10 film che ti faranno rimpiangere la quarantena

Dieci titoli cinematografici che attraversano l’Italia, o i concetti del distanziamento sociale, con… risultati discutibili. Opere altalenanti che forse meritano una visione, se non altro per divertirsi con divertissement di grandi registi o con lavori francamente terribili.

Esperimenti falliti… da vedere!

 

Copia conforme (2010), di Abbas Kiarostami. Il grandissimo regista iraniano (lo ricordiamo per il magnifico Il sapore della Ciliegia) gira questa pellicola stramba e sbilenca fra le campagne della toscana. Dissertazioni vuote fra un intellettuale borioso venuto in Italia per fare delle conferenze circa la presunta superiorità delle copie rispetto gli originali (un’argomentazione fiacchissima) e una Juliette Binoche sempre meravigliosa ma più sopra le righe del solito. Dall’estetica si passa ai giochi di ruolo psicotici e così via verso altri deliri retorici. Eric Rohmer con il suo cinema fine e conversato è uno dei riferimenti, ma qui la logorrea ha un effetto involontariamente comico.

                      

Il quinto elemento (1997), di Luc Besson, con Mila Jovovich e Bruce Willis. Un blockbuster francesissimo che tenta la strada americana della fantascienza. Il risultato è un fiasco in termini economici. Apprezzabile lo stile oramai estremamente datato che permea tutta la fotografia, e i costumi di Jean Paul Gautier. La scena dell’aria cantata da una soprano alieno all’interno di un’astronave – momento assurdo – potrebbe non farci rimpiangere l’ingiusta e forzata chiusura dei teatri…

 

Ma mère (2004), di Christophe Honoré, con Isabelle Huppert e Louis Garrel. Il regista francese con questo film volutamente squallido fonde due romanzi di Georges Bataille (Mia madre e L’azzurro del cielo) realizzando un prodotto unico senza senso. Una storia di incesto e perversione che potrebbe farci propender per misure di distanziamento sociale ancora più estreme. Da segnalare anche la più recente trasposizione su schermo de Le metamorfosi di Ovidio, operazione naif e cheap che tuttavia ha un suo fascino.

 

Un castello in Italia (2013), di Valeria Bruni Tedeschi. Film divertentissimo che tenta l’ardua scommessa di unire il dramma alla commedia, il film d’autore a quello commerciale. Peccato che non ci riesce. Tuttavia, il risultato è molto simpatico, e non c’è il rischio che possa farvi disamorare del fascino di Torino e della sua campagna.

 

Al di là delle nuvole (1995) di Michelangelo Antonioni, con John Malkovich, Sophie Marceau, Irène Jacob, Fanny Ardant, Chiara Caselli, Kim Rossi Stuart. Fra una nebbiosa Ferrara e una soleggiata Porto Fino, passando per altri luoghi evocativi, questa parodia del meraviglioso cinema andato del grande regista italiano non può che turbare e deprimere. Storie di amore fatte di un’incomunicabilità rese con la penna di un Tonino Guerra veramente poco ispirato. Un giro per l’Italia veramente da evitare.

Insalvabili

 

Non ti voltare (2009), di Marine de Van. Da non crederci, un film in cui Sophie Marceau riscoprendo oscure e rimosse origini italiane esplora la Puglia e le sue tradizioni per trasformarsi in… Monica Bellucci. questo, in una scena che scimmiotta Persona. Rosa Maria – vera identità di questa donna – attraversa in questo viaggio interiore tutti i cliché degli horror psicologici… e il risultato è incommentabile.

 

Gli anni più belli (2020), di Gabriele Muccino. Un film che potrebbe farvi stufare di Roma, ora che le lunghe passeggiate sono finalmente possibili. Come dire, Muccino non aveva proprio idea di cosa fare, e ha prodotto la sagra dei luoghi comuni e dell’incoerenza. Che perdita di tempo.

 

Napoli velata (2017), di Ferzan Ozpetek, con Giovanna Mezzogiorno e Alessandro Borghi. I misteri del capoluogo della Campania non sono mai stati meno attraenti. Città di miti e leggende omaggiata da un’opera che tocca solo superficialmente la sua storia, come i riferimenti al thriller internazionale, che hanno veramente poco di convincente. Suspense, capovolgimenti, colpi di scena? Tutto si sussegue senza interesse. Era meglio stare a casa.

 

E la chiamano estate (2012), di Paolo Franchi, con Isabella Ferrari e Jean Marc Barr. Una regia pretenziosa per un film che ci riporta in Puglia, ahimè. Vorrebbe essere un film colto e intellettuale… ci limitiamo a dire che è un’impresa fallita.

 

Chiara Ferragni Unposted (2019) di Elisa Amoruso. Documentario totalmente privo di interesse, mero elogio senza profondità della nota influencer. Presentato al festival del cinema di Venezia. Così alla fine anche la splendida laguna delude.