Intervista a Giuse Alemanno: senza amor non vale nulla
Giuse Alemanno da Manduria è forza inarrestabile sia nella vita che nella scrittura. La sua trilogia dei Sarmenta (Come belve feroci, Mattanza e Nero finale), edita dai favolosi torinesi di Las vegas, ha una potenza rara e la capacità di trasportare il lettore nel pieno dell'azione.
I cugini Sarmenta, Santo e Massimo, vi trascineranno nella loro cruenta sete di vendetta nei confronti di coloro che gli hanno sterminato la famiglia. Il lettore deve aver ben presente che sono due personaggi indimenticabili e così terribilmente umani da commuovere: Santo è la lucida follia, Massimo invece è la mattanza.
La lettura non è solo spiazzante come una fucilata che risveglia dal torpore, ma anche in grado di far amare un odio che non avete mai sperimentato: solo acciaio, cuore e lacrime. La mia abitudine nel fare un crossover musica/letteratura consiglia di ascoltare i tarantini Sud Disorder e la loro "Poison city iron front" Ora lascio la parola a Giuse.
L’A: La mia prima domanda è una richiesta di presentazione e relativa alla necessità che porta a scrivere.
Giuse Alemanno: Sono Giuse Alemanno, un modesto narratore di provincia. Scrivo per piacere, per necessità umana, perché le parole che scrivo mi rappresentano sempre, fino in fondo.
L’A: Potresti raccontare i retroscena che hanno condotto al contatto con Carlotta Borasio e Andrea Malabaila o comunque a Las Vegas in generale, come è avvenuto? Quali sono state le interazioni.
Giuse Alemanno: Andrea Malabaila, il 'boss' di Las Vegas Edizioni insieme a Carlotta Borasio, intuì le prerogative del mio modo di raccontare leggendo 'Terra Nera', pubblicato da Stampa Alternativa nel 2005. La pubblicazione della 'Trilogia dei Sarmenta' da parte della casa editrice torinese, è una diretta conseguenza dell'emozione che suscitò, anni prima, in Andrea la lettura di 'Terra Nera'. Già in quel romanzo c'erano asprezza e gelido umorismo, aspetti caratterizzanti della 'Trilogia'.
L’A: Passando a invece a un argomento doloroso , ma necessario, spieghiamo ai lettori de L'Amletico, che disastro immane è stata tutta la questione Ilva?* Alcune cose non possono essere taciute, soprattutto se a parlarne è una persona che le ha toccate da vicino. Io mi rendo conto che sia davvero una pagina vergognosa, ma a quanto pare anche le nuove generazioni leggono e quindi vale la pena raccontare, credo.
Giuse Alemanno: Ho lavorato venti anni in Ilva, maturando una convinzione: il vero bivio non è la scelta tra salute e lavoro, ambiti da ritenersi non in contrasto ma complementari all'esistenza, ma tra salute e il modello produttivo dell'Ilva di Taranto, modello pericoloso, censurabile e impraticabile.
L’A: C’é ancora qualcosa che vorresti aggiungere, anche solo per dare ai nostri lettori uno scorcio in più sull’autore che ha creato opere così d’impatto?
Giuse Alemanno: Mi piacerebbe vivere tra gente placida, gaudente e incline al sorriso. Arrivato a 61 anni, ogni oscurità mi annoia.
Piccola chiosa: Giuse è davvero un gentiluomo del Sud quindi, a fronte dei miei -tanti- problemi logistici, mi ha bonariamente concesso molto tempo extra per queste poche domande e gliene sarò sempre grata.
Se ne parla ancora!
Ah, any given sunday, la Gazzetta del Mezzogiorno pubblica i suoi geniali "Punti di vista".
*La scelta, è stata ardua, avrei voluto parlarne di più, ma ho ritenuto fosse più efficace un link che desse contezza delle vite coinvolte.