Dove: Teatro Argentina
Quando: dal 21 novembre al primo dicembre
Orari: ore 21.00 _ mercoledì 20 e 27 novembre ore 19.00 _ domenica ore 18.00
Costo biglietti: intero 20,00 € _ ridotto 14,00 €
Dal 21 novembre all’1 dicembre al Teatro Argentina va in scena SATYRICON di Francesco Piccolo, ispirato a Petronio, per la regia di Andrea de Rosa, una coproduzione Teatro Stabile Napoli, Teatro di Roma e Napoli Teatro Festival Italia.
Nel 66 d.C. moriva Petronio, elegantiae arbiter – maestro di eleganza – costretto al suicidio per ordine di Nerone a causa del suo coinvolgimento, in verità messo in dubbio dagli storici, in una congiura contro l’imperatore. A lui si attribuisce il Satyricon, unicum nella storia letteraria romana, pervenutoci in forma frammentaria, primo sconcertante esempio di quello che sarebbe diventato il romanzo moderno in anticipo di quasi duemila anni. Ora, Andrea De Rosa, tra i registi più sofisticati e comunicativi, autore di spettacoli che non si sottraggono al confronto con i classici, dirige questa riscrittura del testo di Petronio a firma di Francesco Piccolo, voce di grande efficacia e sensibilità contemporanea, da sempre impegnato a restituire la temperatura più vibrante del nostro presente. A partire da una rilettura dell’opera in chiave contemporanea, il lavoro sinergico di penna e di regia costruisce un affondo spietato sulla mondanità decadente del nostro oggi, avvalendosi dello studio e dell’uso dei tic linguistici del nostro tempo per istituire un parallelismo concettuale fra l’opulenza disperata, la corruzione, il mecenatismo della Roma primo secolo d.C. e quella del ventunesimo secolo.
«Abbiamo un po’ tutti la sensazione di stare vivendo un periodo di impasse, di decadenza e di transizione verso qualcosa di sconosciuto. Da quando sono crollate le ideologie e le utopie che hanno segnato e insanguinato il Novecento sembra essere venuta meno la direzione storica da seguire e, non essendo chiara la méta, sembra non ci sia altra strada che girare a vuoto. Per questo ho chiesto a Francesco Piccolo di scrivere un testo che, ispirandosi al Satyricon di Petronio - che della decadenza dell’impero romano fece un ritratto memorabile - tentasse di raccontare la nostra decadenza, cercando di coglierne la peculiarità – racconta il regista Andrea De Rosa – Con una felicissima intuizione Francesco ha individuato nell’impoverimento linguistico il tratto che sta segnando la nostra epoca e lo ha fatto diventare materiale drammaturgico. È sotto gli occhi di tutti che siamo ormai intrappolati dentro un linguaggio che, quanto più viene ripetuto, tanto più si svuota di significato. I luoghi comuni ci rassicurano, ci anestetizzano, ma nello stesso tempo ci allontanano dai fatti, dalle questioni, dalle persone. “Le parole” sosteneva Heidegger “non sono strumenti per esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare” e se le parole si ripetono senza senso, allora anche il pensiero resta fermo, gira a vuoto. Ma le parole che abbiamo a disposizione sono il frutto dell’epoca che viviamo, non viceversa, la cultura dei singoli individui può fare ben poco se all’orizzonte non c’è un linguaggio comune che permetta di immaginare nuove forme, nuovi pensieri, nuove energie che rimettano in gioco il cammino di ciascuno. I tempi sono poveri e gli individui ne sono vittime, travolti e impoveriti da una valanga che sembra inarrestabile. Siamo smarriti. Cercare di raccontare, attraverso il senso del ridicolo, la pena, il dolore, ma anche la tenerezza e il profondo senso di umanità che si nasconde dietro questo smarrimento è la sfida che mi pongo con questo spettacolo».
Una rilettura ambientata ai giorni nostri che marca il senso di smarrimento e di vuoto come cifre importanti del presente, attingendo alla macchina geniale e inarrestabile dell’opera di Petronio: una miscela di sorprendenti brandelli narrativi, fra feste, cene – celeberrima quella scintillante, ridicola e pretenziosa di Trimalcione – sesso, strani rituali, truffe, risse, naufragi e perfino licantropi. Lo spettacolo rimane fedele all’opera originale per quanto riguarda la scelta del tono, tarato sul linguaggio della comicità che il regista utilizza per una narrazione metafora dei salotti moderni, tanto televisivi quanto privati, in cui l’impoverimento cronico del pensiero produce conversazioni vane e presto dimenticate. Un viaggio fra due epoche per parlare della crisi di un impero, si, ma quello del nostro tempo.