Le donne di Fiamma Brighi cambiano colore a seconda delle emozioni
Corpi di donna con la pelle rossa, blu e gialla. Le illustrazioni di Fiamma Brighi sono un’esplosione di colori, pennellate sensibili su sfondi avvolgenti. Opera della tecnologia o della mano libera? Gliel’abbiamo chiesto.
Per i tuoi lavori dipingi o usi il computer?
Amo disegnare e dipingere da quando sono piccola: ovviamente a modo mio. Ho sempre amato sperimentare nuovi materiali e colori differenti. In alcuni momenti della mia vita usavo solo acquarelli, poi olio, poi cera. E alle volte li usavo insieme.
Negli ultimi anni, però, ho scoperto l’illustrazione digitale grazie alla tavoletta grafica e me ne sono appassionata.
Lavori spesso sui corpi di donna e cambi il colore della pelle. Per quale motivo?
Ogni volta che disegno un corpo femminile non utilizzo mai colori naturali. Spesso i corpi sono celesti o tendenti al giallo. Le giunture rosse. Credo sia il mio modo per raccontare le emozioni del momento.
In un tuo lavoro metti in relazione i film City of God e La Haine, in particolare il protagonista del primo mentre fotografa e l’altro che invece è pronto a sparare. Cosa vuoi rappresentare?
Quell’illustrazione fa parte di un progetto universitario. Nello specifico avevo l’obiettivo di realizzare un visual magazine che mettesse in correlazione due film dalla trama diversa ma legati da un filo rosso, in questo caso la vita all’interno della periferia. La Haine è un film in bianco e nero che rappresenta le banlieue francesi, mentre City of God è a colori ed è girato in una favela brasiliana. In entrambi, però, i protagonisti si confrontano con la dura realtà dei luoghi che vivono ogni giorno. L’illustrazione finale in questo caso voleva essere l’incontro dei due protagonisti.
C’è molto della street art in alcune tue illustrazioni. Quanto ti influenza questo movimento?
Non sono sicura che abbia influenzato il mio lavoro, allo stesso tempo però in alcuni casi ne sono molto affascinata, a partire dai lavori di Diego Rivera delle mujeres muralista per arrivare ai tanti artisti di strada, conosciuti o meno, che nel corso della loro vita hanno cercato di raccontare qualcosa per le strade delle loro città.
Sei stata al presidio No Tav in val di Susa. Ti consideri una grafica impegnata?
Si, per mio interesse personale, mi è capitato di essere molto vicina a realtà politiche e ogni tanto sono riuscita ad utilizzare le mie capacità di grafica a supporto dell’organizzazione di alcuni eventi.
Hai realizzato la copertina del libro di Sepulveda “Vecchio che leggeva romanzi d’amore”. Quanto è importante per te il modo in cui si presenta un libro?
Quello è un lavoro vecchissimo, sempre per l’università. Dietro la progettazione di una copertina di un libro sicuramente c’è un lavoro molto elaborato. Per ogni genere letterario, sicuramente esiste un genere specifico di copertina, che in libreria ci aiuta ad orientarci.
Sicuramente, fra tanti libri, una bella copertina mi attira e magari mi spinge ad aprire il libro per vedere se può interessarmi. Ma non è un requisito che reputo fondamentale.
Hai lavorato anche per lo speakeasy Jerry Thomas. Com’è nato il progetto? E quello dove hai raccolto diversi simboli sioux sulla silhouette di un cavallo com’è nato?
Entrambi questi lavori sono stati fatti per esami universitari. Per il primo dovevo cercare di raccontare quello che è il mondo degli speakeasy, partendo da come sono nati fino ad arrivare ad oggi. Per il secondo, invece, ho deciso di raccontare quella che era la simbologia e il significato dei segni disegnati sui cavalli. In base alla posizione, al segno e all’evento in cui venivano dipinti, questi acquistavano un significato particolare.
Su IG hai deciso di “spezzettare” i tuoi lavori. Scelta per distinguerti?
Credo che la griglia a mosaico, adottata anche da tanti altri profili, permetta una visione migliore delle illustrazioni e che allo stesso tempo lo scorrimento e la visione del profilo sia più gradevole.
Una delle tue illustrazioni che ho apprezzato di più è “Otro mundo es posible”. Cosa ti ha ispirata?
Forse è anche la mia illustrazione preferita! È ispirata alla vergine di Guadalupe o “Virgen Morena” e al significato che ha assunto in Messico nell’arco del tempo. Nasce tutto da una leggenda del 1531. L’indigeno Juan Diego stava camminando nei pressi della Valle del Messico, quando gli apparve una giovane donna che gli si presentò come la Vergine Maria. Questa lo invitò ad andare presso il vescovo Zumárraga per chiedergli che in quel punto fosse costruita una cappella in suo onore. A Juan fu chiesto di portare con sé una prova, e qualche giorno più tardi la Vergine apparve nuovamente all’indigeno, invitandolo a raccogliere fiori della collina e a metterli nel suo mantello per portarli a Zumárraga. Nel momento in cui questi fiori vennero offerti al vescovo, sul mantello apparve un’immagine della Vergine con la pelle morena, un abito stellato, una mano scura e l’altra chiara, e la mezzaluna sotto i piedi.
La Virgen Morena divenne quindi il simbolo degl indios e di tutti i popoli indigeni oppressi dal Regno di Spagna. Per questo motivo porta sul volto (all’interno del mio disegno) una bandana.