Clet Abraham: "La legalità è necessariamente una virtù?"
Di cartelli stradali ne vediamo ovunque, ma solo alcuni sono difficili da scordare. Sono quelli dell’artista francese Clet Abraham, che li ha resi arte in tutto il mondo. Roma, Milano, Parigi, Los Angeles, New York e tante altre città. Ma è in Italia che Clet ha il suo studio. Quali i motivi che l’hanno portato nel Belpaese? E quale il messaggio che si cela dietro i suoi adesivi?
Come tanti tuoi connazionali dei secoli passati (Simon Vouet, Nicolas Poussin, Dominique ingres), sei venuto in Italia e hai scelto di lavorare qui. Credi sia un Paese stimolante?
A essere onesti, sono state le coincidenze della vita a portarmi e poi tenermi in Italia. Ma ho sicuramente avuto mondo in tutti questi anni di innamorarmi del Paese e di frustrarmi delle sue contraddizioni. Credo che l'Italia sia un luogo meraviglioso, difficilmente si può trovare così tanta bellezza anche nei luoghi più piccoli e sperduti. E credo che il contrasto fra il suo fastoso passato, a cui (forse) molti sono fin troppo attaccati, e le difficoltà odierne sia sicuramente un grandissima fonte di stimolo.
Come e quando ti è venuta l’idea dei disegni-adesivi?
Circa dieci anni fa stavo lavorando a vari progetti sui temi religiosi, tanto riprodotti nell'arte italiana. E, proprio in quel periodo lì, mi è saltato all'occhio quanto il cartello della strada senza uscita fosse un crocifisso praticamente già fatto. Ho quindi disegnato l'omino nero che gli mancava. Fin da subito l'ho trovato un messaggio molto forte ed efficace. E dopo i primi tentativi ho continuato a scavare in questa direzione, riflettendo sul mio gesto e su cosa rappresentasse il cartello e sul rapporto dell'uomo con la legge. Subito dopo il crocifisso, ho sviluppato forse il disegno più famoso: quello del piccolo uomo che porta via la sbarra bianca del divieto d'accesso. E da lì non mi sono più fermato.
Gli omini che applichi sui cartelli stradali ricordano quelli di Keith Haring, fra i padri della Street Art. C'è un qualche tipo di omaggio/influenza?
Non è nato come omaggio o riferimento a Keith Haring, non provengo dalla cultura writing o street art. Il mio gesto nasce dalla volontà di criticare l’imposizione, l’autorità che rappresenta il cartello. Detto questo, oggi apprezzo il lavoro di Keith e mi sento solidale con il movimento street art.
Che rapporto hai con la strada, luogo principale delle tue esposizioni?
La strada è il luogo comune per eccellenza, mi piaceva fin da sempre osservare il mondo che la popola e ho pensato che fosse il posto perfetto per esprimersi senza filtri. È un azzardo ed è una libertà, quando lasci qualcosa in strada perde praticamente subito la proprietà e diventa di tutti. Un po' è un regalo e un po' è il tentativo di capire e farsi capire da chiunque incrocia ciò che fai.
Sei mai stato arrestato?
Sono stato multato, fermato, ho avuto processi sia civili che penali. Ho passato notti in questura e ho avuto anche guai molto seri con la legge, che, per fortuna, si sono quasi sempre risolti a mio favore. Arrestato nel senso stretto, però no.
C’è per te un abuso dei cartelli stradali? Il tuo è un messaggio contro l’autorità?
Hai riassunto con due domande i punti focali del mio lavoro. Fondamentalmente, tutto quello che faccio è mettere in discussione un principio, quello secondo il quale la legalità sia in qualche maniera una virtù.
I cartelli stradali sono un messaggio autoritario, molto spesso utile, ma che ben rappresenta l'ordine secco verso il quale non c'è diritto di replica: se lo fai, paghi. Ecco, mi prendo la briga di rispondere e nel farlo sottolineo non solo come non è la legalità dell'atto, ma la responsabilità nel farlo che fa la differenza.
Ma sottolineo anche il paradosso per cui la sovrabbondanza di cartelli e ordini perdano totalmente la loro forza comunicativa. Credo in un rapporto più onesto e diretto fra il cittadino e l'amministrazione, ma mi sembra che la tendenza media sia quella all'annientamento della coscienza. Quando ci sono delle cose che sei obbligato a fare, credo che vadano quantomeno messe in discussione. E non sto dicendo questo perché non credo nella legge o nell'organizzazione, anzi, credo sinceramente che la discussione, la revisione e il cambiamento siano fondamentali per avere una società sana.
Tutto sommato, la legge è nata come uno strumento dell'uomo: non vedo perché non sia questa a doversi adattare a noi piuttosto che viceversa.
Secondo te, andrebbero ripensati i cartelli stradali?
Sicuramente. Non tanto nel loro disegno, sono un grande ammiratore della capacità di sintesi di chi li sviluppa, ma piuttosto nella quantità e nella qualità. Se si va in qualsiasi strada italiana, anche la più piccola, e ci si mette a contare i cartelli, sono sicuro che chiunque rimarrebbe stupito dal numero.
Ci sono diversi studi, condotti perlopiù nel Nord Europa, dove viene dimostrato che con pochissima segnaletica (principalmente quella dipinta sulle carreggiate) si riesca a gestire perfettamente il traffico. Di fondo, è la vecchia storia del semaforo: se io vedo un semaforo verde, avrò la tendenza ad attraversare con poca attenzione l'incrocio; mentre se non c'è nessun semaforo, quantomeno devo prima controllare sulla destra.
Di nuovo, è una questione di responsabilità. Le indicazioni, i cartelli, i semafori sono tutte cose utili, ma diventano superflue quando gli si affida il compito di avere un atteggiamento responsabile.
Le multe in Italia ti hanno stimolato a continuare nel tuo lavoro?
Dipende. Devo dire che in generale sono sempre riuscito a non farmi schiacciare, sia moralmente che legalmente. Da una parte, grazie al continuo sostegno di molte persone, dall'altra vincendo eventuali ricorsi e processi. D'altronde è molto difficile accusarmi di creare un danno, utilizzo sempre materiali rimovibili e sto ben attento a fare in modo che il disegno non copra il messaggio originario del cartello. Per questo motivo, le questioni legali sono un'occasione per dimostrare le mie idee, sono un po' il banco di prova, e sono soddisfatto di poter far valere il messaggio in cui credo. Però è anche frustrante avere a che fare con amministratori che non hanno nessun desiderio di confronto. Sono anni che lavoro molto nel mondo e molto poco proprio a Firenze, dove ho il mio studio, proprio per un rapporto sterile con le autorità locali.
Realizzi i tuoi disegni dopo aver visto dove sono posizionati i cartelli? Cerchi di collegarli al luogo in cui si trovano?
Spesso non progetto le cose per un cartello specifico. Ma, sicuramente, mentre giro per attaccare i cartelli scelgo il soggetto in base alla posizione e a quello che c'è intorno. Inoltre, disegno spesso cartelli legati a uno specifico Paese, ad una cultura o ad uno specifico evento. Possono essere le corna che sbucano dal cartello per la Spagna come la Statua della Libertà che sorregge il divieto per New York.
Qualche volta, invece, ho fatto un lavoro per un singolo cartello specifico. A questo proposito, l'ultimo grande lavoro è stato un cartello di Los Angeles che si trovava tra un quartiere ricco ed uno povero, l'ho trasformato in un mostro caricaturato che difende il benessere da chi non se lo può permettere.
Quanto impieghi a fare un disegno?
Delle volte disegno e l'idea è già buona il tempo di tracciarla, altre volte ci metto giorni e di tanto in tanto ritiro fuori qualche disegno lasciato lì per tantissimo tempo. È una domanda a cui è impossibile rispondere se non vagamente.
Quanto impieghi ad applicarli?
Vedo il cartello, arrivo con la bici proprio sotto, cerco nello zaino che mi porto dietro l'adesivo adatto, salgo sulla bici sfruttandola come scala e lo applico. Il tempo dipende molto di più da quanto difficilmente è raggiungibile il cartello che da altro, in genere un paio di minuti.
Li applichi da solo o ti aiuta qualcuno?
Quasi sempre da solo ma mi capita di farmi aiutare, in realtà è un lavoro che si vuole fare massivamente si fa prima a farlo in solitudine.
Hai mai combinato disegni su più cartelli uno vicino all’altro?
Certamente. Non è la cosa più comune, ma è facile farsi prendere dalla mano e fare una specie di percorso o pattern in base al luogo o all'idea del momento. Scelgo spesso due cartelli che veicolano messaggi simili oppure in contrasto quando voglio lavorare su cartelli vicini.
Pensi che i tuoi segnali comunichino meglio o possano distrarre?
Se credessi che possano distrarre, non farei ciò che faccio. Anzi, credo che se qualcuno voglia usare prima o poi come scusa per un infrazione stradale il fatto che il cartello è stato modificato da me, ha ben altri problemi che la poca capacità di attenzione. In qualche modo, come dicevo prima, la sovrabbondanza di messaggi tende a perdere di efficacia al punto che ai cartelli ci si presta ben poca attenzione. Modificarli è un ottimo modo per rimettere in luce un segnale che l'abitudine ci ha fatto dimenticare.
Si ringrazia Claudio Sagliocco per la collaborazione.