"Casa Godot": Resti o vai?
Prezzo: €8 Intero; €6 Ridotto
Scritto e interpretato da: Lorenzo Caldarozzi, Alberto Fumagalli, Alice Hardouin Bertini, Francesco Massaro, Silvia Parasiliti Collazzo
Produzione: Teatro Sala Umberto
Vecchia valigia marrone alla mano. Bombetta in testa. Godot è in procinto di partire. Ma qualcosa lo trattiene, gli impedisce di andar via. "Giusto il tempo di una sigaretta, o di un caffè" dice a se stesso.
In casa con lui abitano altre quattro persone: Lucia, sua seconda moglie incinta, che non aspetta altro di vedere varcare l’uscio della porta al marito; Marta, sua prima moglie e attuale amante, che invece vorrebbe trattenerlo; Catullo, entrato in quella casa solo per un caffè senza però più uscirne; e Fortunato, domestico ormai parte della famiglia.
Lo spettacolo ruota intorno a Godot – un misto fra Chaplin e Ollio, ben interpretato da Alberto Fumagalli che risulta molto divertente –, ma la prospettiva è capovolta rispetto al testo di Beckett: mentre l’originale è incentrato sull’attesa del protagonista, che è prossimo ad arrivare ma non si palesa mai, qui Godot è presente, prossimo a partire, ma non riesce a lasciare la scena.
La valigia è pronta, ma la disfa per prepararla ancora e poi nuovamente disfarla: è consapevole che nessuno lo sta aspettando ma non se ne va. A circa metà dello spettacolo, dopo averlo dichiarato più volte, Godot esce finalmente di scena. A quel punto inizia una discussione su chi debba prendere il suo posto, tra Fortunato e Catullo. Ma la faida dura poco, infatti Godot tornerà presto a casa, ponendo fine alla diatriba ed infrangendo il sogno di Catullo.
Un riadattamento piacevole, messo in scena dai ragazzi del terzo anno della Stap (l’Accademia professionale di recitazione, regia e drammaturgia) per il progetto “Classici del secolo futuro”, che prevede la riscrittura contemporanea di alcuni autori classici del teatro.
Ironica e interessante la trovata della televisione: durante lo spettacolo una tv trasmetteva una telenovela alla quale i personaggi si appassionavano e nella quale si proiettavano, finendo per parlare con uno spagnolo ironicamente maccheronico. Un simpatico artifizio che sembra alludere alla finzione nella finzione, come fosse un quadro in un quadro.
In una Sala Umberto con un pubblico ridotto ai minimi termini, questi cinque ragazzi danno prova di buone capacità, con interpretazioni valide e divertenti, per uno spettacolo forse fin troppo breve, ma che di certo non annoia il pubblico.