Salomè al Teatro Eliseo: la lunare sensualità di Gaia Aprea

Scende dal palco Salomè. Cammina lentamente tra il pubblico, ma non guarda intorno a sé. I suoi occhi sono fissi, rivolti verso la direzione da prendere, verso ciò che vuole ottenere e che chiede con insistenza. Solo un velo bianco di elegante trasparenza nasconde le sue grazie, mostrate voluttuosamente da un nastro che ricopre soltanto in parte le stesse. Gli occhi degli spettatori si illuminano al suo passaggio, affamati della sua carne e assetati della sua bellezza. Dietro di lei, sullo sfondo, la stella più grande del cielo oscura la luna. “In quel giorno il sole diventerà nero come un sacco di peli e la luna diventerà rossa come sangue, e le stelle del cielo cadranno sulla terra come i fichi verdi cadono dal fico, e i re della terra avranno paura”. La profezia di Jokanaan si sta compiendo, l’immonda richiesta di Salomè sta per essere esaudita.

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È in questa scena cardine dello spettacolo che si condensano tutti i particolari della messinscena. Partendo innanzitutto dai costumi, di pregiata fattura e di indiscutibile fascino conducono in un mondo alieno, lunare, in cui l’inimmaginabile può accadere. Per poi passare alla scenografia, con un disco a forma di luna che sovrasta un palco composto da marmo nero di marquinia, le cui venature bianche aumentano il contrasto tra la purezza del profeta Jokanaan e l’impudicizia della Principessa di Giudea. Per concludere con le interpretazioni, tra cui risalta lo charme irresistibile di Gaia Aprea (Salomè), in grado di sedurre il pubblico nel giocare prima con la vita e poi con la morte; l’inconfondibile arte di Eros Pagni (Erode), presenza cardine che accentua con la sua sottile ironia l’enorme drammaticità degli eventi; e la solennità di Anita Bertolucci (Erodiade), spietatamente cinica nell’autocompiacimento del suo personaggio.

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“Il capolavoro di Wilde sembra destinato più alla lettura che alla rappresentazione”, scrive Luca De Fusco nelle note di regia. “Perché allora affrontare una sfida così difficile?”, si domanda. “Per il gusto di farlo. Perché uno dei modi di innovare il repertorio è di rimettere in circolazione opere che sono uscite dai cartelloni per poco coraggio di registi e teatri”. Sebbene la sua opera sia apprezzabile per i diversi aspetti menzionati, la narrazione non sempre scorre fluida a causa degli innegabili ostacoli presenti nel componimento. Uno spettacolo che tuttavia fa riflettere. Le scelte impulsive di Salomè e del tetrarca Erode, dettate dalla loro inclinazione edonistica, mostrano in fondo come ognuno sia influenzato dalla propria natura per ciò che ha compiuto e per ciò che compirà. Scriveva Oscar Wilde: “In ogni istante della nostra vita siamo ciò che saremo non meno di ciò che siamo stati”.

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