Gaël Faye – Piccolo paese

piccolo_paese-01.jpeg

La forza di questo libro sta nel dare il giusto risalto al dramma familiare che si svolge all’interno del dramma della guerra civile in Ruanda. Il “piccolo paese” citato nel titolo è il Burundi, luogo di nascita del protagonista Gabriel -detto Gaby- di dieci anni e della sorellina Ana, figli di padre francese e madre ruandese. I bambini crescono in un ambiente benestante, ma anche ricco di rapporti interpersonali sia con ragazzini della loro stessa età e ceto con cui si lanciano in scorribande in bicicletta durante le quali si divertono a rubare manghi, sia con il personale di servizio che ricopre quasi un ruolo protettivo e genitoriale. Gaby è un ragazzino intelligente, va bene a scuola e ha un’amica di penna francese, Laure, di cui è innamorato e alla quale racconta stati d’animo ed eventi salienti della propria vita, nonché la sua personalissima visione del mondo. Questo piccolo universo perfetto inizia a sgretolarsi quando i genitori di Gaby ed Ana annunciano ai figli la propria volontà di separarsi: la madre tornerà nel nativo Ruanda, il suo richiamo si fa sempre più intenso man mano che la guerra civile inizia a imperversare, mentre i bambini rimarranno con il padre in Burundi.

Un piccolo dramma familiare, quindi, capace di scuotere tutte le certezze di Gaby al quale si aggiunge l’atrocità della guerra civile fra le etnie ruandesi di Hutu e Tutsi.

A questo punto penso sia necessario fare un piccolo recap di storia degli anni novanta: l’equilibrio fra le due etnie principali esistenti in Ruanda, Hutu e Tutsi appunto, era molto sbilanciato; le scelte fatte dall’ amministrazione coloniale belga aveva infatti concesso agli Hutu numerosi benefici e una superiorità sociale rispetto ai Tutsi, molti dei quali si trovarono costretti ad emigrare nei paesi limitrofi come il Burundi per trovare lavoro, venendo impiegati spesso come personale di servizio. Nel 1990, però, la crisi economica ruandese e la conseguente carestia, esacerbarono i già aspri conflitti fra le due etnie e videro anche il ritorno in patria di molti Tutsi emigrati nel vicino Uganda. Questi, una volta in Ruanda, si trovarono di fronte al netto rifiuto degli Hutu a riaccogliersi in seno alla società ruandese, decisione corroborata anche da motivazioni socio culturali quali l’idea che i Tutsi avessero adottato gli usi - e la lingua inglese- vigenti in Uganda e quindi non potessero più essere inseriti nel tessuto sociale. Molti Tutsi si riunirono nel Fronte Patriottico Ruandese e iniziarono a portare avanti atti di guerriglia, che condussero a un’inevitabile guerra civile di cui rimane tristemente noto il “Genocidio del Ruanda”, in cui i Tutsi vennero sistematicamente uccisi da gruppi paramilitari Hutu in seguito all’assassinio, il 6 aprile del 1994, dei presidenti di Ruanda e Burundi: Juvénal Habyarimana e Cyprien Ntaryamira, di ritorno da un colloquio di pace proprio riguardante gli scontri etnici.

Immagino vi starete chiedendo “e il Burundi? Cosa c’entra il Burundi in tutto questo?”.

Ecco, dopo il genocidio in Ruanda, il Burundi si trovò a fronteggiare un’ondata di profughi provenienti dal paese limitrofo, cosa che non incontrava il favore dell’intera popolazione, tanto che il conflitto etnico prese piede anche in questo nuovo scenario. Proprio in questo contesto si posiziona la narrazione di Gaby, il cui sguardo di bambino coglie con sagace lucidità sia gli aspetti intimi e personali della vicenda familiare sia quelli più complessi della guerra civile di cui segue l’escalation di violenza fino all’inevitabile decisione di emigrare nella più sicura Francia.

Piccolo paese non è un piccolo libro, nonostante il numero limitato di pagine, ma un faro che mette in risalto le vicende personali di quanti sono stati coinvolti in uno dei capitoli più terribili dei nostri anni novanta e che molti di noi, soprattutto per questioni anagrafiche, conoscono solo in modo superficiale. Penso però che non sia più tempo di ignorare la Storia, sopratutto ora che i venti dell’odio e dell’intolleranza stanno tornando a soffiare più forti di prima, adesso è nostro compito impedire che vengano commessi ancora una volta gli stessi errori del passato.