Dove: Teatro India
Quando: dal 19 al 31 marzo
Orari spettacolo: tutte le sere ore 21 ; domenica ore 18
Costo biglietti: da 16 a 20€
Un progetto Bluemotion per una produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale con 369gradi e in collaborazione con Angelo Mai, accolto da un grande successo di pubblico e di critica al suo debutto nella passata Stagione, raccogliendo anche due candidature ai Premi Ubu 2018. Lo spettacolo ripercorre il viaggio di una famiglia inglese nelle proprie ossessioni sui temi delle identità e delle libertà sessuali, che catapulta il pubblico nell’Africa coloniale di fine Ottocento, per poi spostarsi nella Londra swinging della rivoluzione sessuale in piena ribellione punk anni Settanta, lungo una traversata temporale di soli venticinque anni. SETTIMO CIELO è un sasso lanciato a quelle certezze sull’emancipazione moderna apparentemente acquisite, è una risata beffarda che sfida con la sua visione critica le logiche della società capitalistica. Argomento della pièce sono le politiche del sesso ad uso e consumo del potere, e i loro retaggi nella nostra vita quotidiana. Attraverso un intreccio esilarante, diviso in due atti apparentemente lontani e inconciliabili ma in realtà speculari e complementari, venticinque anni di storia ci raccontano come la strada di una rivoluzione sessuale reale e di una concreta emancipazione degli individui sia ancora lunga davanti a noi. Il testo, con la sua patina di satira glaciale e di feroce humour inglese, si rifà ad un’estetica rock impastata di desideri e conflitti, in cui i luoghi comuni non sono mai separati dai loro relativi rovesciamenti. Sul palcoscenico i sette protagonisti danno vita ad uno spettacolo fluido, nitido e empatico, accattivante proprio nella sua essenzialità. In scena una famiglia e il suo entourage: parenti, amici, conoscenti e amanti. Il primo atto si struttura su un girotondo di adulteri commessi (o soltanto fantasticati), su un intreccio di passioni che, con la forza di un artificio esibito e smascherato, mette a nudo l’ideologia patriarcale e imperiale che anima i protagonisti. L’ironia è il pernio di un meccanismo teatrale che ridicolizza l’ipocrisia della censura ai riferimenti sessuali all’interno della letteratura vittoriana, censura che sortiva infine l’effetto opposto: quello di riempirli di un marcato sottotesto erotico. Ma sono i corpi degli attori, maschili e femminili, a dare la chiave di lettura ultima di uno spettacolo che smentisce il carattere trasgressivo dell’omosessualità facendo interpretare i personaggi da attori di sesso diverso, con il risultato di problematizzare i rapporti eterosessuali, affidati al contrario ad interpreti dello stesso sesso. La cifra del secondo atto è indubbiamente, invece, il cambiamento. Un’interrogazione e sperimentazione che coinvolge i soggetti socialmente repressi nel primo atto, ovvero le donne e gli omosessuali. I tempi sono cambiati e le concezioni di femminilità e mascolinità con essi, orientamenti sessuali “devianti dalla norma” diventano legittimi e si dichiarano pubblicamente, e i nostri protagonisti si muovono incerti, pronti a reinventarsi nelle relazioni. Più consapevoli ma ancora condizionati dai ruoli, le inclinazioni e i comportamenti del “sesso biologico”, del colore della pelle, della loro cultura, si trovano a riproporre nel processo educativo quelle modalità impositive subite in gioventù, con cui si trovano dunque, ancora una volta, a fare i conti.