Sull’Appia verso le navi de Caligola
Sulla mappa di Roma c’è una via che parte dal cuore dell’urbe verso sud est per arrivare ai confini meridionali della Penisola. Noi però la percorriamo dritta fino ai Castelli Romani. Qui, dalla strada madre si dirama un'altra via sacra.
Seguiamo il basolato tuttora visibile che scende verso il lago di Nemi. Soprannominato “Specchio di Diana”, sin da tempi immemori questo bacino attira popoli e imperatori. Le pietre sacre conducevano al Tempio di Diana di cui Gaius Julius Caesar Germanicus era devoto. Lì, durante il suo regno, fu venerato piuttosto il sacello d’Iside.
Per celebrare ancora di più le divinità, Caligola fece costruire due navi (forse tre) che rimasero ancorate nel lago finché non affondarono. Il suo regno fu corto e in quattro anni sembra che lui abbia vissuto più sulle navi e nella villa in riva del lago che al Palatino. Dunque, non sarebbe del tutto affrettato dire che il lago di Nemi fu caput mundi per alcuni anni e che il Santuario di Diana fu il gioiello dell’imperatore.
Due millenni dopo, il lago di Nemi venne prosciugato e le due navi rimorchiate fuori dalle acque. Al Museo delle Navi Romani la damnatio memoriae non sembra aver funzionato. Infatti, la memoria di Caligola è effettiva e preservata, incarnata nella colossale statua di marmo raffigurante l’imperatore.
Ahimè, tutte e due le navi furono distrutte da un incendio nel 1944. Un cartello nel museo informa che sarebbero stati i tedeschi dopo la sconfitta. Davvero un atto di vendetta e follia. Si salvarono soltanto i reperti che erano stati portati a Roma, oggi conservati nel Palazzo Massimo.
A Nemi, ciononostante, tramite una ricostruzione al vero dell’aposticcio di poppa della prima nave, realizzata dal cantiere Navale di Torre del Greco, il visitatore del Museo delle Navi può capacitarsi della dimensione delle imbarcazioni bruciate. Inoltre, fotografie e altri elementi conservano viva la memoria di questi capolavori della scuola navale romana e ne dipingono un ritratto di come sarebbero state all'apice della bellezza.
Per quanto riguarda il Santuario di Diana, l’intera zona archeologica distante pochi chilometri dal Museo delle Navi si trova in completo stato di abbandono. Sfortunatamente, ai Beni Culturali sembra che l’area non stia tra le priorità delle politiche pubbliche di conservazione.
Purtroppo, questa è la realtà di uno dei più noti e vasti santuari romani. Non resta che camminare sulla parte coperta della via sacra all’interno del museo, chiudere gli occhi e partecipare alla fiaccolata che si avvicinava al tempio in una calda serata il 13 agosto. Have Diana!