Dove: Teatro Argentina
Quando: dal 21 maggio al 2 giugno
Orari spettacolo: martedì e venerdì ore 21 _ mercoledì e sabato ore 19 _ giovedì e domenica ore 17
Costo biglietti: da 40€ a 13 €
Uno spettacolo che è stato salutato con straordinario entusiasmo in Italia e all’estero – con tappa a Parigi al Théâtre de l’Athénée, intitolato a Louis Jouvet – e che indaga con classe e maestria i meccanismi che regolano l’affascinante mestiere dell’attore e i segreti della formazione scenica attraverso una vitale prova di trasmissione di sapere fra generazioni.
ELVIRA prende le mosse dalle sette lezioni che il grande attore francese Louis Jouvet tenne al Conservatoire National d’Art Dramatique di Parigi durante i mesi dell’occupazione nazista, stenografate da Charlotte Delbo (sua assistente d’origine italiana e di famiglia operaia comunista, poi deportata e sopravvissuta ad Auschwitz). Quelle lezioni divennero nel 1986 uno spettacolo di grande successo in Francia, Elvire Jouvet 40 di Brigitte Jaques-Wajeman, con protagonisti Philippe Clévenot e Maria De Medeiros. Nel testo l’allieva di Jouvet viene chiamata Claudia, nella realtà invece il suo nome era Paula Dehelly (attrice e doppiatrice morta nel 2008 a 91 anni), a cui negli anni della guerra fu interdetto di recitare perché ebrea. Sul palcoscenico di un teatro chiuso, il maestro lavora appassionatamente con i suoi allievi su un classico del teatro, il Don Giovanni di Molière, in cerca della verità della rappresentazione. Si esercitano sulla seconda scena di Elvira, in cui l’infelice innamorata del grande seduttore lo implora di pentirsi, perché solo così avrà salva l’anima. Tentativo dopo tentativo si addentrano nel mondo misterioso della recitazione, accompagnandoci nei meccanismi affascinanti delle prove, fino a giungere all’istante in cui l’attore intuisce di essere arrivato al cuore del suo personaggio, di averlo intimamente compreso, e di poterlo infine restituire con autenticità. In un gioco di rimandi metateatrali Toni Servillo e Petra Valentini, rispettivamente nei ruoli di Jouvet e di Claudia, danno una prova brillante del significato profondo del mestiere dell’attore nell’avventura della creazione teatrale. Soltanto così, nel contesto tragico di un paese in guerra, il teatro torna ad essere quel messaggio di speranza e di resistenza dell’umanità che si oppone all’orrore incombente della realtà. «Elvira – racconta Servillo – porta il pubblico all’interno di un teatro chiuso, quasi a spiare tra platea e proscenio, con un maestro e un’allieva impegnati nel particolare momento di una vera e propria fenomenologia della creazione del personaggio. Trovo il complesso delle riflessioni di Jouvet particolarmente valido oggi per significare soprattutto ai giovani la nobiltà del mestiere di recitare, che rischia di essere svilito in questi tempi confusi. Dopo anni in cui le sue riflessioni sul teatro e sul lavoro di attore mi hanno fatto compagnia nell’affrontare repertori diversi, da Molière a Marivaux, da Eduardo a Goldoni mi è parso necessario che arrivasse il momento di un incontro diretto. […] La poesia di questo grande uomo consiste nel sottolineare l’eterno motivo legato al teatro: il luogo in cui ci si perde per ritrovarsi».