William Davies - Stati nervosi: come l'emotività ha conquistato il mondo

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Casa editrice: Einaudi

Traduttrice: Maria Grazia Perugini

Edizione: 2018

Pagine: 367

La tesi di fondo su cui si incentra la vasta messe di riflessioni che questo libro ci offre è che “una volta venuta meno la separazione cartesiana tra mente e corpo, l’emotività assume un significato completamente nuovo”. Il che è indubbio con l’avvento delle neuroscienze, della psichiatria, della psicologia, che hanno reso disponibili nuovi strumenti di costruzione della realtà con l’attenuazione dell’incidenza dei fatti e l’aumentato rilievo delle sensazioni e degli impulsi nervosi.
Quale sia il riflesso di tutto ciò sull’idea di democrazia e di progresso, sulla comunicazione, sulla pace e la guerra e su molto altro è il tema che William Davies affronta in questo libro muovendo da un’importante premessa: se le emozioni agiscono così in profondità sulla costruzione della realtà non è possibile contrastarle ed è necessario assumerle realisticamente. È necessario “ascoltare” l’ansia, la paura, il dolore, l’emozionalità perché “questa è ora la nostra realtà”. Pur essendo ancora necessario, egli aggiunge, “elevare la ragione al di sopra dell’emotività”.

Nella sua lunga riflessione, Davies spazia a 360 gradi tra Politica, Economia, Sociologia, Religione, cercando di ricondurre ad un unicum interpretativo la nuova rilevanza dell’emotività nell’evolversi della convivenza sociale. Ciò che egli fa partendo dalla profonda mutazione subita dalla conoscenza, che va divenendo sempre più informazione, riscontro di ciò che, al di fuori di noi, qualcuno ha già saputo o fatto (data mining, insomma). “Il naso supera l’orecchio” dice argutamente Davies, osservando tuttavia con amaro sarcasmo che “come si sa, di norma l’olfatto non è considerato alla base della conoscenza oggettiva e fattuale”.

Uno dei temi centrali affrontati da Davies è, conseguentemente, la graduale uscita di scena dell’esperto (con l’inevitabile affievolirsi delle sue mediazioni) e l’attenuazione del “potere retorico dei numeri” quando questi transitano attraverso gli esperti, e il parallelo affermarsi di “dispositivi di percezione di massa” quali sono i “sondaggi costanti dei bisogni”, porta di ingresso dell’emotività (delle impressioni, in sostanza) nei processi decisionali. Ne derivano evidenti rischi di manipolazione del consenso, di affermazione del populismo, di ribaltamento della conoscenza che il data scientist sottrae sempre più al sociologo, al politologo, all’economista, allo psicologo. Ciò perché diviene necessario non più “osservare” ma “quantificare” la realtà, tesi facile da accreditare con l’inevitabile sospetto che le èlites degli esperti possano essere – e spesso sono effettivamente – espressione di interessi di parte.

Date tutte queste premesse, secondo Davies sembra ragionevole nutrire un pessimismo di fondo circa il futuro dell’umanità in termini di equilibrata presenza sul palcoscenico della Storia. Egli trae però da questa sua diagnosi una serie di sollecitazioni a riflettere su temi troppo spesso trascurati nell’osservare il processo di formazione delle opinioni correnti. Ad esempio, sull’ambiguo rapporto tra individuo e folla (“nugolo di corpi che si uniscono intorno a un sentimento, una causa, un leader condiviso”) quando questa diventa “una grande rete neurale attraverso la quale le emozioni viaggiano da un corpo all’altro ad altissime velocità”. E non solo le folle oceaniche dei grandi raduni politici, religiosi, sportivi, perché oggi sono anche – e sempre più - le grandi folle digitali a costituire il crogiuolo in cui le emotività - ma anche le idee, le paure e molto altro – si creano e si riproducono.

Per concludere, questo libro di Davies può essere sinteticamente descritto come un manuale della modernità, un utile veicolo di consapevolezza circa le molteplici, e spesso difficilmente decifrabili, criticità della nostra epoca.

 

altre recensioni

Anobii 5/5

Goodreads: 3.75/5