“Coach Carter”: Quando lo sport determina la vita reale
Anno: 2005
Durata: 136m
Genere: Sportivo, Drammatico
La cultura americana dello sport è anni luce distante da quella a cui siamo abituati in Europa. Lo sport non viene considerato solo come un passatempo, ma come un vero e proprio trampolino di lancio per il college, un lusso purtroppo insostenibile per molti giovani americani.
A questo problema sociale si aggiunge anche quello di un sistema fallace che non consente pari opportunità alle persone di colore. Esse vengono infatti trascurate dai professori ed incitati dalle compagnie a delinquere e ad abbandonare lo studio, reputandolo come una “cosa per bianchi”. Una delle loro poche ancore di salvezza è il basket, il quale regala ai giocatori meritevoli una borsa di studio per il college e per alcuni addirittura una carriera nella prestigiosa NBA.
“Coach Carter” parte proprio da queste fondamenta.
Ken Carter, una vecchia leggenda della Richmond High School, va a vedere una partita di basket della sua vecchia scuola. Con suo rammarico trova una squadra disastrata e indisciplinata, che l’anno precedente è riuscita a collezionare solo quattro vittorie in tutta la stagione. La maggior parte dei ragazzi che la compongono proviene da una realtà familiare fatta di povertà e delinquenza. Gli viene proposto il ruolo da allenatore e lui, credendo fermamente di poter cambiare le cose, accetta il posto offertogli.
Coach Carter è prima di tutto un uomo di saldi principi, decide quindi di iniziare imponendo a tutti i giocatori di firmare un contratto: partecipazione a tutte le lezioni; obbligo di sedersi al primo banco; media di voti sufficiente a passare l’anno. Le regole sono semplici e tutti le devono rispettare. Vuole far capire ai ragazzi che la scuola è importante tanto quanto il basket. Lui non è solo un allenatore ma un vero e proprio generale, che basa il suo carattere sul rispetto e la disciplina verso se stessi e gli altri.
Gli allenamenti sono duri, intensi, ai giocatori viene chiesto di sputare sangue e sudore ogni volta che calcano il parquet. L’esercizio serve a forgiare una squadra che si basi sull’unione piuttosto che sul singolo individuo. Se qualcuno sbaglia, tutti ne pagano le conseguenze. Se qualcuno ha dei problemi, vengono risolti insieme, uniti: “Noi siamo una squadra, si sforza uno ci sforziamo tutti, trionfa uno trionfiamo tutti” (Channing Tatum aka Jason Lyle). Lentamente la squadra comincia ad ingranare e le vittorie consecutive si inziano ad accumulare.
Finalmente la Richmond High School torna a vincere come un tempo, dando speranza per un futuro migliore anche alle famiglie dei giocatori.
I problemi iniziano a sorgere quando la squadra, dopo aver vinto una coppa regionale, viene scoperta dal coach ubriaca ad una festa liceale. Come se non bastasse, un problema ben più grave incombe sui ragazzi: alcuni di loro non sono stati in grado di rispettare il contratto, fallendo miseramente in una o più materie nonostante si presentassero regolarmente in classe.
Coach Carter viene quindi costretto ad un gesto estremo, chiudere definitivamente la palestra del liceo finché tutti i giocatori non avranno mantenuto la loro parte del contratto. Nel frattempo sia gli allenamenti che le partite vengono interrotte, comportando la sconfitta a tavolino degli incontri a seguire e il malcontento delle famiglie e degli studenti della Richmond High School.
Lo sgomento popolare sfocia in una causa civile in cui i tifosi e le famiglie chiedono al tribunale di riaprire la palestra anche contro la volontà di Coach Carter. Lui tenta di far capire ai giudici e alle famiglie che lo sport è importante, però l’istruzione lo è altrettanto; ma ormai la disapprovazione generale riguardo la questione è insanabile.
La corte approva la mozione e la palestra riapre. I ragazzi della squadra però hanno ormai trovato un modello da seguire in Coach Carter, e decidono quindi di impegnarsi affinché tutti riescano ad ottenere la media di voti richiesta dall’allenatore prima di ricominciare a giocare.
Finalmente gli spalti si riempiono nuovamente di tifosi in trepidazione di vedere questi ragazzi, un tempo allo sbando e confusi, che ora combattono in campo come una squadra unita per cercare di vincere il campionato statale e guadagnarsi il futuro che ciascuno di loro merita.
Il regista Thomas Carter dirige sapientemente sia l’aspetto drammatico che quello sportivo, separando i generi ma rispettandone i canoni, entrando in piena armonia con la sceneggiatura scritta a quattro mani da John Gatins e Mark Schwahn che adattano per il grande schermo la vera storia del successo sportivo che gli Oilers conseguirono a cavallo tra gli anni novanta e il duemila.
La recitazione è uno degli aspetti più riusciti del film, i personaggi sono credibili e le loro reazioni mai fuori dal contesto creatogli attorno. Va lodato Samuel L. Jackson nel ruolo del coach Ken Carter, che riesce ad interpretare egregiamente un personaggio difficile, impersonandone distintamente sia i tratti severi e carismatici che quelli paterni.
“Coach Carter” non è solamente un film, è una lezione di vita. Non cade nella banalità dei film sportivi, non usa cliché inutili per allungare la trama, ma cerca solamente di trasmettere allo spettatore un messaggio: che in qualsiasi situazione si può riuscire ad avere il successo che si merita se si è disposti a lavorare sodo e faticare costantemente per raggiungerlo.
Gradimento Amletico*: 6.9/10
Paese: USA
Produzione: MTV Films
*Media tra gradimento del pubblico, critica e autore
IMDb: 7.3/10
Rotten Tomatoes: 64%
Mymovies: 3/5