La riscoperta di Ambrogio Lorenzetti

“Un’opera d’arte unica, che non ha paragone nel nostro mondo occidentale… un solo animale completo, con testa, cuore, arterie, zampe, di cui rimane lo scheletro quasi intatto, depositato su tre colli.”
(Bernard Berenson)

Luogo: Complesso museale Santa Maria della Scala

Periodo: dal 22 Ottobre 2017 al 21 Gennaio 2018

Costo biglietto: 9€ intero; 7€ ridotto

È il 1338, Siena è una delle città più potenti d’Europa, economicamente fiorente ed artisticamente all’avanguardia. Il governo dei Nove, che amministra in maniera democratica la città, commissiona ad Ambrogio Lorenzetti un importantissimo ciclo di affreschi di tema allegorico-letterario. La grande composizione, la più vasta pittura profana del medioevo, rappresenta gli effetti del Buono e del Cattivo Governo in città e in campagna.

Effetti del Buon Governo in città, Siena, Palazzo Pubblico, Sala dei Nove. 

Effetti del Buon Governo in città, Siena, Palazzo Pubblico, Sala dei Nove. 

La città brulica di persone, nelle botteghe affacciate sulla strada gli artigiani eseguono i loro mestieri, un gruppo di danzatrici balla al ritmo del cembalo mentre degli uomini sono intenti ad innalzare un palazzo. Tutto è in fermento, gli edifici alti ed eleganti costellano la città assieme alle numerose e svettanti torri, e in alto a sinistra spuntano il campanile e la cupola del duomo, emblema della città.

Questo straordinario ciclo pittorico ha consacrato definitivamente Ambrogio Lorenzetti, rendendolo uno dei principali pittori senesi nonché europei del suo tempo. L’enorme fama di questi affreschi ha finito però per sovrastare la sua restante produzione pittorica, ed oggi egli è principalmente noto come il pittore del Buon Governo.

Un’importante mostra monografica riunisce ora a Siena numerose opere di Ambrogio Lorenzetti, (provenienti finanche da prestigiosi musei quali il Louvre e la National Gallery) nel tentativo di ricostruire interamente il suo iter artistico. La ricca esposizione è solo l’ultimo tassello di un grande progetto cominciato due anni fa con l’iniziativa Dentro il restauro, che ha visto numerose azioni volte al miglioramento della conservazione dei suoi quadri e soprattutto un’intensa attività di studio.

Nella bellissima cornice dell’ex-ospedale di Santa Maria della Scala sono esposte in ordine cronologico quasi tutte le sue opere mobili, permettendo di ammirare in maniera organica lo sviluppo del suo stile. Non mancano inoltre alcune ricostruzioni di grandi cicli pittorici andati perduti, come quelli della chiesa di San Galgano a Montesiepi, con gli affreschi staccati che tornano in vita grazie a minuziosi interventi di restauro.

Maestà, affresco strappato dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi.

Maestà, affresco strappato dalla chiesa di San Galgano a Montesiepi.

Le opere si dispongono lungo il percorso espositivo con un ritmo pausato, grandi Crocifissi patetici si alternano a Madonne col Bambino, dove Ambrogio rompe con la tradizione iconografica di matrice bizantina, sciogliendo quella staticità che caratterizza gli artisti a lui contemporanei.

Madonna che allatta il Bambino, tempera e olio su tavola. 

Madonna che allatta il Bambino, tempera e olio su tavola. 

                                                            

                                                  

Le sue Vergini non sono più icone, qui Maria allatta Gesù come una vera e propria madre, mentre guarda il proprio figlio affettuosamente. Anche Gesù è un bambino vero, non più un’entità divina ma vera carne, che afferra con vigore il seno della madre come fosse assetato.

Il linguaggio di Ambrogio Lorenzetti, contestualizzato nella prima metà del Trecento, è estremamente rivoluzionario, e, sebbene il senese non avrà una vera e propria scuola, finirà per influenzare numerosi artisti fino agli albori del Rinascimento. La sua fortuna critica è stata adombrata dalla fama di Giotto e dei fiorentini, da sempre in contrasto coi senesi sia dal punto di vista politico che artistico. Sebbene Ambrogio guardi a Giotto, egli non diventa mai un giottesco, ma sviluppa uno stile autonomo; "la pittura di Giotto è per levare, la pittura di Ambrogio è per mettere", così scriveva il noto storico dell'arte senese Cesare Brandi. 

Oggi Siena rende dunque omaggio ad uno dei suoi figli più illustri, con una mostra davvero valida e di interesse, che getta luce su un protagonista assoluto della pittura trecentesca.

“Dobbiamo riprendere a fare esposizioni serie, libere, educative. E c’è un’alternativa più radicale: rompere la gabbia degli eventi, e rituffarci nel fitto contesto di arte e paesaggio che rende l’Italia unica al mondo. Riallacciare il passato al presente, attraverso una conoscenza vera e libera. Fuori dal mercato, nel cuore delle nostre città.”

Queste le parole dello storico dell’arte Tomaso Montanari nel suo pamphlet “Contro le mostre”, dove denuncia il sistema delle mostre “blockbuster”, accusando la mancanza di progetti espositivi seri, di reale interesse scientifico e divulgativo.

Di fronte a questa mostra Montanari non potrà che essere entusiasta, e insieme a lui anche tutti noi. 

Gradimento Autore: 9/10