Thor Heyerdahl, il navigatore norvegese che attraversò l'oceano con il mitico Kon-Tiki
Nell’anno in cui ricorre il ventennale dalla sua morte, ci piace ricordare che Thor Heyerdahl,
navigatore ed esploratore di alcuni tra i luoghi più inconsueti della Terra,
scelse l’Italia quale meta della sua ultima fascinazione
Quando Thor Heyerdahl, nella primavera del 1946, ad un congresso internazionale di antropologi affermò che, secondo lui, la Polinesia era stata popolata in antico “anche” da popolazioni giuntevi dal Sudamerica a bordo di imbarcazioni costruite con legno di balsa, sollevò l’incredulità di non pochi studiosi. Tra essi primeggiò Herbert Joseph Spinden, uno scienziato statunitense che a quei tempi era la massima autorità per le civiltà della Mesoamerica. Spinden, addirittura, sfidò Heyerdahl ad avventurarsi lui stesso in quella parte del Pacifico Meridionale, sbeffeggiandolo con queste parole: “Sure, see how far you get yourself sailing from Peru to the South Pacific on a balsa raft!”. Ebbene, il giovane e ardimentoso Heyerdahl, radicato com’era nelle proprie convinzioni, raccolse la sfida! Ma in che modo - anni addietro - al nostro Thor era venuta una simile idea che oggi, con la massima ammirazione per lui, potremmo definire rivoluzionaria?
Tutto nacque dal viaggio di nozze - che poi si trasformò in un soggiorno durato un intero anno - del ventiduenne Thor con la moglie ventenne, Liv Coucheron-Torp: il giorno dopo il loro matrimonio (era il Natale 1936) i due sposini partirono entusiasti per Fatu Hiva, l’isola più selvaggia nell’arcipelago delle Isole Marchesi (Polinesia Francese), perché erano entrambi affascinati dal mistero e dall’avventura di una vita condotta in una piccola e sperduta isola del Pacifico. Lì Thor - principalmente dall’osservazione della direzione e intensità delle correnti che si frangevano sulle coste dell’isola, ma non solo! - con il determinante aiuto di Liv gradatamente sviluppò l’idea che fosse stato senz’altro possibile che in quelle isole del Pacifico fossero arrivati millenni addietro (a bordo di imbarcazioni primitive: in legno di balsa, per l’appunto!) anche degli indios originari dell’America Meridionale.
Pertanto nell’autunno 1946, raccogliendo la provocazione di Spinden, Heyerdahl si mise ad organizzare nei minimi dettagli questa impresa (poiché solo così può definirsi ciò che Egli realizzò). Dovette quindi approvvigionarsi di viveri e scorte d’acqua necessari a quello che si prospettava sarebbe stato un lungo e difficile viaggio e, soprattutto, dovette cercare dei volenterosi (e idonei) compagni di viaggio, che alla fine risultarono in numero di cinque. I sei avventurosi, prima ancora di approvvigionarsi della necessaria quantità di provviste e di acqua, si procurarono in Ecuador il legno di balsa e si spostarono in Perù dove - con l’aiuto degli indios abitanti sulla sponda occidentale del Lago Titicaca - costruirono una zattera che Thor, per scaramanzia e come buon auspicio, volle battezzare Kon-Tiki, dal nome del mitico capo indio Kon-Tiki Viracocha, di cui le leggende della Polinesia favoleggiavano che fosse arrivato dall’est a capo di una parte del suo popolo, proprio a bordo di zattere in legno di balsa. Sì, era una leggenda, ma alla fine si sarebbe visto che essa - come altre leggende dell’antichità - aveva un effettivo substrato di verità.
Infatti Thor, partito sul suo Kon-Tiki dalle coste peruviane del Pacifico il 28 aprile 1947, insieme con i cinque ardimentosi compagni, dopo 101 giorni di navigazione nell’oceano (utilizzando la Corrente di Humboldt) finì con l’arenarsi sulle sponde dell’atollo polinesiano di Raroia, riuscendo quindi a dimostrare che le sue ipotesi erano giuste (con buona pace dell’incredulo Spinden), poiché il viaggio organizzato da Heyerdahl si era svolto in tutto e per tutto con le modalità utilizzate dagli antichi trasmigratori, senza che venisse adoperato alcunché di moderno. E pensare che all’atto di partire, nessuno dei sei avventurosi sapeva come navigare a vela e men che meno aveva mai manovrato una zattera prima di allora! Però, con il sacrificio e affrontando difficoltà di ogni giorno in mare aperto, ci riuscirono: sia pertanto riconosciuta lode alla loro tenacia e al loro coraggio, in primis al mitico Thor. I riconoscimenti internazionali dell’impresa non tardarono e sull’avventuroso viaggio nel 1950 Heyerdahl realizzò anche un filmato, intitolato semplicemente Kon-Tiki, che nel 1952 vinse il premio Oscar come migliore documentario.
Thor non si fermò all’impresa del Kon-Tiki, perché nei decenni successivi effettuò altre spedizioni scientifiche, sempre utilizzando imbarcazioni costruite utilizzando le modalità che, secoli e secoli addietro, erano state proprie di antiche popolazioni indigene, con materiali che, di volta in volta, furono giunchi e papiri, ovvero materie prime facilmente rinvenibili nelle terre da cui erano partite le varie popolazioni per i loro viaggi di esplorazione e di migrazione. Nei vari decenni dopo l’esaltante avventura del Kon-Tiki, dal 1952 al 1987, le spedizioni di Thor furono dirette verso: l’arcipelago ecuadoriano delle Galápagos nel Pacifico e, successivamente, verso la cilena Isola di Pasqua; l’isola caraibica di Barbados in due distinti tentativi (il successo pieno arrise solamente al secondo), attraversando stavolta l’Oceano Atlantico; le Isole Maldive nell’Oceano Indiano; di nuovo l’Isola di Pasqua. Anni dopo Thor condusse anche campagne archeologiche di scavo in Perù, nelle Isole Canarie e infine, nel 2002, in prossimità del versante russo del Mar d’Azov.
Thor fu geniale e intuitivo, anche se - va detto a chiare lettere - non ebbe sempre ragione. Tuttavia fu rivoluzionario nell’avanzare ipotesi innovative e fuori dagli schemi mentali che, in precedenza, spesso erano stati accettati e divulgati “a scatola chiusa”. Non a caso, qualche anno fa in Andora - il paesino ligure dove trascorse i suoi ultimi anni e che oggi ne conserva le spoglie - gli fu dedicata una mostra dal titolo “L’Uomo che volle cambiare la Storia”, (riuscendovi, è il caso di aggiungere!).
Anche la sua vita privata fu avventurosa e piena di momenti importanti: divorziatosi da Liv nel 1947, Heyerdahl si sposò altre due volte e con la terza e ultima moglie, l’attrice francese Jacqueline Beer sposata nel 1991, dopo tanti successi (tuttavia accompagnati, come abbiamo accennato, anche da qualche inevitabile delusione per talune enunciazioni erronee nelle sue teorie), Thor si stabilì lontano dalla natia e amata Norvegia. Infatti, fin dai primi anni Cinquanta, in una delle pause tra un’esplorazione e l’altra, si era innamorato di Colla Micheri, frazione del paesino di Andora sulla Riviera ligure di ponente, in provincia di Savona. Vi aveva successivamente acquistato una casa, restaurandola, ingrandendola e promuovendo vari altri lavori in quel piccolo borgo che, grazie al suo interessamento, tornò letteralmente a nuova vita. Così Heyerdahl, dopo aver esplorato alcuni dei luoghi più inusitati della Terra, stabilì logicamente vicino al mare - ma stavolta in un angolo non inesplorato della Terra - il suo buen retiro: fu in quella Colla Micheri da Lui definita in più occasioni “un paradiso sulla terra”. Nel 2019, in suo onore, si sono gemellate la città norvegese di Larvik, dove Thor era nato il 6 ottobre 1914, e il paesino ligure di Andora, dove era morto il 18 aprile 2002.
Alla sua morte la Norvegia gli tributò i funerali di Stato ma già in vita, oltre ad essergli stato intitolato un asteroide, erano stati innumerevoli gli onori, i riconoscimenti e le onorificenze a Lui tributati - tra le lauree honoris causa, i cavalierati, le croci e le medaglie d’onore - in varie parti del mondo tra cui: Austria, Cuba, Egitto, Gran Bretagna, Italia, Marocco, Paesi Bassi, Perù, Stati Uniti d’America (oltre all’Oscar), Svezia, Unione Sovietica e, naturalmente, la natia Norvegia.