"Macbeth" al Globe Theatre: la forza espressiva del teatro nella sua versione migliore
Prezzi: da € 10 a € 30
Regia: Daniele Salvo
Le luci del teatro si affievoliscono. Un fumo etereo si spande dal palco e tre figure imponenti prendono posto sulla scena. Sono le Sorelle Fatali, tre entità oscure e potenti che con voci ultraterrene reclamano un incontro con Macbeth. In un attimo la scena torna ad illuminarsi a giorno e da ogni angolo entrano correndo soldati che si sfidano in una feroce battaglia, osservati ed apparentemente manovrati dall’alto dalle tre Sorelle.
Che questa rappresentazione si ponga su di un livello completamente diverso rispetto agli altri spettacoli finora messi in scena al Globe Theatre di Villa Borghese, lo si intuisce immediatamente: nei brividi di terrore che penetrano la pelle all’udire la voce delle streghe e in quelli di euforia che trasmette il combattimento.
Entrano dunque il Re, suo figlio ed altri suoi parenti e nobili di corte, che all’improvviso si vedono apparire davanti un soldato ferito di ritorno dal fronte: questi racconta della rivolta che le truppe hanno cercato di sedare, ma soprattutto racconta di come Macbeth, barone di Glamis, abbia saputo fronteggiare con coraggio e onore ogni attacco nemico anche in condizioni apparentemente disperate, vincendo infine la battaglia. Tutti festeggiano l’eroe ed il Re promette di riempirlo di gloria e titoli.
Eccolo dunque apparire il prode Macbeth nella sua splendente armatura, in compagnia di Banquo, anch’egli Barone e suo fidato alleato in guerra. I due si ritrovano da soli a parlare di quanto sia stata dura ed esaltante la battaglia, quando d’un tratto odono voci sinistre intorno a loro, e scorgono delle presenze spettrali che chiamano il nome del vincitore. Le Sorelle Fatali proclamano il loro oracolo, il destino si compie. La follia di Macbeth e della sua Lady li porterà in alto, dove l’equilibrio delle loro menzogne e delle loro trame dipenderà da un filo sempre più sottile, pronto a spezzarsi sotto i loro piedi condannandoli all’oblio.
I motivi che rendono questo Macbeth indimenticabile sono molti, ma non si può non partire dalla grande dose di talento degli attori: Giacinto Palmarini è un Macbeth eccelso, sempre intensissimo nell’espressività, nella gestualità e nella voce, potente e modulata a creare un vortice emotivo coinvolgente e straziante; Melania Giglio dona un’anima sconvolgente e quasi inumana a Lady Macbeth, tanto che si stenta a credere che sia solo il personaggio di una messinscena; Francesco Biscione e Gianluigi Fogacci – rispettivamente i nobili Banquo e McDuff – si rendono protagonisti di una grande prova di eleganza e capacità recitative, regalandoci due personaggi che rimarranno nella nostra memoria; ultimo, ma non per importanza, è Marco Bonadei nei panni di Malcom, figlio di re Duncan, che esce in tutte le sue qualità nel IV e V atto e, in particolare, è autore di un duetto con McDuff/Gianluigi Fogacci che lascia letteralmente senza fiato.
La scenografia si avvale in realtà di pochi oggetti: un tavolo, qualche sedia e in un paio di occasioni il trono; ma la vera scenografia in questo caso è data dai costumi stessi e dal modo in cui gli attori occupano gli spazi di un palcoscenico che non sembra mai vuoto, e che regala al pubblico la magia dell’immaginazione: non si può non visualizzare chiaramente che lì, in quel momento, c’è un campo di battaglia, un imponente salone, della alte mura con le sue vedette, una foresta buia che si estende a perdita d’occhio. È la forza espressiva del teatro, nella sua versione migliore.
Fondamentale e ricercato è l’uso delle luci che spesso dettano il ritmo degli eventi e riflettono lo stato psicologico dei personaggi: quando i Macbeth parlano tra loro, tramando e disquisendo sul potere e sul male, sul coraggio dell’azione e sul destino, solo i loro corpi sono illuminati, intorno v’è il buio, come quello delle loro menti. Notevoli i chiaroscuro, che a volte trasformano la scena in un dipinto, omaggio ai grandi del passato come Caravaggio (Lady Macbeth sonnambula in scena con solo un lume) e Leonardo (la tavolata dei nobili intorno a Re Duncan riproduce fedelmente l’Ultima Cena).
Tutti gli elementi riportati finora si sommano dando come risultato una regia, quella di Daniele Salvo, davvero esemplare e curata in ogni dettaglio; se si osserva con attenzione in molti passaggi il palco è utilizzato in ogni suo elemento, anche quelli nascosti come le botole, addirittura estendendolo agli spalti nel momento in cui Macbeth ordina ad un giovane servo (Luigi Bignone) di fare da vedetta sul bosco di Birnan. Perfino i passaggi da una scena all’altra o da un atto all’altro non sono trascurati, il che risulta chiaro nel momento in cui i corpi senza vita della famiglia di McDuff, quando le luci si spengono e si effettua il cambio di scenografia, vengono portati esanimi dietro le quinte.
Non credo si esageri nell’affermare che questa del Macbeth è la prima produzione (insieme al The Tempest del 2011, con l’indimenticato Giorgio Albertazzi) di respiro internazionale del Globe romano, per qualità, impiego di mezzi e capitale umano. Probabilmente riproporlo in lingua originale lo proietterebbe ancor più in alto.
Accorrete numerosi, dunque, perché ciò che vedrete sarà qualcosa di sorprendente come solo Shakespeare sa esserlo e, al solito, alla fine dello spettacolo vi renderete conto di come il Bardo sia riuscito a penetrare i recessi della vostra mente. Buona visione.
Regia: Daniele Salvo
Scene: Fabiana Di Marco
Costumi: Daniele Gelsi
Assistente alla Regia: Alessandro Gorgoni
Disegno luci: Umile Vaineri
Progetto fonico: Franco Patimo
Maestro d'armi- Combattimenti: Antonio Bertusi
Assistenti volontari: Alessandro Guerra e Sebastiano Spada
Produzione:Politeama Srl