Maria Lai - Tenendo per mano il sole

Luogo: MAXXI

Durata della visita: 1.30h

Periodo: dal 19 Giugno al 12 Gennaio 2020

Costo biglietto: 12€ intero; 9€ ridotto; 5€ mini (ingresso "last hour" dalle 17.30)

Cucire, tessere, creare legami, mettere in relazione. L’arte di Maria Lai è un tessuto ingarbugliato che rimanda a fiabe e miti ancestrali, profondamente legata alla nuragica terra natale, la Sardegna.

Quest’anno ricorre il centenario della sua nascita e il MAXXI le ha dedicato la retrospettiva titolata “Maria Lai - Tenendo per mano il sole”.

La mostra è un lungo viaggio, disincantato e introspettivo, che ci porta nel mondo della Lai senza seguire un filo cronologico; l’esposizione è infatti suddivisa per sezioni tematiche che indagano l’inestricabile lavoro dell’artista sarda.

Nella prima sezione “Essere è tessere. Cucire e ricucire” si può ammirare un’ampia selezione di Telai, macchinari antichi fortemente connessi al lavoro delle donne sarde. Il telaio si trasforma in oggetto d’arte, dipinto e unito a materiali poveri, rievocando alcuni collage picassiani o i rilievi ad angolo di Tatlin. Difficile non pensare al lento lavorio della tessitura, alle novelle Penelopi sarde intente a tessere con cura negli oziosi meriggi d’estate. Queste opere sono come fili di congiunzione che ci collegano a paesaggi e miti lontani.

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“L’arte è il gioco degli adulti”, ripeteva Maria Lai, e difatti in molta della sua produzione è percepibile un forte senso ludico e giocoso. I lavori esposti in questa sezione della mostra sono spesso pensati come veri e propri giochi. Dagli anni Ottanta inizia a realizzare le prime Fiabe cucite, tratto distintivo – quasi una firma – insieme ai Libri cuciti. Sono pagine di stoffa, sulle quali viene cucito un alfabeto di segni illeggibile, in-significante, dai quali scaturiscono grovigli di fili che sembrano legarci al libro. Maria Lai inventa storie o rilegge quelle della tradizione sarda, invitando il lettore alla libera interpretazione anche tramite l’uso di video animazioni, concepite insieme al regista Francesco Casu.

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L’attività della Lai è stata spesso in anticipo sui tempi, precorrendo certe tendenze dell’arte contemporanea come l’Arte Povera o alcune intuizioni della Land Art, come il caso dell’azione partecipativa “Legarsi alla montagna”. Forse la sua opera più celebre, questa particolare forma di performance fu ideata nel 1981 nel suo paese natale, Ulassai. L’artista invitava tutta la comunità locale a creare una grande opera collettiva di ricucitura dei legami interpersonali oltre che di quelli inconsci e ancestrali. Concretamente tutti i cittadini – bambini, adulti, anziani, pastori ecc. – erano chiamati a legare le proprie case fra di loro con dei nastri azzurri, che alcuni scalatori avrebbero poi portata sulla montagna che sovrasta Ulassai. Il tessuto urbano veniva legato al territorio, tutta la città era così connessa col paesaggio. Anche questa operazione si rifà ad una leggenda locale che narra del distaccamento di un costone di montagna che distrusse una casa uccidendo tre bambine, mentre una di loro si salvò proprio con un nastro celeste in mano. La drammatica leggenda, tramandata nelle generazioni, viene così esorcizzata da tutta la comunità.

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L’ultima sezione della mostra “Maria Lai e l’Ogliastra”, riflette sul legame speciale col paesaggio che la porta ad intervenire insieme ad altri artisti nella riqualificazione del lavatoio di Ulassai o a lavorare direttamente sulla terra come ne “La Scarpata”, all’incirca negli anni in cui Burri realizzava il Grande Cretto di Gibellina.

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L’omaggio a questa grande artista, spesso poco considerata dalla critica e dal pubblico, era doveroso. Il risultato è una buona esposizione, un racconto sincero e intimo, leggero e giocoso.

“Giocavo con grande serietà, a un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte”. Maria Lai

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