Pasticceria di Zio, a Testaccio dal 1918 solo dolci artigianali: dalla castagnaccia alle bombe

«Annamose a prende du bombe da Zio». Per chi abita a Testaccio la pasticceria in via Ginori 55 è un punto di riferimento per i dolci. E lo è dal 1918. «Mio padre e mio nonno avevano iniziato vendendo la castagnaccia», racconta la titolare Sandra Del Nista. Cos’è? «È il castagnaccio, acqua e farina di castagna, di origine toscana. Noi veniamo da là». Ma la versione dell’epoca era diversa da quella a cui siamo abituati oggi. «Adesso ci mettono l’olio, i pinoli. Ma in tempo di guerra non era così. Mio nonno mi diceva che c’era tanta acqua e poca farina. Non c’erano i soldi, e serviva più che altro per riempire la pancia».

Per quella torta dall’origine umile si creava la fila davanti al negozio. Ma non era l’unica attività. «Nonno aveva una concessione per vendere le Peroni», prosegue Sandra. «Portavano in giro la birra con il ghiaccio. All’epoca non c’erano i frigoriferi». Come facevano? «Con il carretto», risponde indicando una foto dietro di lei in cui si vede il nonno, negli anni Trenta, davanti al negozio. Poi però, finita la guerra, nel 1946, l’attività cambia. Il padre, insieme ai fratelli, decidono di creare una vera e propria pasticceria. E così iniziano a vendere bombe, ciambelle e cornetti.

Ma nel negozio queste prelibatezze non ci sono più. «Purtroppo i tempi sono cambiati. Questo tipo di dolci li vanno a prendere più al bar, ma conserviamo la tradizione servendole la domenica». Oggi quello che va di più, invece, è altro. «La gente qui viene soprattutto per la crema, che è fatta in casa, nel laboratorio, e non con prodotti chimici. Tutto artigianale». Ed è questo uno degli elementi più apprezzati dai clienti. Tra cui c’è anche Pietro Ceccarelli, rugbista della Nazionale a 15. La sua maglietta, con dedica a chi gestisce la pasticceria – ovvero Sandra, i fratelli e un ragazzo – è dentro al negozio. «È un cliente affezionato. Viene spesso».

Nella pasticceria di Zio tutto è rimasto come un tempo. «Il marmo sulla parete è quello di una volta, giusto la vetrina è più recente. Ma abbiamo cercato di mantenere il negozio com’era in origine. Tanti clienti mi dicono: “Mi raccomando signora non cambi nulla!”». Eppure qui qualcosa è cambiato. Non si vende più la castagnaccia, non c’è più il carretto, non ci sono più le bombe, che si trovano solo la domenica. E il nome anche è cambiato. «L’ha messo mio padre dopo la guerra. Perché molte persone nel quartiere dicevano: “Annamo a prende le paste da zio”. A Roma si usa “zio” in modo colloquiale». Ma non tutto è cambiato. La famiglia che gestisce l’attività è sempre la stessa, da tre generazioni, le paste sono buone come un tempo e il posto dove sorge il negozio è sempre lo stesso. Alla fine, come nel Gattopardo, tutto cambia perché nulla cambi.