L'ultimo servizio di Maria Sharapova, la tennista più pagata della storia
“Tennis, I’m Saying Goodbye”. Tennis, ti sto dicendo addio. Con una lettera pubblicata sul sito Vogue, Maria Sharapova lascia per sempre il tennis. All’età di 32 anni, la siberiana dice addio allo sport che l’ha resa una delle tenniste più forti dell’epoca contemporanea.
Non è un caso se per annunciarlo sceglie una delle riviste più prestigiose e autorevoli del mondo della moda. Perché considerare Masha semplicemente una tennista sarebbe riduttivo, troppo riduttivo. Negli anni, intorno a quelle doti d’atleta che le hanno permesso di vincere 5 tornei dello Slam e 39 titoli WTA, ha costruito un’immagine che è diventata un simbolo anche lontano dai campi.
L’ex numero uno del mondo ha creato un vero e proprio brand: testimonial, imprenditrice, modella. Il suo talento l’ha resa brandizzabile, e non si può dire che il suo aspetto fisico non abbia fatto la sua parte.
il tesoro della sharapova
Secondo la rivista Forbes, Maria Sharapova è stata la tennista più pagata al mondo dal 2006 alla data del ritiro, davanti anche a Li Na e a Serena Williams. Il suo patrimonio netto si aggirerebbe attorno ai 195 milioni di dollari, di cui solamente 37 milioni di montepremi. Il restante capitale è stato guadagnato in seguito alle numerose sponsorizzazioni e ad alcuni investimenti. Per cinque anni consecutivi (dal 2005 al 2009), Forbes la inserì nella lista delle celebrità più potenti del mondo ed è stata eletta per 11 anni consecutivi la sportiva più ricca del pianeta.
gli inizi
Ma partiamo dall’inizio. Marija Jur'evna, questo il nome di battesimo, nasce nel 1986 in una città siberiana da genitori russi. All’età di quattro anni inizia a giocare a tennis e a sei incontra Martina Navratilova (una delle migliori tenniste di tutti i tempi) che vedendo in lei delle potenzialità, consiglia al padre della giovanissima Maria di portarla negli Usa e farla crescere tennisticamente.
dalla siberia alla florida
La sua prima racchetta l’aveva avuta, a Sochi, dal papà di Yevgeny Kafelnikov, che l’aveva regalata a Yuri Sharapov, padre di Maria. Se non fosse stato per il disastro nucleare di Chernobyl, Masha non sarebbe diventata una stella del tennis. I suoi genitori, Yuri e Yelena, vivevano a Gomel, oggi Bielorussia, in quell’aprile 1986. Fuggirono a Nyagan, in Siberia dove lei nacque un anno dopo. Poi si spostarono a Sochi, sul Mar Nero, dove conobbero i Kafelnikov. Quindi, sulle orme di Anna Kournikova, eccoli arrivare con meno di 1000 dollari all’accademia di Nick Bollettieri, a Bradenton, Florida. Sacrifici enormi, determinazione pazzesca.
Così a 9 anni entra a far parte della Nick Bollettieri Tennis Academy. Non un’accademia qualunque. Probabilmente la migliore degli Usa se si pensa che dodici suoi allievi sono riusciti ad arrivare in vetta alle classifiche ATP e WTA: Agassi, Courier, Rios, Sampras tra gli uomini; Capriati, Janković, Hingis, Seles, Sharapova, Venus e Serena Williams, tra le donne.
L’esordio nel wta
Il talento e la voglia di vincere si notano fin dai primi tornei ufficiali: le vittorie nei campi juniores convincono gli organizzatori del circuito maggiore ad assegnarle delle Wild Card permettendole di fare il suo esordio in un torneo WTA nel 2002. Così, all’età di 16 anni, esordisce a Indian Wells non andando oltre il secondo turno. Ma da questo momento l’immagine di una biondina con gli occhi di ghiaccio inizia a circolare fra le televisioni di tutto il mondo.
L’anno dopo fa il suo esordio nei tornei dello Slam: gioca Australian Open, Wimbledon e Us Open. Vince il suo primo torneo del Japan Open entra per la prima volta nella Top 100 e a fine anno viene premiata dalla WTA come Newcomer of the year per gli ottimi risultati raggiunti.
la prima russa a vincere wimbledon
Il 2004 è l’anno della svolta. Nel torneo di Wimbledon, Maria sconfigge in finale Serena Williams e all’età di 17 anni diventa la prima russa a vincere questo Slam, nonché la terza più giovane vincitrice di un titolo al torneo londinese (dopo Lottie Dod e Martina Hingis).
L’impatto mediatico dell’evento è senza precedenti cosi come l’impresa ottenuta dalla russa: nello Slam più prestigioso, contro la tennista che sarebbe diventata da lì a poco la più forte della storia, una ragazzina di 17 anni, fisico da modella, viso angelico, malizia e cattiveria sportiva da veterana, convince chi di tennis ne capisce che non sarà la classica meteora in stile Marion Bartoli.
Subito dopo la vittoria di Wimbledon stipula un contratto con Motorola che sarà il main sponsor per la festa del suo 18° compleanno.
i contratti con i grandi brand
A riprova che gli addetti ai lavori avevano avuto l’occhio lungo, nella “Grande mela”, a Flushing Meadows Park, Masha batte in finale Justine Henin, vince il suo secondo torneo dello Slam e raggiunge la vetta del ranking mondiale. Il successo sui campi è accompagnato dalla crescita imprenditoriale dell’atleta: inizia ad apparire in alcune pubblicità per Land Rover e Canon e il suo nome inizia girare in alcuni prodotti di Tag Heuer e Tiffany & Co. Appare per la prima volta in uno spot televisivo per Nike, chiamato “Pretty”.
i problemi alla spalla destra
Nel 2007, però, iniziano i problemi alla spalla destra e inevitabilmente la sua fin qui breve ma brillante carriera ne risente. Arrivano i primi ritiri, i primi allenamenti a basso regime, i primi rientri dopo periodi di inattività e l’uscita dalla Top 5.
L’anno successivo comincia nel miglior modo possibile. Vince gli Australian Open e per la prima volta indossa la casacca della nazionale russa in Fed Cup. Gioca contro Israele e porta a casa due vittorie su due. Ma la stagione finisce nel peggiore dei modi: ancora una volta la spalla torna a darle problemi e ad agosto annuncia il ritiro dal torneo del Canada, salta Olimpiadi, US Open e tutto il resto della stagione.
Lo slam mancante
Dopo tre anni passati a tentare di ritrovare la forma migliore, nel 2012 a Parigi vince per la prima volta il Roland Garros, completa la sua bacheca dei titoli dello Slam e ottiene quel riconoscimento che solo pochissime tenniste possono vantare: il “Career Grand Slam”. Successo che riesce a bissare anche due anni dopo; sarà l’unico torneo vinto due volte dalla siberiana oltre che l’ultimo Slam della sua carriera.
la squalifica per doping
Nel 2016 una notizia fa tremare tutto il mondo del tennis: il 7 marzo annuncia in conferenza stampa di essere stata trovata positiva ad un controllo antidoping fatto il 26 gennaio dello stesso anno per aver assunto un farmaco chiamato Meldonium. La tennista russa è condannata dal Tribunale Arbitrale dello Sport a 1 anno e 3 mesi di squalifica. Molti dei maggiori sponsor della russa, compresi Porsche e TAG Heuer, strappano i contratti con l’atleta e l’ONU ferma il suo Programma di Sviluppo.
il crollo
Il ritorno al tennis giocato al termine della squalifica avviene più per motivi di orgoglio che per vera consapevolezza di poter competere con le avversarie più forti del circuito. Doveva ripulire l’immagine macchiata dalla squalifica e dimostrare che il suo amore verso questo sport poteva ancora darle soddisfazioni. In realtà gli ultimi anni furono una lenta agonia costellata da continui infortuni e prestazioni non all’altezza del nome che portava.
Nel 2019 esce dalla Top 100. All'inizio del 2020 si trova alla posizione 377 della classifica ufficiale WTA quando le viene offerta una wild-card per disputare i tornei di Brisbane e gli Australian Open, dove esce di scena al primo turno, rispettivamente per mano di Jennifer Brady e Donna Vekić.
Quello che succede poco dopo è storia di qualche giorno fa. Come lei stessa afferma sul sito Vogue, si è dovuta arrendere alla sequela di infortuni mai definitivamente risolti, che hanno tormentato la sua carriera.
le caramelle Sugarpova
Ma è proprio a causa degli infortuni che la siberiana riesce a dedicarsi alla creazione di un brand da esportare nel mondo. Tutto è cominciato quando Masha fu costretta a star fuori dai campi a lungo per suo primo infortunio alla spalla. Chiamò il suo agente dell’epoca Max Eisenbud (attuale vice presidente della Nick Bollettieri Tennis Academy) e gli comunicò di voler intraprendere la via imprenditoriale. Aveva già disegnato una personale linea per Nike e un modello di ballerine per Cole Haan che diventò il più venduto per due anni.
Maria mandò Eisenbud a rintracciare una compagnia che produceva una gelatina particolare, molto amata da lei. Quattro voli dopo, in una piccola città fuori da Madrid, un’azienda chiamata Fini fu d’accordo sul creare quella che sarebbe stata la linea inaugurale di caramelle e gelatine di Sugarpova. Con Eisenbud come CEO (ma con l’ultima parola sempre a Maria Sharapova), lanciarono il brand con un investimento di 500,000$. Pochi anni dopo, Eisenbud sentì la necessità di avere un team vero e proprio dietro al brand e si fece da parte.
Ed ecco Patrick Kenny. Era l’esatto prototipo che serviva a Maria Sharapova: già partner e direttore del management di Traub, North Face, MoMA e Related Urban, portò il marchio ad un livello superiore. Oggi, il risultato parla chiaro: Sugarpova è venduta in 22 paesi e offre una dozzina di prodotti. Il fatturato del 2017 è stato di 12 milioni di dollari e il business continua ad aumentare anno dopo anno.
Per chiudere un articolo che ha provato a descrivere chi è stata e chi è Maria Sharapova ogni finale potrebbe rivelarsi inadeguato, pertanto sembra più conveniente lasciare a lei la parola, cosi come abbiamo fatto in apertura di pezzo.
«Il tennis mi ha mostrato il mondo e mi ha mostrato di che pasta sono fatta, come mi sono messa alla prova e come ho misurato la mia crescita. E così, qualunque cosa mi riserverà il futuro, che sia anche una montagna, continuerò a spingere. Continuerò ad arrampicare. Continuerò a crescere».