Driade: un'associazione per riforestare e sensibilizzare
Le temperature infernali e incendiarie ogni anno più vertiginose rendono le estati sempre più invivibili e, assieme alle piogge torrenziali quasi monsoniche, le grandinate come fitte sassaiole, gli incendi apocalittici e altri eventi drammatici, ci annunciano un futuro preoccupante.
Mentre c’è chi ancora nega l’esistenza dei cambiamenti climatici in atto, o chi, furbamente, li sfrutta con azioni di facciata per arricchirsi ancora di più innaffiando le proprie campagne (pubblicitarie) di verdi lavacri, qualcuno agisce, prova ad innescare piccoli cambiamenti, dal basso, con intelligenza e lungimiranza.
Abbiamo incontrato i ragazzi e le ragazze di Driade che ci hanno raccontato la loro storia e i loro progetti.
Ciao Emilia, raccontaci in breve che cos'è Driade.
Driade è un’associazione senza scopo di lucro che si batte per la tutela ambientale. In particolare, i nostri progetti più ambiziosi riguardano la riforestazione attiva di boschi incendiati.
Come e quando è nata?
Il percorso che ci ha portato a fondare Driade è iniziato nel 2019, quando abbiamo sentito l’esigenza di partecipare in maniera attiva alla mitigazione della crisi climatica in atto. Al tempo eravamo semplicemente un gruppo di persone che sentivano questa necessità, abbiamo iniziato organizzando eventi di raccolta fondi per finanziare progetti di riforestazione in Brasile e Etiopia, e portando avanti attività di guerrilla gardening su larga scala. Con il tempo il progetto ha preso una forma più definita e nel 2022 siamo arrivati a costituirci come associazione.
Da chi è formato il team?
Siamo un gruppo eterogeneo formato da persone con competenze ed esperienze molto diverse. Riteniamo che questa sia la nostra grande ricchezza, che ci porta ad approcciarci alla tematica ambientale da punti di vista differenti, e a confrontarci in maniera molto stimolante sull’argomento, sfruttando ogni diversa prospettiva all’interno del gruppo. Fra di noi ci sono scienziati forestali, economisti ambientali, architetti, filosofi, insegnanti, ricercatori…
Perché è importante riforestare? Come e dove avvengono le vostre azioni di riforestazione?
Per cercare di cambiare rotta finché siamo ancora in tempo per farlo. E la scienza ci dice chiaramente che ci rimane pochissimo tempo. Riforestare e tutelare i boschi esistenti, rappresenta un contributo fondamentale per poter continuare ad abitare il nostro paese per come lo conosciamo oggi. Oltre ad essere serbatoi di CO2, i boschi permettono al suolo di essere fertile, di avere la capacità di assorbire l’acqua in maniera adeguata e di garantire la stabilità dei versanti. In assenza di copertura boschiva, abbiamo degrado del suolo, desertificazione, e fenomeni di dissesto idrogeologico come frane, smottamenti e fiumi di fango. Secondo i dati ISPRA, attualmente circa 500 milioni di persone nel mondo vivono in aree dove il degrado ha raggiunto il suo massimo livello, ossia la desertificazione.
La nostra base operativa è a Roma, per cui per il momento portiamo avanti progetti all’interno del Lazio. La scorsa stagione di riforestazione è stata dedicata interamente al progetto Monte Cairo, con l’obiettivo di ricostituire il bosco andato perduto a causa di due incendi dolosi nel 2017 e nel 2020. Tale bosco raggiungeva l’estensione di circa 250 ettari, ed era stato piantato dalla comunità locale dopo il disastro della Seconda Guerra Mondiale, che vedeva Montecassino attraversato dalla linea Gustav e il suo paesaggio irrimediabilmente sfigurato dai violentissimi scontri a fuoco. Con il supporto dei nostri partner di progetto e dell’amministrazione locale, che è stato fondamentale per raggiungere i risultati ottenuti, ad oggi abbiamo piantumato più di 80 ettari con circa un milione e mezzo di ghiande e semi di arbusti pionieri. Tali specie autoctone andranno a sostituire il bosco di conifere creato artificialmente dalla popolazione locale. Abbiamo organizzato giornate di semina in cui si uniscono a noi centinaia di volontari da tutta Italia, sia italiani che stranieri, di ogni età!
Oggi tante grandi aziende si fregiano di fare riforestazione quando in realtà fanno solo greenwashing. Come si riconosce un'azione veramente utile da una di facciata?
É proprio così, purtroppo. Per questo noi ci teniamo, anche contro il nostro stesso interesse, a sottolineare sempre ai volontari che il “semplice” gesto di piantare alberi non è di per sé sufficiente: non basta la singola azione o qualche seme messo a dimora in quella domenica dell’anno passata a riforestare. Ciò che veramente fa la differenza è il cambio di prospettiva, la presa di coscienza che le nostre azioni individuali e collettive hanno un impatto, significativo, sul mondo che ci circonda. Questo mette in circolo un bisogno di agire che continua ad alimentarsi e che non si limita al singolo gesto. É questo lo spirito che ci spinge a portare avanti i nostri progetti, a coinvolgere sempre più persone, a confrontarci per creare insieme nuova consapevolezza. Da questo punto di vista, possiamo dire che nei nostri progetti la componente sociale ed educativa è altrettanto importante di quella ambientale.
Si possono considerare anche delle azioni culturali le vostre, oltre che sociali? Mi piace citare in tal proposito un autore che amo particolarmente:
"I boschi sono sempre più preziosi, più malati, più sacri. Una legge che per chi li distrugge non prevede i massimi di pena è una legge che ignora il peso di certi crimini e non protegge dal male. Gli antichi, infinitamente più ricchi di noi di boschi, amministravano agli incendiari anche la pena capitale.
Quando siamo diventati cristiani, abbiamo subito cominciato a lordare e distruggere i boschi sacri, e insieme la sacralità latente del bosco. Credevamo di poter fare a meno di queste forme inferiori di religiosità. Il risultato è che più niente è sacro: nessuna forma di vita, né una sorgente d’acqua né l’oceano, né un pesce-gatto né l’intimità del pensiero umano. Il cuore che non sente la presenza degli Dei in un bosco è già un cuore incendiario. Il verso leopardiano “Vissero i boschi un dì” piglia, alla luce di questi mostruosi incendi, tutta la sua straziante pregnanza di verità. Che riparo possono essere anche cento aerei innaffiatori contro una distorsione mentale, un errore essenziale del cuore?"
Queste righe di Guido Ceronetti toccano un aspetto nevralgico: la desacralizzazione del bosco e della natura tutta. Per questo mi sento di parlare di azioni culturali di risveglio di una coscienza e di una sensibilità nel cuore delle persone, oltre alle azioni pratiche chiaramente necessarie.
Ecco, mi riferivo proprio a questo quando ho detto che vogliamo creare consapevolezza insieme. Le nostre attività non si limitano mai, per quanto ovviamente sia centrale, alla riforestazione. Raccontiamo l’importanza di farlo, di conoscere le piante e di rispettare la natura, nel suo insieme. Il nostro prossimo progetto - di cui purtroppo ancora non posso svelarvi i dettagli, ma lo faremo presto! - si spinge oltre la riforestazione e si propone di valorizzare la convivenza uomo/natura proprio attraverso una campagna di sensibilizzazione che porteremo avanti sulla fauna selvatica.
Il risveglio di una coscienza ambientale è stato fin da subito uno dei nostri obiettivi principali, che si concretizza per noi nelle attività con i volontari, nelle giornate con i più piccoli, negli eventi che organizziamo.
I nostri appuntamenti di semina, per esempio, si concludono spesso con il cineforum in piazza in cui proiettiamo documentari, grande fonte di ispirazione, in cui vengono raccontate le gesta di altri “folli” come noi provenienti da diverse parti del globo. Oppure ci raccogliamo tutti insieme attorno al fuoco a chiacchierare e confrontarci.
Pensate che in un futuro prossimo sarà possibile tornare ad abitare le zone abbandonate dell'Italia interna, anche a seguito delle vostre riforestazioni?
La vedo più come una necessità che come una possibilità. Questi ultimi anni credo ci abbiano insegnato molto su cosa voglia dire vivere nelle grandi città: un rapporto molto limitato con la natura e delle condizioni climatiche da capo giro. Sì, è vero, ci sono anche lati positivi (ma sono pochi!) e la politica nazionale con le sue scelte dimostra di non avere a cuore queste tematiche, mentre sono lampanti gli esempi positivi provenienti dalle altre capitali europee.
In questi giorni a Roma abbiamo temperature che hanno superato i 40°: una situazione invivibile, fatta di strade roventi e scarse alberature, il che si ripercuote e non poco sul nostro benessere fisico e mentale. Il bisogno di ricercare condizioni di vita che rispondano alle nostre necessità primarie ci sta spingendo lontano dalle città e dai loro devastanti effetti isola di calore. Ricerchiamo sempre più il contatto con la natura, abbiamo finalmente capito che il cemento non è il nostro elemento.
Certo, spesso si tratta di territori complessi, in cui c’è la necessità di investire in uno sviluppo sostenibile, che si occupi di garantire la salvaguarda del patrimonio naturalistico e il raggiungimento di condizioni di vita e lavoro adeguate. Ci auguriamo che la politica sappia valorizzare e proteggere le aree interne con decisioni forti e mirate, perché è proprio dalla tutela socio-ambientale di queste aree che dipende il benessere dell’intera nazione.
Nel vostro sito si legge una frase di Greta Thunberg; la considerate una leader della lotta al cambiamento climatico? Cosa ne pensate delle azioni di Ultima generazione?
Sicuramente Greta Thunberg ha avuto le capacità e la forza di creare un movimento che a scala globale ha cambiato le sorti dell’attivismo ambientale. È portavoce di un’esigenza sempre più forte di manifestare il dissenso per la completa disattenzione istituzionale al tema. La politica non fa nulla per porre rimedio all’imminente disastro che ci aspetta dietro l’angolo, anzi. Sembra, assieme all’opinione pubblica, solamente interessata a condannare e reprimere con fermezza le azioni di Ultima generazione. Ma, ci chiediamo, perché le persone si indignano per della vernice lavabile gettata sulle mura di qualche palazzo istituzionale, mentre non dicono nulla se in appena sei anni (2014-2019) più di 1,5 milioni di km2 di mare sono stati inquinati dal petrolio, o se la CO2 emessa per la produzione di energia e i processi industriali a livello globale è in continua crescita (+1% del 2022 rispetto al 2021)? E di esempi ce ne sarebbero tantissimi altri. I dati sono oramai disponibili ovunque, non c’è scusa che tenga. Eppure, se i ragazzi indicano la luna, molta gente continua a guardare il dito.
Convincete un lettore de L'Amletico a partecipare ad una delle vostre azioni!
Cari lettori e care lettrici, non credo ci sia altro da aggiungere… non prendete impegni: ci vediamo in autunno per completare il rimboschimento di Monte Cairo ed aiutare Driade nella lotta al cambiamento climatico!