compiuta, capace di vincere il tempo. In quest’arte, tutto è movimento, inquietudine, instabilità: è l’immanenza stessa della materia a farsi manifestazione di un invisibile, e quindi di una trascendenza, che si lascia pensare solo come profondità nascosta del visibile.
3) Martedì 17 aprile ore 17.00
Tiziano e Veronese
Se l’arte di Tintoretto punta alla valorizzazione dell’immanenza (la pesantezza della materia, la sensualità del corpo, l’inquietudine del movimento), l’arte di Tiziano e di Veronese è invece caratterizzata dalla tendenza a trasfigurare l’opacità della materia nella trasparenza, nell’equilibrio e nella perfetta compiutezza della forma. Quello espresso esemplarmente dalla loro arte, infatti, è un movimento che procede dal basso verso l’alto, dal più pesante al più leggero, dal corpo allo spirito, dalle tenebre alla luce, dal disordine all’ordine. In questo senso, contro l’inquietudine e l’instabilità che caratterizzano l’immanenza, l’arte di Tiziano e Veronese è un’arte che punta piuttosto alla trascendenza. Ciò che nelle loro opere viene a rappresentazione, infatti, è la quiete, l’immobilità e l’armonia di un ordine capace di vincere il tempo, capace cioè di redimere quella finitezza e quella contingenza che caratterizzano la vita dell’uomo.
4) Martedì 24 aprile ore 17.00
Astrattismo europeo ed Espressionismo astratto americano
Quella espressa dalla grande arte astratta – che si sviluppa in Europa, nella prima metà del Novecento, con autori come Malevič, Mondrian e Kandinsky – è un’arte che si nutre di spiritualità, e dunque di trascendenza, senza però negare l’importanza fondamentale assegnata agli elementi sensibili dell’opera, vale a dire alla dimensione fisico-materiale dell’immanenza. Del resto, se l’arte astratta è in grado di portare a manifestazione la trascendenza, ovvero l’altro del visibile, è proprio per la sua capacità di farla emergere nell’immanenza stessa del visibile, con la consapevolezza che l’invisibile non può che sottrarsi a ogni possibilità di rappresentazione. E’ quanto ritroviamo nell’Espressionismo astratto americano, nel quale la dimensione della trascendenza viene declinata in modi diversi: in Jackson Pollock come esigenza metafisica che si può cogliere nella stessa energia gestuale, in Barnett Newman come dimensione del “sublime”, in Mark Rothko come mistero dell’assoluto.
5) Martedì 8 maggio ore 17.00
Immanenza e trascendenza nell’arte informale e nell’arte materica
Nel rinunciare a quella forma figurativa che, nell’arte tradizionale, è sempre stata caratterizzata dal primato della verticalità, quella produzione artistica del Novecento definita “Informale” propone una forma che appare non soltanto deformata e sfigurata, ma anche dominata dalla dimensione dell’orizzontalità. Proprio per questo, si tratta di un’arte che tende alla radicalizzazione dell’immanenza, come in particolare mostra la valorizzazione della dimensione materica. E tuttavia, proprio nel radicalizzare l’immanenza della materia, questo tipo di arte è in grado di far emergere, in modi diversi, qualcosa che eccede l’immanenza stessa. E’ quanto mostrano esemplarmente artisti, peraltro tra loro assai differenti, come Jean Dubuffet, Jean Fautrier, Alberto Burri, Emilio Vedova, Antoni Tàpies e Anselm Kiefer.
6) Martedì 22 maggio ore 17.00
L’arte contemporanea tra figurazione e sfigurazione
L’arte di Picasso e quella di Matisse si presentano come l’espressione paradigmatica di due tendenze che, in modi diversi, attraversano tutta l’arte del Novecento: da un lato la tendenza all’immanenza e, dall’altro lato, quella alla trascendenza. Ritroviamo la tensione tra immanenza e trascendenza nell’opera di Paul Klee e in quella di Francis Bacon e Alberto Giacometti, per i quali l’arte mira a rappresentare non già l’apparenza del visibile bensì l’essenza non-visibile della realtà: di qui, la tendenza a sfigurare la figura, con l’obiettivo di far emergere l’essenza non-visibile dell’esistenza. Se, in questi artisti la dimensione figurativa dell’opera, nel suo aprire a qualcosa che eccede il visibile, non si risolve mai in una riproduzione naturalistica dell’esistente, nel caso invece di artisti come Damien Hirst e Jeff Koons, quello che prevale è una figuratività che tende a chiudersi nella sua assoluta autoreferenzialità.