Bruno Maccalini, in scena per ricordare e rendere liberi

Dopo il successo dell’anno scorso al Teatro della Cometa, ripropone al Palladium “Grotesk! Ridere rende liberi!”, un testo ispirato ai tanti artisti ebrei che vissero alle soglie del nazismo. Quanto è importante riuscire a saper far ridere in mezzo a tanto dolore?

Grotesk è un personaggio ispirato ai tanti cabarettisti che resero leggendario il cabaret berlinese degli anni Venti-Trenta. In gran parte ebrei, la loro sorte fu drammaticamente segnata dall’avvento di Hitler al potere. Grotesk non è uno di loro, ma intende racchiuderli tutti, dal momento del massimo fulgore alla situazione più estrema.  Ed è proprio in quella situazione estrema, che il loro talento, il loro coraggio, si fece più forte, volendo e potendo recitare quello stesso repertorio davanti ai propri carnefici, le SS dei campi di concentramento. Ridere e farsi beffa dei propri aguzzini non gli allungherà la vita ma li renderà finalmente liberi. "La risata - scriveva Friedrich Holländer (il celebre compositore di origine ebraica, già compositore della colonna sonora de L’Angelo Azzurro con Marlene Dietrich) - le parole e la musica, sono le uniche armi che possono distruggere quelle d’acciaio"

 
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Uno spettacolo che racconta un pezzo di storia. In che misura il teatro può influire sull’educazione?

Il Teatro è avere sempre il coraggio di dire la verità. La sua capacità di coinvolgere il pubblico, di emozionarlo e di influenzarne pensieri e sentimenti, sono regole per noi teatranti fondamentali. Senza però tralasciare mai la Regola fondamentale: ricordare. Perché come scriveva qualcuno: "se dimentichiamo non vigliamo e se non vigiliamo la Storia potrebbe ripetersi”.

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Prestigiatore, ventriloquo, conferenziere e presentatore. Nello spettacolo lei è “uno, nessuno e centomila”. Il testo di Pirandello ha influito sulla messinscena?

Il tema del doppio è onnipresente anche nel cabaret di Weimar. Il topos del raddoppiarsi che porta a varie tipologie e declinazioni dell’essere umano è ricorrente soprattutto in Fritz Grünbaum (librettista, maestro di cerimonie, cabarettista, morto nel Campo di Dachau nel 1941). La sua comicità, a differenza di Shakespeare, non è data dallo scambio di identità ma viene fuori attraverso l’interazione tra le esistenze dei suoi protagonisti: quello che sono e quello che vorrebbero essere – e qui certamente il parallelo con Pirandello è d’obbligo – quello che erano e quello che sono diventati per la follia dei loro assassini.

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Durante la rappresentazione si alternano alla recitazione la proiezione di filmati d’epoca e inserti musicali, con tre musicisti sul palco. Cosa attende lo spettatore?

Lo spettacolo Grotesk! è liberamente tratto dal libro Ridere rende liberi di Antonella Ottai e si divide in due voci: un io recitante, Grotesk, che sul palcoscenico del Berlin, uno dei tanti cabaret berlinesi di quegli anni, attraverso canzoni sketch e monologhi, ne rievoca lo spirito e un io narrante – l’autrice appunto di Ridere rende liberi, che partendo dalle testimonianze di suo padre, attraverso le immagini dell’epoca, ne racconta gli eventi. Dunque, uno spettacolo immersivo, con proiezioni di filmati d’epoca, alcuni originali, curati da Benedetto Sanfilippo.

 
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Una vita passata tra Italia e Germania, Roma e Monaco di Baviera. Quanto possiamo imparare dai tedeschi e quanto loro possono imparare da noi?

Sicuramente possiamo e dobbiamo sfatare quel detto goethiano secondo cui "i tedeschi amano gli italiani ma non li stimano, gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano". L’esperienza mi dice che – fortunatamente – le cose stanno cambiando.