Raffaello: riapre finalmente la grande mostra
Lo scorso 5 marzo si è inaugurata la grande mostra su Raffaello alle Scuderie del Quirinale. Tempo una settimana e causa Covid19 la mostra è stata costretta alla chiusura. L’epidemia sembra scemare molto lentamente, e non si sa ancora quando si potrà tornare alla vita normale, e di conseguenza quando potranno riaprire mostre e musei. Nell’attesa di quel giorno fatidico in cui ci riverseremo per le strade come fosse il primo giorno delle nostre vite, abbiamo pensato di proporvi un approfondimento sulla mostra e su Raffaello, in modo che possiate arrivare preparati a quella che si prospetta (o si prospettava) essere la mostra dell’anno e forse del decennio.
Che Raffaello Sanzio sia uno dei più grandi artisti di sempre è cosa nota e conclamata. Ma il motivo di questo postulato non è probabilmente chiaro a tutti. Cominciamo col dire che Raffaello è un enfant prodige, un genio precoce, come lo fu Mozart. Come ogni genio però non nasce da solo, non è una meteora caduta dal cielo, ma è il preciso risultato di un ambiente fertile che ha permesso che nascesse un artista di questo calibro. Nato e cresciuto in quella Urbino dei Montefeltro (il 6 aprile del 1483), città-palazzo di un fervore culturale inimmaginabile oggigiorno, Raffaello è figlio del pittore Giovanni Santi, a capo della bottega cittadina più importante. Proprio nella bottega paterna impara i primi rudimenti pittorici, apprende come macinare i colori, come disegnare e poi dipingere.
Ancora giovanissimo è fondamentale la frequentazione della bottega del Perugino, pittore umbro fra i protagonisti dell’arte di fine Quattrocento. Di Perugino l’infante Raffaello (che aveva circa dieci anni quando vi entrò in contatto) coglie e fa propria la grazia, la dolcezza del paesaggio e l’armonia della composizione. Nel giro di pochi anni l’allievo supera di gran lunga il maestro, basti pensare al celebre confronto fra le due versioni del Matrimonio della Vergine, rispettivamente a Milano e a Caen.
Altri punti di riferimento per il giovane Raffaello sono Signorelli, di cui vede probabilmente gli affreschi nel duomo di Orvieto, e Pinturicchio, che aiuta nell’importante cantiere senese della Libreria Piccolomini nel duomo di Siena. Proprio qui accade qualcosa di insolito e straordinario. Solitamente i giovani allievi o aiutanti erano soliti dipingere piccole porzioni di affresco, e solo talvolta l’affresco per intero, sempre però a partire dal cartone preparatorio del maestro. Qui accade il contrario, in un modus operandi più unico che raro. Raffaello esegue lo straordinario disegno preliminare della scena (che ancora si conserva nel Gabinetto dei disegni e delle stampe di Firenze) e in seguito l’anziano Pinturicchio realizza gli affreschi, decisamente più rigidi e attardati.
Nei primi anni del Cinquecento raggiunge la fama; nella Firenze medicea realizza alcuni dei ritratti più belli di tutto il Rinascimento, come quelli dei coniugi Agnolo e Maddalena Doni, oltre ad un elevato numero di Madonne, in composizioni sempre armoniose, docili e mai stucchevoli.
È il 1508 però la data di svolta, l’anno in cui arriva la chiamata del papa. Il pontefice di allora, Giulio II, stava rinnovando la città dandole un nuovo volto, distruggendo la vetusta basilica costantiniana per farne un moderno tempio classico della cristianità. In quest’anno decide di chiamare il giovane e già celebre artista per fargli affrescare i suoi appartamenti, quelli che passeranno alla storia come le Stanze di Raffaello. Le stanze sono il capolavoro dell’urbinate, l’opera somma sia per la fattura che per la concezione (per la quale è stato senza dubbio consigliato ed aiutato da qualche intellettuale della corte pontificia, poiché la complessità delle scene è fin troppo elevata). Qui si capisce davvero la grandezza e il genio pittorico di Raffaello; in quel Parnaso di poeti e nel consesso di filosofi, in quel carcere quasi magico, illuminato da molteplici luci riverberanti e nelle stoffe dei Sediari in quella messa solenne e miracolosa.
Intanto l’eco della grandezza dell’artista risuonava per Roma e per l’Italia, e il ricchissimo banchiere Agostino Chigi lo chiama a decorare la sua villa suburbana, l’attuale villa Farnesina a Trastevere, dove lavora a più riprese realizzando il Trionfo di Galatea prima e la Loggia di Psiche poi, coadiuvato dai suoi allievi.
Raffaello è sempre più celebre, e raggiunge forse l’apice con la nomina a sovrintendente della basilica vaticana (non bisogna dimenticare che è stato anche un architetto), e poi con quella di sovrintendente alle antichità. Celeberrima è la lettera che scrive al papa Leone X dove lamenta lo stato di conservazione delle antichità e il loro impiego per la costruzione di nuovi edifici (“Quanta calcina si è fatta di statue et d'altri ornamenti antichi?”).
Le commissioni si susseguono numerose per Raffaello e la sua bottega, e le più importanti sono senza dubbio quella dei cartoni per gli arazzi da posizionare nella Cappella Sistina, meraviglia che incantò il mondo intero, e quella delle logge vaticane, la cosiddetta Bibbia di Raffaello, sebbene egli non vi abbia messo affatto mano. Gli affreschi delle Logge, un tempo aperte sulla città ed oggi chiuse per motivi di conservazione, sono realizzati esclusivamente dalla sua scuola su disegni del maestro. Per capire l’importanza di Raffaello per l’arte non solo italiana, ma mondiale, bisognerebbe andare all’Ermitage di San Pietroburgo. Qui si trova una copia esatta (in scala 1:1) delle Logge vaticane, realizzata nel secondo Settecento per volere della zarina Caterina II.
Raffaello è stato per secoli “scuola del mondo”, artista divino e universale, grazie anche ai suoi allievi che hanno divulgato il suo stile. Dopo il tragico sacco di Roma del 1527 infatti, tutti gli artisti fuggirono dalla città papalina messa a ferro e fuoco dai lanzichenecchi, e andarono a impollinare altre città italiane e straniere, mantenendo in vita lo stile de maestro. Il mondo è oggi pieno di Capolavori di Raffaello, disseminati ovunque anche nei posti più improbabili, da Edimburgo a Londra, da Monaco a Berlino, fino a New York, Boston e Washington, ma è nella città che lo ha accolto e fatto grande che si respira maggiormente la sua presenza.
Quando potremo tornare a vivere la nostra città allora, prima di andare a vedere la mostra, passeggiamo per le strade in cerca delle tracce di Raffaello: nella Cappella Chigi in santa Maria del Popolo, nella villa Farnesina e sotto la finestra della Fornarina a Trastevere, in Santa Maria della Pace e presso la sua tomba nel Pantheon, dove quell’epitaffio ci commuove ogni volta.
lIle hic est Raphael timuit quo sospite vinci, rerum magna parens et moriente mori
Qui giace Raffaello: da lui, quando visse, la natura temette d'essere vinta, ora che egli è morto, teme di morire.
In questo video potete fare una passeggiata per la mostra, per avere un assaggio, un’anteprima dell’esposizione.