All’interno delle tre nuove domus aperte a Pompei
Sale a 72 il numero di case messe in sicurezza e aperte al pubblico a Pompei. Le ultime tre sono state inaugurate il 23 dicembre dopo i lavori di restauro guidati dall’architetto Paolo Mighetto. Nel complesso, negli ultimi due anni, sono stati restituiti al pubblico 37 edifici.
È Paolo stesso, insieme a Mattia Buondonno, esperto della storia pompeiana, a condurre L’Amletico lungo i decumani e i cardini dell’antica città sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C.
Tra spiegazioni e fuori programma, abbiamo impiegato ben due ore per arrivare all’area delle nuove domus, ubicate nel settore sud-orientale. Siamo partiti dalla Porta Marina e la prima sosta è stata nel Foro. Le colonne monumentali ci insegnano di una Pompei prima e dopo della conquista romana.
Proseguiamo lungo la Via dell’Abbondanza e per poco non inciampiamo su un fascinum sull’acciottolato della strada. Infatti, ci spiega Buondonno, quel simbolo fallico non era un'indicazione del cammino che portava al lupanare, bensì un augurio di portafortuna per il padrone della casa antistante.
E dato che carta tirata è carta giocata, prendiamo una scorciatoia che ci conduce direttamente al Lupanare, il centro dei piaceri della carne di Pompei. Gli affreschi – schemato veneris –, che ritraggono le più diverse posizioni sessuali, erano una sorta di catalogo per i clienti. In base a quello che volevano fare, venivano portati nella stanzetta più adatta a soddisfare i loro desideri. Altre fonti sostengono che si trattassero di affreschi ispirati ad un antichissimo manuale sessuale di origine greca; oppure potevano essere soltanto delle immagini per distinguere ogni cella. Il fatto è che le lupe erano tutte schiave e la prostituzione era comunemente accettata.
Ritornati sulla buona strada, Paolo ci fa notare un cantiere in cui è possibile vedere quanto si è dovuto scavare per arrivare alla città sotterrata. Circa 9 metri di sedimenti mantennero Pompei ricoperta per più di un millennio e mezzo finché, nel 1748, ebbero luogo le prime indagini dopo il ritrovo casuale di reperti da parte di un contadino che preparava la terra.
All'apice dell’espansione, Pompei ha contato oltre 15 mila abitanti. Era una città multietnica, luogo di scambio culturale e colonia pregiata di Roma. I pompeiani erano abituati ai terremoti, ma non potevano sapere che quella pacifica montagna perennemente all'orizzonte avrebbe decretato la fine della loro esistenza.
Pompei è oggi una tra le aree archeologiche più importanti al mondo. Dei 66 ettari mancano ancora 22 ad essere scavati, ci racconta Paolo mentre ci avviciniamo alla Domus del Larario Fiorito, una delle tre appena aperte insieme alla Domus e Botteghe e alla Casa del Triclinio all’aperto.
“Si chiama Domus del Larario Fiorito perché la stanza in cui ci troviamo è quella che conserva il larario, un piccolo altare dedicato alle divinità domestiche, i lari, che in questo caso è decorato con fiori e altre raffigurazioni e dà il nome a tutta la domus”, spiega Paolo.
L’allestimento della Domus del Larario Fiorito è un invito a tornare indietro nel tempo per sfiorare ciò che era la vita dei pompeiani. La statua di Venere, ancora con tracce di dipinto, messa in posizione centrale acquisisce un’aura mistica nel tramonto, quando i raggi del sole risaltono la silhouette della dea. L’illuminazione delle stanze sottolinea il valore artistico dei dipinti sul muro, specie i colori, come succede nella stanza del Larario. I reperti più variegati trovati lì – e che adesso tornano a casa –, completano il mosaico artistico, culturale, architettonico e archeologico della visita.
I lavori a Pompei proseguono: nel 2016 il Parco Archeologico ha ricevuto oltre 3,3 milioni di visitatori e le previsioni indicano che nel 2017 la crescita sarà dell’8%. L’anno che si conclude è stato segnato anche dalla ripresa delle indagini e ricerche archeologiche, con nuovi cantieri di scavo in otto aree all’interno del perimetro del sito, oltre al cantiere di scavo nel suburbio meridionale.
Nell’area si trova il bellissimo Tempio di Iside, dove Mozart ha trovato ispirazione per comporre il Flauto Magico, e sul quale Paolo sta lavorando per riaprirlo al pubblico il prima possibile. “Il culto a Iside era molto diffuso. I pompeiani che volevano venerare la dea dovevano passare una notte sotto l’ecclesia, una sorta di antesala al tempio, per connettersi con la divinità. Così facendo, potevano quindi accedere al tempio principale per recitare le sue intenzioni, comunemente riunite in un testo molto simile a ciò che oggi è il 'salve regina' dei cattolici”, conclude l'architetto.
Motivi per tornare a Pompei certamente non mancano. Ogni visita è una nuova scoperta, legata ad un continuo ritrovo che avviene magicamente in questa che veramente può essere sopranominata "città eterna".