"Con questa faccia da straniero..."
"Straniero" viene da "estraneo", uno che viene da fuori ma, a voler scomodare il Poliziano (di varie forme e stranier portamenti), straniero può anche significare "strano". È qualcuno che ci sorprende, ci confonde, in qualche modo ci preoccupa anche se molti ne hanno in ogni tempo esaltato la fisionomia di portatore di esperienze e linguaggi diversi. Da Camus a Gauguin, a Flaiano con il suo delizioso extraterrestre seduto pigramente in un caffè di Via Veneto. Fino, per mettercela proprio tutta, a Georges Moustaki che con la sua bella voce ha regalato il titolo a questo pezzo.
Ma quando lo straniero abbandona le pagine di un romanzo, la cornice di un quadro o il testo di una canzone e pretende di essere una persona normale in carne e ossa, di sedersi accanto a te, guardarti fisso negli occhi, magari metterti una mano sul braccio e parlarti di cose che non hai alcuna voglia di sentire, allora la faccenda si complica.
Uno straniero, c'è innanzi tutto da chiarire, non è sempre uguale e se stesso. È una specie di mutante. Al di là del confine è il normale abitante del luogo e lo straniero ‒ quello strano ‒ sei tu. Fa un passo, attraversa il confine e zac! Le parti si invertono e diventa lui quello strano. Se nell'outback australiano incontri un aborigeno che va spedito lungo la Via dei Canti, lo guardi incuriosito, ti scansi per lasciarlo passare e magari gli elargisci un bel sorriso. Non fa niente se ha i capelli incolti, è mezzo nudo e ti guarda come se tu non esistessi. Anzi, è così che ti aspettavi di vederlo e saresti rimasto molto deluso e avresti pensato di avere sprecato i soldi del biglietto per l'Australia se gli avessi visto calzare delle Clarks e se ti avesse cordialmente salutato "hello guy, have a good stay in my country!".
Non è la stessa cosa se il medesimo aborigeno lo incontri non più sulla Via dei Canti ma a Roma lungo la Via del Corso; mentre, sempre mezzo nudo, va spedito da Piazza Venezia a Piazza del Popolo. Ora è lui lo straniero ‒ quello strano ‒ e per essere bene accolto da te deve fare quello che hai fatto tu quando, da straniero, lo hai incontrato lungo la Via dei Canti. Come te, deve vestirsi da turista e avere anche lui la borsa piena, come l'avevi tu nell'outback. Altrimenti è soltanto un intruso.
La borsa piena di che? Preferibilmente di soldi che in un modo o nell'altro tu speri finiscano anche nelle tue tasche, ma non necessariamente di soldi. Va bene ogni cosa che abbia comunque un valore, che riesca a suscitare in te stupore, ammirazione, orgoglio. Lo straniero, se vuole sfuggire al suo destino di intruso, si deve vestire da turista, da illustre ospite o in qualsiasi altro modo che tenga lontana la tua paura che sia venuto a depredarti.
Chi non avesse riconosciuto Barak Obama in giro per Roma in jeans e maglietta senza il suo bagaglio di padrone del mondo, forse avrebbe pensato "ecco lì un altro extracomunitario!". Lo stesso avrebbe detto se Bob Marley, ai suoi tempi, non avesse portato con sé la dolcezza della sua musica. E così via. Per dirla semplice, è normale che a casa sua l'aborigeno parli e vesta come meglio gli aggrada, anzi è molto gradito se si veste e si comporta alla sua maniera, un arco e delle frecce sarebbero il massimo, ma non si può avere sempre tutto. Ma se lo stesso aborigeno viene da te e "occupa" il tuo spazio, la tua Via del Corso, qualcosa in cambio deve pur dartela allo stesso modo in cui tu, andandolo a trovare ai bordi della sua Via dei Canti, gli hai portato ‒ non a lui, ma questi sono dettagli ‒ un po' dei tuoi soldi. Obama, facendoti annusare il suo enorme prestigio, o Bob Marley ricordandoti il fascino della sua musica, non si sarebbero fatti dire dietro che erano venuti da te a sbafo.
Do ut des. "Non puoi venire qui e goderti le meraviglie create nei secoli dai miei antenati ‒ stiamo parlando del Colosseo e della Cappella Sistina, non stiamo scherzando ‒ senza dare niente in cambio". È quando viene a mani vuote ‒ o, peggio, viene per riempirsele ‒ che lo straniero non riesce a divenire un visitatore e resta un occupante.
Eppure non è stato sempre così. Pensiamo a Ulisse, straniero nullatenente a tutti gli effetti. Ogni volta che approdava in paesi non suoi, non diceva neanche chi in effetti egli fosse, eppure belle ninfe e regine e chissà quante altre che Omero non ci ha detto, lo accoglievano fin dentro i loro letti e concedevano alla sua ciurma di gozzovigliare allegramente.
Ma non è questa la regola. La regola è che di fronte allo straniero "nudo e crudo" ci si confonda, ci si ritragga, ci si rinchiuda. Non scomodiamo il vecchio Marx, ma anche con gli stranieri, stringi stringi, è una questione di interesse, tutto il resto (il colore della pelle, la provenienza, la religione, il linguaggio) è soltanto sovrastruttura. Quello che conta è vedere cosa lui porta nel suo bagaglio, carte di credito o collanine e borse contraffatte. In definitiva, si torna sempre alla "roba".
La "roba" è in realtà un concetto molto ampio, a volte evanescente. Immagina Obama venuto per una cena a casa tua. Anche se non ha portato i pasticcini o una bottiglia di vino, pensa che effetto sui tuoi amici commercialisti, agenti immobiliari e assicuratori! Nel suo piccolo, anche un aborigeno nudo e crudo, se ben presentato come nota di colore, potrebbe farti fare la tua figura in occasione di quella cena trasformandosi da "intruso" in "attrazione", ma per ottenere questo risultato è necessario che si adegui, che si dia da fare, insomma contribuisca attivamente al successo della tua serata. Insomma, come fa anche Obama, deve darti qualcosa.
Di uno straniero in veste di "occupante" noti invece una serie di particolari che nel "visitatore" passano inosservati, un viso un po' strano, un certo modo di vestirsi, a volte un'aria smarrita. Figuriamoci se vedi che per pregare si inginocchia come te ma poi, per strani motivi, si piega più volte in avanti toccando la terra con il capo. O se rifiuta la tua gentile offerta di un gustoso piatto di lenticchie con stinco di maiale.
"Infaatti! So' strani forte! So' pure cattivi, damme retta! So' zozzi. E poi, stanno sempre a chieede! So' trooppi! Hanno rootto!".
"Sì,va be', chiudiamola qui".