Due voci
Due voci si levavano nel silenzio dello spazio, rimbombando lungo i corridoi della nave. Due voci, una acuta, l'altra più grave e solenne , discutono del loro destino in una lingua sconosciuta e fanno della nave il loro palcoscenico. Due voci: il Nomade e il Controllore.
"Controllore, da quanto tempo sono qui?"
"Mille e cinquantaquattro anni; tra un po' dovremo fare l'iniezione di lunga vita"
"Capisco. Senti, mi stavo chiedendo, tu ricordi com'era fatto il nostro pianeta?"
"Ossigeno al 22%, azoto al 54% e..."
"No no, intendo culturalmente, socialmente..."
"Considerato ciò che facevi dovresti saperlo"
Una breve pausa
"Hai ragione"
Il silenzio tornò a fluire nelle stanze della nave, come acqua di un ruscello, interrotto poco dopo dalla voce del Nomade:
"Quanto manca?"
"Non lo so"
La nave era ancora lucente come il primo giorno di viaggio, da quel punto di vista nulla era cambiato. Ciò che era cambiato era lo sfondo. Una diversa sezione di spazio, nuove stelle e nuove nebulose si stagliavano in lontananza. Due voci ne colmano il vuoto, ancora una volta.
"Controllore, quanto tempo è passato?"
"Duemila e centoventidue anni"
"È molto tempo. Ti ricordi quando ti chiesi com'era fatto il nostro pianeta, tempo addietro?"
"Sì, me lo ricordo"
"E tu mi dicesti che dato il mio lavoro avrei dovuto saperlo?"
"Ricordo anche questo"
"Be', non sono sicuro di ricordare la mia professione, ma credo di ricordare alcune cose della nostra terra"
"Quali?"
"Ricordo di aver visitato grandi foreste purpuree, di aver navigato immense distese d'acqua. Ricordo un enorme palazzo, bianco come il ghiaccio più puro, e molte feste per le strade, in onore forse di qualche divinità"
"Hai dimenticato i tuoi Dei, Nomade?"
"Non so, credo di si. Tu li hai dimenticati?"
"No, neanche uno"
"Be', forse un giorno me ne parlerai. Tu ricordi qual era il tuo lavoro sul pianeta?"
"Sacerdote Controllore dell'Impero Ghisifur"
"Ah, dovevo immaginarlo. Controllore, quanto tempo manca al Grande Vuoto?"
"Non lo so"
Spazio, stelle, nebulose, lo sfondo é sempre lo stesso, fatta eccezione per qualche variazione. Alcune parti della nave cominciavano a sferragliare rumorosamente, un fruscio di metallo che si fermava e ripartiva, si fermava e ripartiva, ad intermittenza, come il battito di un cuore. Nulla che riguardasse il motore, motivo per cui la nave proseguiva il suo lento ed elegante cammino. Una voce ruppe il silenzio, quella del Nomade, colto da un'epifania:
"Piridur"
"Cosa?"
"Piridur, il nostro pianeta"
"È esatto"
"Io sono l'Imperatore Jidur, della sesta dinastia"
"È esatto anche questo"
"Be', oltre a questo non ricordo altro. Controllore, io sono stato il tuo Imperatore?"
"Sì"
"E perché mi trovo qui?"
"Non te lo ricordi proprio?"
"Temo di no"
"Non sei stato in grado di regnare sul tuo popolo"
"Ah, adesso penso di ricordare qualcosa. Le feste di cui ti avevo parlato. Non feste per un Dio, ma feste di palazzo, del palazzo bianco. Il MIO palazzo."
"È esatto"
"Quindi si tratta di un esilio. Controllore, da quanto tempo siamo qui?"
"Quattromila e due anni"
"Hai mai pensato che anche la tua possa essere una punizione?"
"Mai una volta, io lavoro per l'Impero e la sua prosperità, il mio è un compito, non una punizione. Ti accompagnerò fino al Grande Vuoto, dove verrai espulso nell'oscurità dello spazio, poi farò il mio ritorno in patria"
"Controllore, nessuno, a parte noi, è autorizzato ad usare l'iniezione di lunga vita, sono passati quattromila anni, tutti coloro che conoscevi sono morti"
"Allora mi consolerò ammirando la prosperità del mio Impero"
"E se non avesse prosperato? E se adesso un Impero non esistesse neanche più? Se fosse stato sostituito da altre forme di governo? Il tuo stesso Ordine potrebbe non esistere più. Nessuno si ricorderà più di noi due. Controllore, quanti Imperatori come me sono andati incontro all'esilio?"
"Tu sei il primo"
Breve silenzio, poi di nuovo la voce del Nomade:
"Quanto manca al Grande Vuoto"
"Non lo so" disse con una punta di amarezza.
Buio totale. La nave, anche se un po' arrugginita, aveva continuato la sua corsa, ormai arrivata a destinazione. Una sola voce, come sempre, ruppe il silenzio:
"Siamo arrivati Controllore, ecco il Grande Vuoto"
Nessuna risposta giunse
"E adesso che si fa?"
Ancora una volta silenzio
"Credo sia giunto il momento dell'espulsione"
Il Nomade, ammirando lo spazio nero che intercorre tra la fine di una Galassia e l'inizio di un'altra, si preparò ad affrontare il suo destino, sotto lo sguardo impassibile del Controllore, che aveva smesso di praticare il rito dell'Iniezione ormai da molto tempo, avendo già affrontato volutamente il suo destino migliaia di anni fa.