Carlo Loforti - Malùra
Edizione: 2017
Pagine: 273
Non inizierò con la spiegazione del titolo del romanzo, perché penso che la storia raccontata da Carlo Loforti porti già in sé tutti gli indizi per comprendere lo stato d’animo che il termine Malùra vuole definire.
Mimmo Calò, il protagonista, è stato appena rilasciato dopo tredici mesi di custodia cautelare e ha una vita da ridefinire tanto nei rapporti con gli altri quanto nel fare i conti con se stesso. Sua moglie lo ha lasciato e sta per sposare un altro, ma continua a tenerselo come amante e la sua unica figlia, una scaltra bambina di quattro anni, ha già capito di odiarlo. I suoi genitori sono da anni in una strana situazione in cui la madre, più indipendente, soggioga il marito tenendolo in una sorta di sudditanza economica. Il lavoro di giornalista sportivo poi, grazie al quale era diventato una piccola celebrità locale, non è lì ad attenderlo ed è quindi costretto ad entrare in contatto con il sottobosco criminale. Il dolore maggiore però deriva dall'amicizia infranta con Pier Francesco, simile alla rottura che tanti anni prima occorse fra suo padre e l'amico di sempre, Fefè. Proprio per tentare di riallacciare questa amicizia perduta, Mimmo, suo padre e Pier Francesco partono, a bordo di una Ritmo dell'88, per un viaggio nel cuore della Sicilia, che li porterà fino in Calabria per la resa dei conti finale.
Durante la presentazione, svoltasi nell'accogliente sede della Giulio Perrone Editore, si è aperto il dibattito se Malùra sia o meno un romanzo inquadrabile come "on the road": l’autore propendeva per questa definizione nonostante gli sia stato fatto notare che manca un elemento fondamentale, ovvero la descrizione paesaggistica. Concordo con lui, è mio profondo convincimento infatti che i migliori viaggi siano quelli che facciamo fino al termine di noi stessi.
Malùra, però, è un viaggio on the road non solo attraverso una regione, la Sicilia appunto, ma anche una specie di viaggio temporale nel concetto stesso dell’essere siciliani. Le tre generazioni rappresentate ‒ quella del padre del protagonista, quella di Mimmo e infine quella di Carla, sua figlia ‒ si fanno metafora della Sicilia stessa, delle sue tradizioni e dei suoi valori che stanno cedendo il passo a quelli nuovi. La famiglia, un caposaldo della cultura siciliana, deve necessariamente subire un ammodernamento per adeguarsi alla nuova realtà. Alcune figure, come la madre di Mimmo, sono l’emblema di questo stravolgimento culturale; un episodio in particolare, ovvero lei che si prepara per un appuntamento al buio, mi sembra esplicativo di come la tanto celebrata “madre siciliana”, storica dispensatrice a tratti soffocante di amore, abbia acquisito connotati tutti nuovi ed eloquenti riguardo ai cambiamenti occorsi nella società tutta.
Simonetta Agnello Horby, una delle interpreti più viscerali del sentimento siciliano, in merito all’opera di Loforti scrive: "Ci si affeziona al ritmo frenetico di questa storia, a questi padri, figli, amici che vogliono riconquistarsi.” Vero, ai personaggi di Loforti ci si affeziona per la loro tenerezza, l’ironia e la sfrontatezza, ma anche per essere dei cantori dei mutamenti della Sicilia, della sua natura controversa ed antitetica e della capacità del popolo siciliano di adottare i cambiamenti e farli propri, forti della certezza di quell'inamovibile senso d'identità dato dalla costante presenza di quest’isola tanto familiare quanto in costante trasformazione.
Ho un personale modo di capire se un romanzo mi è piaciuto o meno, a parte il coinvolgimento che provo leggendolo ‒ e Malùra si legge davvero tutto d’un fiato ‒ ma la vera differenza la noto da quanto, dopo aver chiuso il libro, permane nella mia mente la domanda “E ora, come andrà la sua vita?”. Solo quando arrivi a porti questa domanda riguardo le sorti dei protagonisti, sai di aver letto un gran libro.