"Copenhagen" di Michael Frayn: Un'esplosione mancata al Teatro Argentina
Durata: 1' 50'' (più intervallo)
Prezzi: da € 10 a € 30
Regia: Mauro Avogadro
Il principio di indeterminazione, la teoria della complementarità, programma nucleare tedesco, progetto Manhattan, Heisenberg, Bohr, Germania, Austria, nazisti, alleati, fissione, uranio, plutonio, Hiroshima, Nagasaki…
Esplosione. Polvere. Silenzio…
La bomba atomica.
È il 1941 quando il fisico Heisenberg fa visita al suo maestro Niels Bohr nella sua dimora a Copenaghen. L’incontro è avvenuto, di questo nessuno dubita, ma nulla si conosce riguardo a ciò che i due si dissero, e se ebbe qualche ripercussione sugli studi inerenti all’energia nucleare.
In un tempo indefinito e indefinibile, in un mondo di lavagne e di equazioni dove tutto sembra essere in discussione, persino il terreno su cui poggiano i loro piedi, i due fisici rievocano le diverse tappe dell’amicizia che li ha legati per lungo tempo, discettando ancora una volta sulla fisica quantistica e sulle differenti teorie, sotto gli occhi della moglie del professore danese, spettatrice vigile e pungente dell’intera vicenda. Emerge così il differente approccio alla materia: Heisenberg un fulmine, che illumina la conoscenza, noncurante tuttavia di ciò che trafigge per arrivare al risultato; Bohr più riflessivo, non si accontenta di arrivare ad una nuova scoperta, vuole sapere e dimostrare con certezza i diversi passaggi che hanno portato al risultato. Da questa contrapposizione ne nasce un dialogo attraverso cui si ripercorrono le diverse fasi che conducono i due fisici a collaborare – Bohr per gli alleati, Heisenberg per i nazisti – per i progetti relativi alla creazione della bomba nucleare.
Ma i due non si limitano a conversare sulla fisica quantistica, bensì si interrogano soprattutto sui motivi che li hanno condotti a prender parte al concepimento di un’arma così deprecabile, capace di sterminare circa 300.000 persone in un solo colpo. La conversazione dalla matematica e fisica si sposta allora su di un piano sempre più instabile, scivoloso, dove la morale inclina le loro stesse teorie e le fa vacillare, sotto i colpi di rivelazioni inaspettate e intenzioni mai svelate.
“Credo che sarebbe stato un errore imperdonabile pensare di dar vita ad una compagnia teatrale che porti il mio nome senza pensare all’opportunità di rimettere in scena uno spettacolo come Copenaghen”.
A 18 anni di distanza dall’ultima rappresentazione, Umberto Orsini porta di nuovo in scena, con la regia di Mauro Avogadro, la pièce di Michael Frayn, che vede interpreti gli stessi attori di un tempo: l’artista piemontese nella parte di Bohr, Massimo Popolizio nei panni di Heisenberg e Giuliana Lojodice nel ruolo di Margrethe, la moglie di Bohr.
La recitazione dei tre attori è indubbiamente l’arma vincente dello spettacolo, capace di attrarre gli sguardi del pubblico con la stessa forza che i nuclei esercitano sugli elettroni. Tre atomi all’interno di uno spazio composto da ardesia, il trio entra in collisione, si unisce e si separa, dando vita a performance scintillanti. Se Orsini inquadra perfettamente il saggio e pacato professor Bohr, Massimo Popolizio – sebbene la sua interpretazione sia sempre in grado di coinvolgere a pieno il pubblico, suscitando alternativamente commozione, riso e astio – non risulta in toto convincente nella caratterizzazione del tedesco Heisenberg, da cui ci si aspetta sì un’irruenza e spavalderia tipiche di un animo giovane e irrequieto, ma anche un’estrema rigidità e rigore nei modi, che invece non traspare durante la messinscena. Ad arricchire il palcoscenico vi è poi l’interpretazione di Giuliana Lojodice, la quale affianca magistralmente i due protagonisti, costituendo un imprescindibile intermediario tra il pubblico e i due scienziati, in grado di ricordare ai due fisici le reazioni morali che suscitano i loro studi.
Uno spettacolo impegnativo, incentrato molto sul mondo della fisica e matematica, con pochi effetti scenici e molte riflessioni teoriche. Neanche la scenografia – che ricorda un’aula universitaria, grazie alla sua conformazione semicircolare – consente di superare gli intricati ragionamenti matematici su cui si arrovellano Bohr e Heisenberg; anzi, la sua pendenza volutamente vertiginosa, che relativizza spazio e tempo, crea ancor di più un effetto destabilizzante.
Nella complementarietà degli attori, le cui prove si uniscono perfettamente, rimane nondimeno un’indeterminatezza registica di fondo, troppo incentrata su questioni tecniche e poco incisiva, che non permette allo spettacolo di ottenere un’esplosione di successo.
Traduzione: Filippo Ottoni e Maria Teresa Petruzzi
Produzione: Compagnia Umberto Orsini, Teatro di Roma - Teatro Nazionale in coproduzione con CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia si ringrazia Emilia Romagna Teatro Fondazione