La Chiesa di Santa Sabina Sull’Aventino E La Pietra Del Diavolo
La pietra del diavolo ha un'incredibile storia legata alla Chiesa di Santa Sabina, poiché il santo Domenico di Guzman nel 1229 ricevette in donazione l'edificio ad uso monastico per il suo Ordine dei Predicatori e visse qui nella cella, oggi trasformata in cappella.
La Chiesa di Santa Sabina sorge sulla domus dell'omonima patrizia romana vissuta nel secondo secolo e decapitata per essersi convertita al cristianesimo. Eretta nel 425 da Pietro d'Illiria, al quale è intestata la piazza antistante l'edificio sull'Aventino, subì nel corso dei secoli modifiche strutturali, conservando soltanto fino ad oggi il duecentesco portico gettante sulla piazza e le ventiquattro colonne che delimitano la navata centrale, in marmo ancirano con capitello corinzio, provenienti dal vicino tempio di Giunone Regina.
Nel X secolo, sotto Alberico II la basilica fu un fortino e successivamente residenza delle famiglie nobili dei Crescenzi e dei Sabelli; sotto il papato di Sisto V, ad opera di Domenico Fontana, la chiesa fu impreziosita da un baldacchino e da un nuovo altare maggiore. Successivamente l'Ordine dei Domenicani commissionò prima il Borromini, nel 1643, poi Antonio Munoz nel 1938, per riportare la chiesa al suo aspetto medioevale. Nel 1874, la chiesa fu adibita a lazzaretto per assistere i malati di colera.
La leggenda della pietra del diavolo nasce da una fantasiosa storia che vede protagonista padre Domenico di Guzman alle prese con il diavolo. Si narra che questa venisse scagliata invano da Satana con l' intento di tentare il religioso mentre era assorto in preghiera all' interno della sua cella. Essa si può ancora oggi vedere e, in effetti attira l'attenzione di credenti e miscredenti di tutto il mondo. Nell'angolo sinistro dell'ingresso, sopra una piccola colonna marmorea tortile è posta la cosiddetta pietra del diavolo, quasi perfettamente ellittica.
Sulla pietra sono evidenti alcuni fori profondi, simili a quelli di una palla da bowling, interpretati come segno delle dita del diavolo. Qualcuno ci volle vedere invece, un danno procurato accidentalmente da Domenico Fontana, mentre restaurava la chiesa. La pietra del diavolo è in realtà una “lapis equipondus”, cioè una pietra da contrappeso realizzato in serpentina e impiegato in epoca romana per misurare il peso sulla bilancia.
A Roma esistono altri esemplari di “lapis equipondus”, di cui tre nella chiesa di Santa Maria in Trastevere e uno nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura, del quale è evidente che i fori superiori, non sono stati causati né dalle dita del diavolo, né da Domenico Fontana, ma contenevano un maniglione per facilitarne il trasporto.
Dal dipinto di Antonio Tempesta “Martirio di San Primo” (1586), invece, esposto nella chiesa di Santo Stefano Rotondo, si evince che il “lapis equipondus” fu utilizzato anche come strumento di tortura. Fra tutti questi esemplari, però, il più noto resta il “lapis diaboli” conservato nella basilica di Santa Sabina, per via delle leggendaria vicenda tra il diavolo e il santo Domenico di Guzman.