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La Gaia Scienza - La rivolta degli oggetti


Corsetti, Vanzi, Solari_Foto © Musacchio, Ianniello & Pasqualini (3).jpg
  • Dove: Teatro India

    Quando: dal 17 ottobre al 3 novembre

  • Orari: tutte le sere ore 21 _ domenica ore 17 _ 2 novembre ore 19

  • Ingresso: intero 20 euro – 18 euro ridotto


A quarantatré anni di distanza dalla sua apparizione sul palco del leggendario Beat 72, La rivolta degli oggetti torna a rivivere nel corpo-segno di tre giovani performer guidati dagli interpreti originali di quello storico e rivoluzionario spettacolo, i fondatori de La Gaia ScienzaGiorgio Barberio CorsettiMarco Solari e Alessandra Vanzi si riuniscono per passare il testimone ai tre giovani attori, Carolina ElleroDario CaccuriAntonio Santalena, riportando sul palcoscenico un riallestimento che è un incontro nel tempo fra epoche, corpi ed esperienze completamente differenti.

 

Lo spettacolo, frutto della collaborazione fra Teatro di Roma e Fondazione Romaeuropa, debutterà al Teatro India dal 17 ottobre al 3 novembre, nell’ambito del Romaeuropa Festival. Una produzione Fattore K. 2019 in coproduzione con Teatro di Roma – Teatro NazionaleRomaeuropa Festival e Emilia Romagna Teatro Fondazione.

 

Nato nel clima di estrema libertà artistica della controcultura romana degli anni Settanta, l’evento – un’ora esatta di poesia, distillata tra rivoluzione sociale ed estetica, tra avanguardie storiche e arte contemporanea – si presenta al pubblico di oggi mosso dalla volontà di restituire agli spettatori proprio quello spazio utopico di creatività e circolazione del pensiero che ne aveva favorito la creazione. Specchi, sedie sospese, funi, un cappotto, un violino scordato: sono gli oggetti che si oppongono ai corpi dei performer, acrobati in esplorazione dell’universo poetico di Majakovskij – il titolo stesso è quello di un suo poema del 1913 – che si rotolano, si lanciano, si dondolano come smarriti, amplificando i versi dell’autore russo nella risonanza di una miriade di frammenti. Lo spettacolo del 1976 trovava la sua essenza in un lavoro sul corpo basato sulla gestualità, sulla parola, sullo slancio e sull’energia in una sintesi tra teatrodanza e arte visiva che fu la chiave dell’impatto emotivo sul pubblico e sulla critica, la quale non mancò di rimarcare la leggerezza con cui tutti gli elementi venivano amalgamati assieme per essere poi condivisi con lo spettatore.

 

Il metodo alla base del lavoro partiva infatti da una sostanziale rottura con la tradizionale divisione dei ruoli: tutto nasceva dal cortocircuito di diverse individualità artistiche che in quel momento, incontrandosi, generavano qualcos’altro, e davano vita ad un universo complesso e in costante trasformazione. Nel 2019 questo cortocircuito è rinnovato dalla presenza dei tre giovani performer, alle cui sensibilità è affidata la creazione – ogni sera differente – su base della “partitura” dello spettacolo originario, per associazioni e dissociazioni, sguardi e movimenti. I tre performer, in dialogo con lo spazio e con il proprio tempo, incarnano così attraverso i loro corpi lo straniamento e le tensioni di un presente diviso fra la mercificazione imperante e la libertà sterminata di internet e dei media. Il risultato è uno spettacolo che, come in un gioco di scatole cinesi, concentra l’esperienza artistica di tre epoche storiche lontane fra loro – l’avanguardia rivoluzionaria russa, le cantine romane, il mondo come lo vediamo oggi – per aprire di nuovo il teatro allo stupore e alle possibilità dell’incontro, tanto fisico quanto metaforico.

 

«Ragioniamo di nuovo insieme dopo trentacinque anni di strade e percorsi separati, su quel lavoro che per ognuno di noi ha costituito un punto di partenza importante, fondante. – raccontano insieme Giorgio Barberio CorsettiMarco Solari e Alessandra Vanzi – Se una ricostruzione filologica è impensabile, perché equivarrebbe a rifare ciò che non veniva replicato, riprodotto di sera in sera, ma di sera in sera prodotto nuovamente, quello a cui ci accingiamo è creare le condizioni per trasmettere un’esperienza, reinventando il gioco scenico, utilizzando alcuni materiali originari (le parole di Majakovskij, l’idea di sospensione, i rimandi di frammenti di spazio tramite specchi rotti, qualche oggetto, qualche taglio di luce, qualche brano registrato), consegnando a giovani attori e danzatori gli oggetti da rivoltare, che sono appunto quei materiali – ed eventuali altri – ma anche concetti, pensieri, stimoli che erano tutto il non-detto dello spettacolo, la sua sostanza immateriale. Tutto ciò presuppone un aspetto laboratoriale, che non è solo un periodo di prove, ma uno spazio-tempo di elaborazione di un linguaggio. Un passaggio di testimone, nel quale anche noi tre saremo presenti, interagendo in sovrapposizione o in contrappunto, in dialogo quindi con le nuove sensibilità».