Adrian Rodriguez, l'artigiano del tempo

"Cos'è il tempo?" si domandava nella vecchia Atene Platone sognando a sera archetipi e demiurghi.
Una domanda a cui nemmeno le sibille e gli oracoli ennesimi della Grecia potevano dare una risposta, ridotti al silenzio dietro il loro vello di fumo.
Sarà solamente molti anni dopo, quando era già ben fissa l'idea di un mondo popolato di uomini, cavalli, tigri e meridiane perfettissime e immutabili oltre la volta celeste, che Platone tenterà di dare una risposta a quell'antico enigma.

"Cos'è il tempo?" si chiederà un'ultima volta. "L'immagine mobile dell'eternità" risponderà nel Timeo il filosofo, portando a commozione, venticinque secoli dopo, uno scrittore di Buenos Aires che del tempo e dell'eternità farà un più vasto labirinto.
E argentino come Jorge Luis Borges è anche Adrian Rodriguez Cozzani, che nel cuore di Roma il tempo lo tocca per mano.

Feticci uranici e d'antiche marinerie si affacciano da una vetrina di Via del Moro, a pochi passi da Piazza Trilussa e il Tevere, calamitando all'interno d'una piccola bottega flâneurs e turisti giapponesi, americani e forse goanesi, tutti col naso all'insù, dove ostinati mappamondi persistono a mezz'aria come altrettanti pianeti dai molteplici destini. (Alessandro di Bona)

Ritratto di Adrian fra i suoi mappamondi.

Ritratto di Adrian fra i suoi mappamondi.

Ciao Adrian, come è nato tutto questo? Quando hai cominciato con questa bottega?

Io originariamente ero un architetto. L’ultimo lavoro che ho fatto è stato in Venezuela tanti anni fa con una grossa ditta di costruzioni, da lì sono partito per un viaggio nell’America centrale e negli Stati Uniti e poi sono venuto in Italia. In un momento di riflessione ho pensato che non volevo tornare a lavorare in una grossa ditta, memore di un vecchio detto di mia nonna che era di Parma e diceva che è meglio essere testa di topo che coda di leone. A quel punto un mio amico francese mi mostrò un oggetto molto curioso che non conoscevo, era un orologio solare. Poche settimane dopo andai a trovare degli amici a Milano e facendo un giro in città visitai il Museo Poldi Pezzoli, che ha una collezione molto grande di orologi solari, guarda caso donata proprio da un architetto (ci sono una serie di coincidenze particolari).

A quel punto decisi di cominciare a fabbricarli. Mia moglie, che dipinge, realizzava le riproduzioni in acquarello e io mi mettevo a costruirle. All’inizio le vendevo solo ai mercatini, poi avevo bisogno di un laboratorio e trovai questo locale qui a Trastevere (all’epoca era un quartiere molto diverso e meno turistico, stiamo parlando di circa 34 anni fa), dove prima di noi c’era un ceramista e poi una norcineria.

Cosa ti ha spinto a venire in Italia?

L’Italia è un Paese meraviglioso, è il Paese dove Einstein si è ispirato per la teoria della relatività, perché qua in Italia tutto è relativo, è venuto a vivere per un periodo qui e ha detto “è tutto relativo, hanno ragione gli italiani!” e così ha inventato la teoria della relatività del tempo (ridiamo insieme ndr).

Con quali oggetti hai cominciato?

Con le meridiane (gli orologi solari), a quel tempo realizzavo anche oggetti molto grandi per la Svizzera, per il Giappone, il Canada.

Chi te li commissionava?

Capitavano persone che si interessavano e me li chiedevano, quelli per la Svizzera e il Giappone me li chiese un ingegnere di origine armena (la moglie era una pittrice anche nota), che me ne fece fare due molto grandi per un gemellaggio fra Svizzera e Giappone.

Iniziai a rendermi conto che mi stavo dedicando al tempo, e scoprii che di strumenti per la misurazione del tempo ce ne erano molti: le candele che segnavano il tempo, delle lampade con l’olio, dei labirinti che facevano i cinesi con l’incenso, la clessidra (che in realtà si chiamerebbe clepsamia) etc.

La clessidra è diventata l’emblema stesso del tempo, è lo strumento che realizzi di più?

Sì nella clessidra tu puoi toccare il tempo con mano, puoi vedere il passato, che è la sabbia che si deposita sul fondo, il presente, ovvero la sabbia che sta scorrendo nel collo di vetro, e infine puoi vedere il futuro, quel mucchio di sabbia nella parte superiore che ancora deve scendere nel bulbo inferiore. La clessidra è un po' come la nostra vita, che è un cumulo di passato, presente e futuro (che sono i nostri sogni). Di tutti gli strumenti di misurazione del tempo la clessidra è il più misterioso, e ne realizzo di molti tipi.

Clessidre in esposizione nella bottega “Polvere di tempo”.

Clessidre in esposizione nella bottega “Polvere di tempo”.

Come hai imparato a realizzare questi strumenti?

Ho imparato da solo, con l’esperienza. Dico sempre che le clessidre sono come la meditazione, semplici ma non facili. I materiali che utilizzo sono pochi, due ampolle di vetro, la sabbia che normalmente è di fiume, e il legno di noce che vado a prendere direttamente dall’Abruzzo.

Una clessidra in fase di costruzione.

Una clessidra in fase di costruzione.


Adrian ci accompagna nel retro del negozio, nella bottega, e ci mostra la clessidra che sta terminando. Mentre continuiamo a parlare finisce il lavoro.

Adrian passa con il pennello una soluzione per trattare il legno della clessidra.

Adrian passa con il pennello una soluzione per trattare il legno della clessidra.

Qual è stata la clessidra più grande che hai costruito?

Ne ho costruite due grandi, una della durata di mezz’ora per uno spettacolo teatrale di Kafka, doveva essere alta un metro e dieci (bisognava girarla in due perché c’era tanta sabbia dentro ed era pesante!), e l’altra l’ho fatta per Alejo Perez, un carissimo amico che è un direttore d’orchestra, e durava dodici ore. Era per la sua collezione personale (ne ha più di duecento), e la dovetti portare smontata in argentina.

E la clessidra più piccola?

Ne faccio una molto piccola che dura appena sette secondi.

C’è un legame fra il tuo essere architetto e il lavoro artigianale che fai oggi?

Sì, perché la facoltà di architettura ti prepara fondamentalmente all’estetica, quindi c’è una continuità.

Quali sono gli oggetti più particolari che realizzi?

Sai io mi sono abituato, ma in realtà sono tutti un po' strani, gli astrolabi, le meridiane…

Qual è l’aspetto speciale di questo posto, perché piace tanto alle persone?

La gente rimane sempre incantata, se prendi quel librone all’ingresso è pieno di belle parole e commenti, dicono spesso che questo posto è come un’oasi. Ma lo sai qual è il segreto di questo luogo?  È molto semplice, è stato fatto con passione e con tanto amore, ed è un posto reale, non virtuale. Quando la gente entra qui, entra in un posto vero. Il tempo qui è lento, vorrei mettere un cartello con scritto “se hai fretta questo non è il posto adatto per te” (ma non lo faccio per una questione economica. Ride n.d.r). Poi a me piace parlare con le persone, chiedo sempre cosa fanno nella vita, da dove vengono, quindi diventa un posto di incontro. Avevo pensato anche di mettere un camino per l’inverno, sarebbe bello no?

Bellissimo, diventerebbe ancora più magico questo posto. Questo luogo rappresenta un po' la tua persona?

Sì come dicono gli psicologi la casa è la rappresentazione di te stesso (o di tua moglie che decide. Ride ndr). Questo negozio è un po' la rappresentazione di me.

Chi acquista le tue creazioni?

Un po' tutti, dal turista straniero a quello italiano, e anche alcuni personaggi famosi.

Ah sì, tipo?

Fra i vari mi ricordo Renato Zero, gli artisti William Kentridge e Mimmo Paladino e Luca Cordero di Montezemolo. Mimmo Paladino mi aveva lasciato un disegno nel librone dei commenti (che ho prontamente ritagliato e regalato a mio figlio).

Vengono da te perché la tua è una bottega unica?

Immagino che desti curiosità, ma questo dovresti chiederlo a loro…

Il tempo in questo luogo magico sembra rallentare, non so quanto ne sia passato, ma Adrian deve ultimare dei lavori e seguire i clienti che entrano ed escono incuriositi. “Il tempo è la cosa più preziosa che una persona possa spendere”, scriveva Teofrasto, allora il consiglio è di prendervi una mezz’ora e di andare alla scoperta di questa riserva di atemporalità nel cuore di Trastevere.