Cristo portacroce di Giorgio Vasari

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È sempre un’emozione quando un dipinto viene riportato alla luce dall’oblio della dimenticanza, specie se, come in questo caso, si tratta di un artista molto noto e di un quadro di cui si erano perdute le tracce da secoli.

Stiamo parlando del Cristo portacroce di Giorgio Vasari, dipinto su tavola eseguito a Roma – quando l’aretino si trovava al servizio del pontefice Giulio III – per il banchiere e collezionista Bindo Altoviti.

Emblema dell’uomo rinascimentale, Altoviti fu amico e protettore di numerosi artisti, fra i quali due giganti del Cinquecento: Raffaello e Michelangelo. Da molti di questi venne anche ritratto, su tutti Jacopino del Conte, Francesco Salviati e lo stesso Raffaello Sanzio, che ci ha restituito una sua bellissima effige.

 
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Il mecenate romano era in buoni rapporti anche col celebre scrittore delle Vite, che era tra l’altro un affermato architetto e pittore. Appena prima di lasciare Roma, il Vasari realizzò proprio un quadro per l’amico banchiere, come egli stesso ha annotato: “Ricordo come a dì XX di maggio 1553 Messer Bindo Altoviti ebbe un quadro di braccia uno e mezzo drentovi una figura dal mezzo in su grande, un Cristo che portava la croce che valeva scudi quindici d’oro”. Passato poi nel Seicento in collezione Savoia, il dipinto non aveva più lasciato tracce di sé ed era considerato da tutti perduto. Solo di recente è comparso in un’asta ad Hartford (USA) dove, grazie all’occhio esperto di Carlo Falciani, studioso di pittura vasariana, è stato identificato nel quadro perduto realizzato per l’Altoviti. Le misure, il soggetto e lo stile sono incontrovertibili, si tratta senza dubbio del dipinto di Vasari. Dopo essere stato accuratamente pulito, il Cristo portacroce, che è stato acquistato da collezionisti privati, ha preso la volta dell’Italia, dove per sei mesi sarà esposto a Roma nella Galleria Corsini.

Posizionato al termine della galleria corsiniana, recentemente dotata di un nuovo impianto di illuminazione, il quadro colpisce per la sua forza evocativa già da lontano.

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Spesso la scena biblica è rappresentata con un taglio più ampio, con la presenza di altri personaggi che accompagnano Gesù nell’ascesa al Calvario (solitamente dei manigoldi orchici e grotteschi). Qui Cristo è solo, con la croce sulle spalle, il suo volto sembra sereno, consapevole del destino che lo aspetta e del peso che deve portarsi addosso per la redenzione dell’uomo. Gli strumenti del martirio che tiene in mano – la spugna, la fune, la corona di spine e i chiodi – sono resi in maniera straordinaria, così come le vene del braccio, i capelli e la barba ramati, dipinti con una resa lenticolare.

Il Cristo portacroce, ritrovata finalmente la sua paternità, torna a rendere omaggio a un pittore la cui fama è stata oscurata dalla sua stessa notorietà nelle vesti di scrittore.

Un’occasione davvero unica e imperdibile per ammirare questo quadro, prima che Vasari lasci nuovamente Roma in direzione oltreoceano.