Ultima alba allo Sponz Fest 2022
Il concertone tutto in una notte di Vinicio Capossela allo Sponz Fest 2022, alla sua decima edizione, sta volgendo al termine dopo sette ore ininterrotte di musica. Come da tradizione l'esibizione del cantautore alto irpino (emiliano tedesco) è l'epilogo della manifestazione, la chiosa perfetta della settimana dello sponzamento. Eppure è lo stesso Vinicio a comunicare e sorprendere il pubblico "sequestrato", avvertendolo di un ulteriore prolungamento della festa così da scollinare la notte in favore dell'alba, salutando le stelle e accogliendo il primo sole.
Destinazione il MonteCanto, locato a poche centinaia di metri dal Vallone Cupo dove alle 5:30 il Rolling Sponz Review ha sfogato gli ultimi ritmi e le ultime sonorità. Una carovana musicale si è alternata senza sosta sul palco gremito di strumenti, infossato nella conca della valle tra una gobba di terra e fronde rigogliose.
Nessuna indicazione sul luogo riservato all'esibizione finale, però un indizio raggiunge le orecchie più affamate: "lì dove c'è la trebbiatrice volante". Voltate le spalle al vallone si percorrono stradine buie e sentieri battuti illuminati dalle torce degli smartphone. Si seguono gruppi di persone che seguono altri gruppi di persone e, quando ormai sembra essersi persa anche l'ultima speranza residua, ecco comparire maestoso il mezzo magico di locomozione.
La trebbiatrice volante, simbolo dell'utile inutile, è tinta di rosso e di blu nella notte già più azzurra e volta al mattino. Per sedie comode balle di fieno in miniatura, vera e propria manna dopo ore di salti, danze e assoluta verticalità.
Il tempo di adagiarsi e mettersi comodi che Micah P. Inson sale sul palchetto allestito tra pubblico e trebbiatrice. Qualche ora prima il menestrello americano, per Capossela il "miracolo" fatto persona, aveva incantato e deliziato il pubblico attraverso le note sofferte della chitarra e la voce carica di tormento. Fido cappellino a nascondere un taglio moicano, occhiali dalla larga montatura e intramontabile sigaretta con bocchino disegnano la sagoma claudicante di Micah farsi spazio sul rettangolo, ring di grandi incontri. Accordata la sei corde, non senza intoppi causati dall'accordatore elettronico (un "fuckin' robot" per il nostro), inizia la grazia cui segue l'incanto.
Una manciata di canzoni mutano l'oscurità in luce tra le note a cascata del cantautore, che piovono sul pubblico estatico e silente. Poi l'intervento della voce graffiata da un passato complicato a corollario di un istante indelebile. Inson si muove confuso, apparentemente, con il capo abbassato in direzione della terra da coltivare, mentre la chitarra non smette la sua andatura folk, pizzicata e diteggiata con disperazione mista a cura.
E sul tetto della trebbiatrice volante da qualche minuto il tenente Dum Dum ha cominciato la sua pedalata compassata, in direzione di una meta invisibile e forse inesistente. Ma la convinzione del pedalare è tanta e forte da convincere i presenti di una destinazione fattibile. Inson intanto ripone lo strumento nella custodia e saluta a suo modo. L'incanto svanisce. Grazie per le stelle e per il primo fiato d'alba.