"Diopluto" al Teatro Vittoria: ricco di idee ma confuse

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Tra continue oscillazioni dello spread, improvvisi crolli dei mercati e la crisi degli investimenti, diventa sempre più difficile al giorno d’oggi tracciare un quadro della situazione economica. Non c’è dubbio però sulla distribuzione della ricchezza, che resta pur sempre concentrata nelle mani di pochi, con la metà del patrimonio globale nelle tasche dell’1% del mondo. Eppure nella commedia di Aristofane viene evidenziato come tutto ciò non sia in fin dei conti negativo. Un’equa ripartizione delle risorse determinerebbe soltanto un atteggiamento passivo delle persone, che non avrebbero più spinta a migliorare la propria condizione.

Tratto dal Pluto di Aristofane, lo spettacolo scritto, diretto ed interpretato da Jurij Ferrini si spoglia completamente della sacralità teatrale per mettere in scena una rappresentazione che infrange più volte la quarta parete, così da coinvolgere maggiormente il pubblico nel corso della narrazione. Di rimandi al teatro greco si hanno solo quelli costituiti dalle scene realizzate da Paola Caterina D’Arienzo, in grado di ricostruire attraverso la semplicità di cuscini giganti quelle che sembrano a tutti gli effetti le rovine di un tempio greco.

Se l’opulenza è il tema principale dello show, all’atto pratico il risultato complessivo della commedia attualizzata è piuttosto misero. Ne esce fuori un’opera straniante e confusa, con un Ferrini spesso in difficoltà che cerca di trovare complicità in un pubblico titubante, che non risponde ai cambi di scena con la ricchezza di applausi che probabilmente ci si aspettava all’inizio.  

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