Glyn Dillon - Il Nao di Brown: teoria e pratica della sopravvivenza urbana
Da tempo inseguivo l’occasione di occuparmi di questa graphic novel perchè, oltre a trovarla tecnicamente perfetta dal punto di vista del tratto, riesce a raccontare una storia profonda ma allo stesso tempo divertente e coinvolgente.
La protagonista è Nao Brown, una ventottenne anglo-giapponese, la cui vita scorre fra il lavoro in un negozio di art-toys ed il sogno di una stabilità esistenziale ed affettiva; quest’ultima le è particolarmente difficile da ottenere, dal momento che è tormentata da una forma di disturbo ossessivo compulsivo a causa del quale non riesce ad arginare le immagini violente – di cui è involontaria protagonista – che si formano nella sua mente. Dillon è fantastico nell’alternare il tratto delicato riservato alla realtà con quello delle fantasie di Nao, in cui i colori principali sono il bianco, il nero ed il rosso.
Queste immagini la portano a domandarsi e domandare, con struggente veemenza, conferme sulla propria bontà e sul fatto che sia effettivamente una persona meritevole d’amore e comprensione e non “un fottuto caso psichiatrico”, come lei stessa si definisce fin dalla prima pagina del racconto. Nao sente che il suo disturbo si scontra con l’immagine che gli altri hanno di lei, quella di artista carina e hafu affascinante, ma anche con la sua natura dolce ed ottimista. Proprio qui sta l’incapacità della protagonista di accettare che il mondo non sia suddiviso solo in bianco e nero, ma che in mezzo ci siano le più fantasiose sfumature in cui ognuno può trovare la propria dimensione; in questa acquisizione di coscienza le viene in aiuto Gregory, uno strano riparatore di lavatrici, identico ad uno dei suoi personaggi preferiti, “Il Nulla”, con cui inizia una bizzarra e tormentata storia d’amore.
L’ulteriore pressione indotta dalla nuova realtà di coppia si traduce purtroppo in crisi violente, ed a poco serviranno sia l’amore che la lega a Gregory, sia i consigli della sua coinquilina Tara che, in quanto infermiera, tenta di aiutarla da un punto di vista clinico ed è anche l’unica che conosca la reale entità del problema di Nao.
Sul sito della Bao Publishing, editrice dell’opera di Dillon, il genere attribuito a “Il Nao di Brown” è “Terapia della sopravvivenza urbana” personalmente la trovo una definizione bellissima, che ben si applica sia all’ansia che genera il disturbo della protagonista sia al disagio esistenziale che ognuno di noi ha prima o poi provato.