Quando 19 febbraio 2019, ore 19.00
Apertura al pubblico: 20 febbraio – 30 aprile 2019Costo biglietto: gratuito
Torna Skin Taste, il progetto a cura di Adriana Rispoli, giunto alla quinta edizione, che dal 2013 dona alla facciata di oltre 250 metri quadrati del Porto Fluviale di Roma un volto nuovo, assegnando ogni anno a un artista il compito di creare una grande opera site-specific in carta da manifesto, che coinvolga il pubblico in transito davanti all’edificio con un messaggio artistico e non pubblicitario.
Skin Taste ha come finalità la riqualificazione estetica dell’area metropolitana e la volontà di fondare un nuovo incubatore di creatività, con la missione specifica di generare una sinergia tra mondi non poi così distanti come l’arte e l’enogastronomia.
Il Porto Fluviale, attualmente ristorante ma anche salotto e luogo di incontro, occupa gli spazi di un capannone degli anni Cinquanta, adibito nel corso degli anni a opificio, magazzino e deposito, tra Trastevere, Piramide e Testaccio, zona oggetto di un intenso fenomeno di rigenerazione urbana nell’ultima decade.
Dopo Mariangela Levita, Flavio Favelli, Giuseppe Stampone, Igor Grubic|Raffaela Mariniello, quest’anno l’interpretazione della “pelle” dell’ex opificio è stata affidata all’artista romano Danilo Bucchi, noto per la maestria dei suoi interventi urbani di grandi dimensioni, con l’opera Paesaggio Sospettato.
Con un segno pittorico a primo sguardo astratto ma denso di narrazioni silenziose, Bucchi in Paesaggio Sospettato ci introduce in una dimensione “altra”, in cui una figurazione appena accennata parla direttamente all’inconscio dello spettatore. Come in uno screen playsurrealistico, i sei pannelli - indipendenti e sciolti da una lettura spazio-temporale - sembrano restituire un intimo flusso di coscienza. In un’alternanza di piani, ominidi iconici del linguaggio dell’artista, assimilabili alla tradizione novecentesca dell’automatismo psichico, abitano un “paesaggio” intervallato da violenti tocchi di rosso e puntellati da accenni alla vita domestica. Apparentemente ludico ma a tratti inquietante, il lavoro di Danilo Bucchi è insieme onirico e realistico concedendo allo spettatore il potere dell’interpretazione e magari dell’immedesimazione.
Come scrive Achille Bonito Oliva, Bucchi non vola svincolato nella verità della materia, egli non vuole trasformare l’arte in una pratica che cancella la gravità fisica del mondo… vuole potenziarlo mediante la fondazione di un metodo reale, figurabile, capace di estrarre un segno, formalizzando e circoscrivendo nel recinto di una forma necessaria l’oscuro peso del colore.
Danilo Bucchi (Roma, 1978) compie i suoi studi a Roma, dove frequenta l’Accademia di Belle Arti concentrandosi sulle tecniche del disegno, della pittura e della fotografia. L’artista dimostra fin dagli esordi una severa determinazione nel radicare il suo linguaggio in un universo di segni che rimanda alla tradizione dell’astrazione europea delle prime avanguardie, con l’ausilio di tecniche e supporti fortemente tecnologici.